US Open: Osaka vince una gran battaglia contro Brady. Naomi di nuovo in finale

Altissima qualità nella prima semifinale dello US Open, con Naomi Osaka che prevale in un confronto di pura potenza e tanto equilibrio. Jennifer Brady costretta alla resa, ma è stata grande protagonista di uno dei match più belli dell'anno.

[4] N. Osaka b. [28] J. Brady 7-6(1) 3-6 6-3

La fotografia della prima semifinale femminile dello US Open è Naomi Osaka che dopo l’ultimo punto si piega sulle ginocchia per festeggiare, lei che non è particolarmente solita a tante esternazioni, e il suo coach in tribuna che tira un sospiro di sollievo e alzandosi pronuncia un “wow”. La giapponese torna in una finale Slam e lo fa aggiudicandosi una delle partite più belle della WTA nel 2020, merito soprattutto di Jennifer Brady per aver messo in campo una prestazione che certifica come questo torneo per lei sia stato speciale e ha costretto la ex numero 1 del mondo agli straordinari sia come gioco che come concentrazione.

Si è giocato su pochissimi punti, entrambe hanno chiesto tantissimo ai propri servizi in quello che fin dalle prime battute diventava un confronto di forza e qualità, tecnica e tattica. Si scambiava poco, per quasi due set probabilmente entrambe erano vicine al 50% con i servizi non risposti, ma il livello mostrato era tale che nessuna delle due stava cedendo di mezzo passo, sempre coi piedi al più indietro sulla linea di fondo e libere di esplodere i colpi. Osaka non ha mai dato l’impressione di deragliare, ma c’è stato un momento a inizio del terzo set dove non aveva sfruttato le prime vere piccolissime chance in risposta della sua partita e si stava incartando al servizio con un pericoloso 1-1 30-30 da affrontare.

A fine partita dirà che un match simile le ha ricordato la finale dell’Australian Open 2019 contro Petra Kvitova, paragonando la statunitense alla ceca per forza e pericolosità mostrata, ma da quel momento è riuscita a trovare una marcia in più per arrivare a un sofferto 7-6(1) 3-6 6-3. Il dato forse più eclatante è che c’è stato un solo break in suo favore, come uno quello della sua avversaria che non ha offerto chance per due ore esatte alla più quotata avversaria, che a sua volta ne aveva data fin lì appena una per set.

Un match abbastanza anomalo, nel suo sviluppo, per il tennis femminile. I servizi dominavano, i colpi di inizio gioco “accompagnavano” i momenti in cui si riusciva a cominciare gli scambi, e anche uno 0-30 abbastanza immediato di Osaka sul 2-1 nel primo set veniva prontamente cancellato da una Brady molto reattiva. La giapponese ha concesso la prima palla break della sua partita sul 3-3, quando da 40-40 si è vista ripresa e rischiare il sorpasso. Ha avuto una seconda di servizio tra le mani, ha messo una palla in campo abbastanza lenta (solo 120 chilometri orari) su cui Brady è saltata cercando di aggredire immediatamente ma il rovescio è terminato lungo. Osaka ha cercato spesso quel colpo quando doveva servire una seconda palla, perché aveva capito che quello era forse il lato meno efficace. L’intensità però era altissima, e più ci si avvicinava alle fasi finali e più Brady rispondeva sempre “presente” a turni di battuta potenzialmente delicati, salvando un 15-30 sul 5-6 e prendendosi con buona autorità il tie-break, dove però un errore sull’1-1 l’ha condannata perché Osaka è scappata sul 4-1 e lì è arrivato il primo vero gratuito di Brady della sua partita, con un dritto dal centro del campo colpito male e terminato in corridoio.

