US Open, la finale: Osaka cerca il big a New York, Azarenka il primo sigillo

Nella finale dello US Open sono arrivate le due migliori giocatrici delle ultime settimane. Una possibile chiave di lettura sarà nei colpi di inizio gioco della giapponese: di fronte ci sono servizio (per Naomi Osaka) e risposta (per Victoria Azarenka) di livello assoluto.

Naomi Osaka contro Victoria Azarenka, stasera si scoprirà chi sarà la regina dello US Open 2020. Una sfida di tanti significati, come spesso capita quando si devono presentare due finaliste Slam, ma che diventa ancor più interessante se si pensa che questa doveva essere la sfida che concludeva il Western & Southern Open due settimane fa prima che la giapponese preferisse sacrificare il match per preservare il problema alla coscia sinistra.

Fu una scelta pesante in quel momento perché al di là dell’attesa generata e amplificata dal gesto che in quella settimana fece fermare il tennis per un giorno, la voglia di vedere di fronte due grandi campionesse era l’antipasto migliore per lo US Open soprattutto in un momento in cui si cercava di dare normalità allo sport dopo la sospensione causata dalla pandemia. Fu però una scelta doverosa, perché come si è visto poi Osaka durante la prima settimana del torneo ha spesso faticato. O meglio, ha avuto tutto fuorché momenti brillanti come poi ci sono stati dagli ottavi.

Se confrontiamo le prime tre uscite con le successivi tre, le differenze sono abissali. Già nel primo turno ci fu una differenza di rendimento enorme nei tre set giocati contro Misaki Doi: precisa nel primo, lenta e imprecisa nel secondo, abbastanza fortunata nel terzo quando indirizzò il match dalla sua con un immediato break. Il secondo fu un netto 6-1 6-2 ai danni di Camila Giorgi che però non riuscì mai a evidenziarne possibili noie non muovendola mai durante lo scambio e facendola sempre colpire in quel metro e mezzo che corrisponde alla sua “comfort zone”. Al terzo turno, infine, soffrì parecchio contro Marta Kostyuk un po’ per la grande fase di difesa e contrattacco dell’ucraina e un po’ perché le mancò killer-instict nelle 16 palle break avute nei primi set fino a dover salvare uno 0-40 sul 2-1 Kostyuk nel set decisivo.

Da lì però è cambiato tanto, perché nelle successive partite Osaka è cresciuta sia in condizione atletica che di gioco. Appena 25 gli errori gratuiti commessi tra ottavi, quarti e semifinale. Soprattutto, il capolavoro nell’ultimo match contro Jennifer Brady a prendersi una partita dopo non ha avuto chance per due ore di gioco e nei momenti cruciali è quasi sempre emersa per forza e solidità mentale. Stasera molto probabilmente dovrà replicare una prestazione simile per fare il bis dopo il 2018, perché la Victoria Azarenka di queste tre settimane ha avuto solo un leggero calo, a metà del torneo che ha preceduto lo US Open.

Il cammino della bielorussa in questo torneo è stato impeccabile, col picco della prima settimana nella netta vittoria contro la connazionale Aryna Sabalenka che le ha aperto la strada verso qualcosa di importante. Battendo la numero 5 del seeding 6-1 6-3 era diventata di diritto una pericolosissima mina vagante, sfortunata nel non avere con sé una testa di serie perché è rientrata nelle 30 soltanto una volta finito vittoriosamente il torneo normalmente in programma a Cincinnati. Poteva rischiare una debacle, invece ha tirato fuori due settimane incredibili, culminate tra quarti e semifinale nelle vittorie di forza contro Elise Mertens 6-1 6-0 e poi il sigillo nella rimonta contro Serena Williams 1-6 6-3 6-3.

IL CAMMINO DELLE DUE FINALISTE

Naomi Osaka

R1: d. Misaki Doi 6-2 5-7 6-2
R2: d. Camila Giorgi 6-1 6-2
R3: d. Marta Kostyuk 6-3 6-7(4) 6-2
R4: d. [14] Anett Kontaveit 6-3 6-4
QF: d. Shelby Rogers 6-3 6-4
SF: d. [28] Jennifer Brady 7-6(1) 3-6 6-3

Victoria Azarenka

R1: d. Barbara Haas 6-1 6-2
R2: d. [5] Aryna Sabalenka 6-1 6-3
R3: d. Iga Swiatek 6-4 6-2
R4: d. [20] Karolina Muchova 5-7 6-1 6-4
QF: d. [16] Elise Mertens 6-1 6-0
SF: d. [3] Serena Williams 1-6 6-3 6-3

POSSIBILE CHIAVE DI LETTURA

Al di là dell’aspetto atletico e mentale, per decidere una sfida che sulla carta sembra molto equilibrata potrebbe entrare sul piatto della bilancia i due punti cruciali delle giocatrici. Si guarderà molto, infatti, ai primissimi gesti nel turno di battuta di Osaka: il servizio della giapponese e la risposta della bielorussa. Molto della numero 4 del seeding è spesso dettato dal rendimento del suo servizio: più riesce a essere costante e più riesce a gestire meglio le seconde palle, più tutto il suo gioco può trarne vantaggio. E questa sera avrà di fronte una delle migliori giocatrici in risposta, che nel periodo più importante della carriera viaggiava a oltre il 50% di game di risposta vinti all’anno e che in questo periodo ha rispolverato con grande efficacia, prendendo spesso il comando e dominando poi lo scambio.

Un nervo fragile, per la giocatrice classe 1989, sarebbe a sua volta il servizio. Azarenka ha cambiato movimento nell’ultimo periodo, ha guadagnato qualcosa in velocità di punta, ma non è un colpo che può darle così tanto come quello della sua avversaria odierna. Soprattutto, e lo si è visto nel primo set e mezzo della semifinale, non è tanto costante se messo sotto pressione: non solo come percentuale in campo, ma come qualità e possibilità di dar modo di cominciare lo scambio. Parliamo di una giocatrice strepitosa che andrà ad affrontare una giovane già piuttosto affermata ad altissimi livelli, quindi tutto deve essere messo in un’ottica fuori dal normale, sopra la media. Osaka per mantenere saldo il suo servizio contro Brady ha messo in campo delle prime palle che viaggiavano a una media di 10 chilometri orari più forte della media del suo torneo nelle prime 5 partite.

Wim Fissette, coach attuale di Osaka e per due anni allenatore di Azarenka, ha raccontato in conferenza stampa che per lui una sfida di questo livello potrebbe decidersi su un paio di punti: un ace nel momento giusto, un doppio fallo nel momento sbagliato. Le situazioni da fondo campo si somigliano abbastanza, perché entrambe hanno grande capacità nel muovere la palla negli angoli e aprire il campo (fattore per cui, per esempio, Azarenka è da sempre stata considerata come una spina nel fianco di Serena, perché ne evidenziava quelle che con l’andare avanti del tempo divenivano i punti deboli). Forse “Vika” ha più possibilità di coprire il campo e offrire sicurezza quando si muove verso la rete, zona di campo in cui Osaka si destreggia ma nei momenti delicati potrebbe sentire un po’ il braccio non troppo fluido.

Siamo ai dettagli, in ogni caso. E dopo due semifinali così spettacolari, elogiate anche da Martina Navratilova e Chris Evert (due che di emozioni ne avevano sempre offerte), l’attesa è tanta. Buona finale a tutti.

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