Il nuovo all’assalto del vecchio

Le semifinali dell'Australian Open, primo slam degli anni '20 certifica che il dominio della triade Federer-Djokovic-Nadal è agli sgoccioli. Thiem e Zverev devono però fare l'ultimo passo, quello più difficile.

Forse ci siamo. Dopo aver atteso per così tanti anni l’arrivo del nuovo messia le due settimane di Melbourne potrebbero consegnarci un nuovo slammer. La straordinaria impresa di Dominic Thiem, che come spesso accade ha trovato la forma cammin facendo, è stata appena appannata dal brutto finale di match, perché l’omicidio del padre prima o poi avviene ma è impossibile che sia indolore e senza esitazioni. Il divario che c’è stato in un match vibrante e spettacolare è stato ben più ampio di quanto non dicano i tre tie-break, dovuti soltanto alla combinazione tra la straordinaria generosità di un campione che non finisce mai, e che anche da strabattuto si mette lì pronto ad picchiare su ogni singolo graffio, e appunto lo sgomentodi chi ha capito che tutto si sta compiendo. L’austriaco ha domato, più che dominato, Nadal sfidandolo sul suo stesso terreno, mostrando di non temere il terribile uncino di Nadal, tornato ad’efficacia ben diversa da quella degli ultimi tre anni, e soprattutto di ptoer correre e tirare più forte dello spagnolo. Quel rovescio così splendido è ora atteso da un altro predestinato, che prima o poi doveva per forza di cose far smettere di dire la sciocchezza che “non era adatto agli slam”. Zverev ha approfittato forse di un tabellone agevole, ma arriva al penultimo atto avendo perso un solo set, in una partita per il resto dominata contro Stan Wawrinka, un altro che percorre il suo viale del tramonto con l’orgoglio del grande giocatore che è stato e che adesso si può solo intravedere qui e lì, come è capitato ad un balordo Medvedev. Zverev ha impressionato molto meno del suo rivale di venerdì prossimo, e contro Thiem ha perso le ultime due partite, l’ultima proprio un paio di mesi fa a Londra, che adesso sembra lontana tanto quanto il vincitore delle Finals, la grande delusione di questi Australian Open, Tsitsipas. Non trovare Dominic Thiem in finale domenica sarebbe una discreta sorpresa, che servirebbe a certificare la “guarigione” del tedesco, alle prese con imperscrutabili problemi di crescita, ma probabilmente ritarderebbe ancora quel cambiamento che tutti noi ormai aspettiamo con una certa ansia.

Già, perché mentre Thiem, a differenza di Zverev, partirebbe alla pari contro Djokovic ancora di più che contro Federer, perché trovare l’inesauribile svizzero in finale sarebbe una sorpresa così grande da far credere che, per un altro giorno ancora, la reincarnazione del gioco stesso possa tornare a manifestarsi. E tu puoi giocarti le tue possibilità contro un avversario forte, fortissimo, un campione, non contro le forze soprannaturali che sembrano accompagnare ogni tanto chi ha vinto uno Slam per 20 volte. Ma come anticipato, Federer parte nettamente sfavorito nell’altra semifinale, non tanto – o non solo – perché Djokovic abbia particolarmente impressionato, quanto perché Federer giovedì mattina, come ha serenamente ammesso, poteva, e si meritava di, essere a sciare. Contro Millman e contro Sandgren, ma anche a tratti contro Fucsovics, lo svizzero ha smesso i panni del dio per tornare in quelli di un ragazzone di quasi 39 anni, che è costretto ad arrancare, salvato più che dal suo gioco, da quell’aura magica che sembra avvolgerlo quando si mette in pantaloncini e calca quel rettangolo di 23,77 per 10,97. Ma Djokovic, naturalmente, non patirà più di tanto questo aspetto, quanto quello più tecnico, se è vero che i due ultimi confronti diretti lo hanno visto sostanzialmente soccombere, visto che a Wimbledon è ancora inspeigabile che a vincere non sia stato Federer. Ma quello inglese era un Federer straordinariamente preparato, mentre soprattutto alle finals l’interesse di Djokovic per il match è sembrato abbastanza relativo. Se giocano come hanno fatto fin qui entrambi non ci sarà partita, ma è più facile che Federer si ritiri che giochi come ha fatto in queste ultime tre partite. Il livello lo alzerà sicuramente, ma non è detto che possa bastare, anzi è più probabile che non basti.

Ad ogni modo domenica ci sarà un giovane contro un vecchio. La finale più improbabile è quella del più giovane contro il più vecchio e forse vale la pena ricordare che questo Australian Open ha proposto delle belle partite ma sorprese se ne sono viste poche. Chissà se proprio alla fine non possa diventare un torneo indimenticabile.

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