Osaka, che per tutto il parziale stava servendo la prima a circa 10 chilometri orari di media più forte che nei turni precedenti, si è presa il set con un servizio vincente a 200 all’ora. Malgrado questo, la statunitense non ha subito il contraccolpo all’inizio del secondo parziale. Probabilmente sono mano a mano venuti a meno i punti gratuiti col servizio, ma è salito in cattedra il rovescio mentre il dritto rimaneva un’arma pericolosissima con una frustata che faceva tanto male. Osaka era chiamata ancora a un enorme sforzo mentale e non aveva più le certezze di prima su come gestire le seconde di servizio, fattore che è risultato decisivo quando sul 3-4 30-15 non ha più trovato la prima. Brady è sempre entrata nello scambio col rovescio, ma questa volta era in una posizione molto più favorevole e, sul 30-40, ha vinto lo scambio più lungo della partita. 18 colpi, 18 martellate nei pressi della riga lungo tutto il campo. Osaka si era creata lo spazio per far male col dritto, ma la sua palla è finita appena larga. Probabilmente, a sangue freddo e senza pressione, quel colpo non doveva essere così perfetto da cercare gli ultimi centimetri di campo perché Brady non ci sarebbe mai arrivata, ma l’intensità e la ferocia agonistica della partita erano tali, da un’ora e mezza, che entrambe dovevano spesso andare oltre la loro comfort zone.

Brady, col vantaggio garantito e la chance di servire per chiudere il set, ha giocato d’autorità. Meritava quel 6-3, a dimostrazione che tutto il suo torneo sia stato oltre ogni aspettativa. Ed era giusto, francamente, che potesse mostrare questi progressi anche di fronte a una delle più forti del circuito. Superata l’ora e mezza di gioco, Osaka alzava lo sguardo verso il tetto chiuso dell’Arthur Ashe imprecando a mezza voce, la sua avversaria invece si girava verso il suo angolo e faceva un cenno d’intesa verso l’artefice di questa crescita esponenziale mostrata lungo tutto il 2020, Michael Geserer. Tedesco, ex allenatore di Julia Goerges, ha portato Brady in Germania per la scorsa off season e la numero 28 del seeding ne è uscita che sembra una persona completamente diversa. Oggi ha tenuto costantemente sotto pressione Osaka, che sull’1-1 30-30 si è tolta dai guai giocando due vincenti consecutivi di grande valore con un rovescio incrociato in uscita dal servizio in cui è dovuta andare molto giù con le ginocchia e poi un dritto lungolinea in corsa. Per la prima volta nel match, si è anche sentita urlare per incitarsi. Momento delicato e, anche con un po’ di fortuna, è arrivato il break per la numero 4 del seeding che ha spezzato il grande equilibrio. Tutto è maturato da un nastro beffardo per Brady sul 15-30, con la palla che è appena rotolata al di là. Per la prima volta così sotto pressione, la statunitense ha mandato di poco lungo il rovescio in fase di palleggio e in breve era sotto 1-4.

È stata brava a non crollare, rientrando da 15-40 nel sesto gioco servendo due ace per annullare le tre palle break concesse in tutto e prendendosi un errore di dritto della giapponese sotto pressione, ma le situazioni potenzialmente favorevoli per lei erano sempre meno. L’ultimo mezzo sussulto è arrivato quando Osaka serviva per il match, con Naomi che non riusciva a eseguire correttamente il lancio di palla nei primi tre punti. Un problema che va avanti ormai dal Western & Southern Open, ma in quei momenti è stato quasi determinante perché si era innervosita, aveva perso il primo punto e sul 15-15 ha commesso il primo doppio fallo della sua partita. Sul 15-30, però, un’ottima prima le ha dato la parità e poi il match point, sfruttato immediatamente.

Un peccato non ci fosse il pubblico sulle tribune. Sarebbe servita un’ovazione per Brady al momento della sua uscita dal campo. La meritava. Per Osaka invece c’è la terza finale Slam in carriera, e pochi minuti dopo la conferenza stampa era già sugli spalti per vedere chi tra Serena Williams e Victoria Azarenka l’avrebbe raggiunta.

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