E i francesi che si incazzano… Agli Us Open l’ennesima storiaccia di un tennis allo sbando

La storia dei francesi rivoluzionari agli Us Open sono l'ennesimo poco lusinghiero spot per il tennis

“E i francesi che si incazzano, che le palle ancora gli girano”, cantava nell’immortale “Bartali” l’altrettanto immortale Paolo Conte. Uno che con i francesi, ha sempre avuto un certo feeling. Chissà ora cosa direbbe, uno dei più grandi della musica italiana e non solo, di fronte a quella che nel tennis potrebbe apparentemente sembrare una sorta di presa della Bastiglia, una “rivoluzione francese”. Al contrario, però.

Stavolta infatti nella Bastiglia i connazionali dei “Paire’s Eleven” (chi sono, lo sapete tutti e perchè), volevano entrarci, mentre i francesi vorrebbero uscirne. O pretenderebbero di uscirne, come se niente fosse. In barba a tutte le misure preventive per non far allargare questo benedetto contagio da coronavirus, che ormai da mesi sta rendendo quantomeno difficile le esistenze di tutti noi. C’è chi accetta le regole e chi no. C’è chi si è rassegnato alla situazione e chi no. C’è chi capisce che nessuno era obbligato ad andare a giocare, e se lo ha fatto l’ha fatto solo per la pecunia, e chi no. Passo indietro.

Gli organizzatori dello Us Open, evidentemente dormienti in questi primi giorni, hanno fatto recapitare all’improvviso una lettera agli undici che sono stati messi in isolamento nella “bolla dentro la bolla” perché a stretto contatto con Benoit Paire divenuto positivo al covid-19, che contrariamente alle disposizioni se sono stati eliminati dal torneo di Flushing Meadows non possono più uscire dalla loro camera fino al termine delle due settimane di isolamento, impossibilitati dunque ad andare ad allenarsi alle strutture che la USTA poteva mettere a disposizione per cominciare a prepararli per la terra battuta. E già questo, a molti, sembrava assurdo. Ancora più assurdo è che gli organizzatori abbiano permesso a persone che potrebbero essere positive ad un virus di giocare. Mannarino, uno degli 11, ha poi giocato (tre ore dopo quanto stabilito, in quanto bloccato dalle autorità di fatto). Perdendo.

Kristina Mladenovic due giorni fa aveva detto che si sentiva trattata come una criminale perché non era autorizzata a far nulla, adesso suo fratello scrive un tweet molto duro contro l’organizzazione: “Ora vi dico… A noi non può importare nulla di questo US MerdOpen 2020, cancellate le nostre partite. Lasciateci andare a casa. Fateci andare a casa. Non avrei mai pensato di poter twittare questo u giorno. Ma questo è quanto sta realmente accadendo ora”.

Il tennis, questo lo abbiamo già detto, da mesi non sta facendo una bella figura. La pressochè totale incapacità di organizzarsi in maniera decente per mesi, con una ripartenza arrivata solo molto dopo altri sport, la brutta storia dell’Adria Tour, la divisione tra i giocatori Atp e la scissione di Djokovic e amici, le assurde regole dell’Us Open, che chiude tutti e due gli occhi o ne apre uno a convenienza.

All’esterno, ora, questa sfuriata dei francesi sembra quella di bimbi viziati, nè più ne meno. Come ha detto Roddick (sempre saggio, a modo suo), “nessuno ha costretto nessuno ad andare lì e che i prigionieri non guadagnano cifre a sei zeri per giocare una partita di tennis”. Tutto vero, al netto della retorica.

Il tennis e i loro protagonisti continuano a fare figure pessime e da qualsiasi parte la si prenda, dai vertici in giù, si sta facendo di tutto per far disinnamorare chiunque di questo sport che, a naso, non è che viva momenti di gloria, in questo momento.

Al netto delle ragioni dei francesi, per carità. Si parla pur sempre di ragazzi di 25 anni e poco più, chiusi da settimane (in suite, ok, ma sempre chiusi) e che hanno una percezione diversa da moltissimi, dato che hanno visto molti colleghi ammalarsi e praticamente non avere sintomi.

E sulla questione delle centinaia di migliaia di euro, anche lì è dura spiegare ad un tennista che loro, un giorno, in uno slam, guadagnano il salario medio annuale di un operaio.

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