Kyrgios senza pace: “Per me è durissimo ora, impossibile non pensare al mio paese”

Lo scenario in Australia è drammatico. Nick Kyrgios da una settimana sta cercando ogni modo per fare qualcosa e, dopo l'annuncio della donazione seguito dalle lacrime all'ATP Cup: "Non c'è più scelta per noi, in questo momento una bottiglia d'acqua può salvare una vita".

L’ovazione della Pat Rafter Arena di Brisbane, ieri sera, è stata enorme e tutta per lui. Nick Kyrgios. L’uomo che solo una decina di giorni fa è stato inserito al secondo posto nella classifica dell’Herald Sun tra gli sportivi più maleducati dell’Australia nella decade appena passata, subito dietro a un assassino come Oscar Pistorius.

Eppure ieri sera erano tutti in piedi per lui, che ha annunciato il 2 gennaio di donare 200 dollari per ogni ace che metterà a segno in questo mese. Il primo punto della sua partita contro Jan Lennard Struff? Un ace. Saranno 20 a fine partita. Ma non è tanto una questione di quanti ace potrà fare. Non è corretto pensare che uno debba decidere quanto donare in base alle proprie prestazioni in campo. Kyrgios ha fatto tutto ciò perché da una settimana non riesce a darsi pace per quello che sta succedendo in Australia.

Il suo paese sta bruciando, ferito in ogni angolo da incendi catastrofici di cui forse nessuno sta riuscendo a realizzare la portata. La situazione nella zona sud-est del paese, sulla Great Ocean Road, è ben oltre il drammatico. Le immagini di Mallacoota nella notte tra il 30 e il 31 dicembre in Italia hanno fatto il giro del mondo, con 4000 persone chiuse nella morsa di un incendio e costrette a correre sulla spiaggia e con solo qualche decina di pompieri (volontari) tra loro e le fiamme. È qualcosa che va oltre il tennis, non vogliamo fare troppi commenti ora banali. Quelle persone erano inermi di fronte alla loro fine, salvati anche grazie a un improvviso cambio nel vento che ha cominciato a soffiare verso l’interno rallentando la corsa del fuoco, poi contenuto anche dai pompieri. Gli era stato detto di buttarsi in mare e mettersi al riparo quando le sirene attorno a loro smettevano di suonare, ma queste 4000 persone erano in un inferno vivente: il cielo coperto interamente dal fumo e dalla cenere, nero, dall’aria verosimilmente irrespirabile e fiamme tutto intorno.

C’è un’emergenza mai affrontata prima, un numero di morti salito in questi tre mesi a 23 persone, molte di loro volontari dei vigili del fuoco. Circa 5 milioni di ettari di piante bruciate fin qui, quasi mezzo milione di animali bruciato vivo. Fiamme che, raccontano alla tv australiana, possono raggiungere anche i 70 metri (e l’Opera di Sydney, il famoso edificio vicino al ponte, è alto “appena” 65).

Kyrgios è da una settimana ormai che via social, ma possiamo pensare anche nella vita reale, sta cercando di mettersi a totale disposizione per fare qualcosa, qualsiasi cosa. Prima ha cercato di forzare la mano con l’Australian Open, per organizzare un’esibizione e una raccolta fondi, poi non avendo risposta né dagli organizzatori né dall’ATP, si è lanciato: “Dono 200 dollari per ogni ace che metterò a segno da qui alla fine dell’estate australiana” unito all’hashtag #MoreToCome, come a indicare di altri progetti in mente. Un gesto che è servito a raggiungere un doppio scopo perché a cascata si sono uniti in tantissimi, a cominciare da Alex de Minaur, che ha aggiunto “facciamo 250 dollari, visto che ne servo molti meno di te”. E tanti ancora da altri sport hanno deciso di intervenire con donazioni di ogni genere.

Così, ieri sera, alla prima partita “sotto inchiesta” per i fatti di Cincinnati dove fu multato di 110.000 dollari per varie scorrettezze, Kyrgios si è preso la scena nel modo più elegante ed emozionante. Nell’intervista in campo ha dichiarato: “Qui è qualcosa che non c’entra nulla col tennis. Non mi interessano i complimenti, voglio solo fare il possibile per essere d’aiuto. Tutti i soldi che raccoglieremo saranno per i senza tetto, le famiglie, i bambini, gli animali, i volontari… Noi abbiamo la possibilità di trasmettere un messaggio e di smuovere qualcosa. La mia città, Canberra, è ora la più inquinata del pianeta”. Qui Nick si è fermato, asciugandosi le lacrime e chiedendo scusa per il momento che lo ha colpito.

Canberra, la capitale australiana, non ha il vantaggio di altre città di essere esposta ai venti provenienti dal mare. È più all’interno del paese, e ha vicino a sé tre focolari piuttosto importanti che hanno creato una nube molto densa e la qualità dell’aria registrata un paio di giorni fa era 20 volte oltre il limite dell’azzardo. Tutta quella striscia di terra, però, è praticamente scomparsa. Sydney è circondata, ma in alcune zone della città il fumo e gli incendi sono meno opprimenti. Melbourne fino a ora se l’è cavata come ha potuto ma a causa dei suoi continui cambiamenti nel clima e nel vento è sempre a rischio di giornate con temperature alte e vento forte. Tutto normale, se non fosse che in questo periodo giornate così possono trascinare nella città i fumi di quello che sta avvenendo a 400-500 chilometri di distanza e così anche lì, ieri, il centro città è stato avvolto da una fitta nube inquinante. Questo week-end era contrassegnato col bollino nero per via del vento forte, anche se c’è attesa per vedere se le piogge attese tra domenica e lunedì daranno un po’ di tregua. A sole due settimane dall’Australian Open, tra l’altro, la situazione non è affatto facile.

Kyrgios, che già gestisce un’associazione per aiutare le persone in difficoltà, ha poi parlato in conferenza stampa di cosa voglia dire per lui questo periodo: “È durissima per me. Non riesco a scendere in campo e a non pensare a tutto quello che sta avvenendo. Ogni ace che ho fatto pensavo lì, ogni volta che mi avvicinavo alla linea di fondo pensavo lì”. E alla fine: “Penso che in questo momento non ci sia grande scelta per noi se non dare una mano. Sento come che non ci sia una vera scelta. Penso che noi tutti dovremmo fare qualcosa, guadagnano tanti soldi e in questo momento una bottiglia d’acqua può salvare una vita. A dir la verità sono anche un po’ dispiaciuto con me stesso perché non so se siamo tutti a conoscenza della situazione e forse è troppo tardi per noi per prendere provvedimenti”.

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