La solitudine del numero primo

A Djokovic l’ingrato compito di resistere da solo, unico dei Big Three in tabellone, all’assalto della agguerrita Next Gen, senza possibilità di commettere errori

“L’assenza è presenza, il vero fondamento del mistero. Parole suadenti che il regista Sorrentino fa pronunciare al suo controverso Young Pope, nell’omonima serie, parole che più che un enigma in questi giorni sono un’epifania e risuonano sarcastiche nella testa di Nole da quando è arrivata la notizia dell’ennesimo e più clamoroso forfait agli US Open: la mancata partecipazione del detentore del titolo, Nadal. Come le tessere di un domino che cadono inesorabili in una reazione a catena, nelle ultime settimane molti sono i top player che hanno abbandonato la competizione statunitense, per il timore del contagio o per le difficoltà organizzative, senza speranza di ripensamenti. Con un meccanismo contorto accade che quello che manca inevitabilmente attira l’attenzione, le assenze tracciano confini insuperabili, finisce per infastidire più l’assenza che la presenza.

A Nole quindi l’ingrato compito di resistere da solo, unico dei Big Three in tabellone, all’assalto della agguerrita Next Gen, senza possibilità di commettere errori, senza alibi e con la beffa, in caso di meritata vittoria, di aver centrato comunque un obiettivo facilitato, proprio per via degli ingombranti assenti. Già perché Nadal scegliendo di andare dove lo porta il cuore ha preferito restare a casa, nella sua isla bonita, a solcare il mare in barca e ad allenarsi per i tornei sulla terra rossa che si giocheranno, forse, in autunno in Europa. Intenzione che in verità sembrava piuttosto scontata fin da quando è stato reso noto il meccanismo per il calcolo del punteggio del ranking in questa disastrata stagione. Il sistema consente

ai giocatori di conservare il risultato migliore dell’edizione 2019, quindi eventuali forfait non comportano perdite dei punti guadagnati, con significativi risvolti positivi per gli atleti al vertice della classifica. Da qui la sensazione che Nadal non sarebbe salpato alla volta di New York.

Assenza comprensibile per lui e giustificata invece per Federer, infortunato ma decisamente impegnato in attività extra tennistiche: simpatico pigmalione delle giovanissime Vittoria e Carola, estrose tenniste sui tetti di Finale Ligure, ma anche elegante ideatore con il marchio elvetico ON di un nuovo modello di scarpe da corsa, sobrie, casual chic e in pelle vegana. Ricapitolando: mentre uno si allena all’Accademia casalinga e l’altro si dedica all’imprenditoria sostenibile, a Djokovic non rimane che giocare da solo. In verità un po’ isolato Nole lo è da sempre, come i solitari numeri primi che sono divisibili solo per se stessi e per uno, ossia non hanno relazioni con altri se non con se stessi. Mentre in campo è irresistibile e al passo coi Fedal, fuori dal rettangolo di gioco, il divario sul versante del gradimento è piuttosto evidente, negli ultimi tempi l’apprezzamento di Djokovic sembra diventato inversamente proporzionale ai successi tennistici.

Ecco che il tanto atteso ritorno ai tornei, al tennis giocato e non parlato, da sicuro riscatto dopo le dure critiche subite per il triste epilogo dell’Adria Tour, potrebbe trasformarsi  in una sorta di trappola mentale difficile da evitare, perché i suoi più celebri antagonisti rischiano di essere noiose presenze anche da assenti. Il serbo dal canto suo ha dimostrato in carriera una forza interiore capace di sopportare carichi di pressione non indifferenti, di saper rigenerare in fretta corpo e mente, ma soprattutto di convivere tranquillamente con la consapevolezza di piacere al pubblico meno degli altri due. Per giunta con una buona dose di compiacimento: dopo le dibattute prese di posizione sul Covid, i contagi all’Adria Tour, appena guarito eccolo sulle Piramidi del Sole in Bosnia, antiche costruzioni primordiali che, si dice, siano dotate di particolari poteri, considerate dei centri energetici. È fedele a se stesso Novak, va per la sua strada controcorrente, vola controvento, piaccia o non piaccia, lui è questo. Certamente la bufera che lo ha travolto dei segni li avrà lasciati e per quanto provi a convincersene, non basteranno i soliti rimedi zen o i salvifici mantra yoga. Ma per fortuna il tennis, quello vero, sta ricominciando, saranno solo le sfide sul campo a parlare, a dar voce agli atleti. Manca poco, New York è alle porte. L’attesa è finita, lasciamoli giocare in pace.”

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