Osaka al quadrato: Naomi vince nella sua città natale, quarto titolo WTA in carriera

Naomi Osaka si aggiudica il primo titolo dall'Australian Open e mostra una felicità finora mai vista dopo una finale vinta. Anastasia Pavlyuchenkova non ha potuto nulla contro la grande voglia della giapponese di prendersi il trofeo.

[1] N. Osaka b. A. Pavlyuchenkova 6-2 6-3

C’è molto di speciale nel successo di Naomi Osaka nella sua città natale, Osaka, per quello che è il quarto trionfo WTA della sua carriera. È la prima giapponese da Kimiko Date nel 1995 (in singolare) ad aggiudicarsi il trofeo, ma per quelle che sono state le vicissitudini della famiglia Osaka con la mamma Tamaki che da ragazzina doveva nascondere la relazione con il futuro marito Leonard Francois perché straniero in una nazione di grande omogeneità dal punto di vista della cultura e dell’origine, poter raggiungere questo successo per Naomi, con il papà in tribuna come coach, deve valere tantissimo.

Quando vinceva il primo match contro Viktoriya Tomova ripeteva che per lei non faceva grande effetto, o che non le portava grande pressione poter giocare di fronte al proprio pubblico e in qualche modo c’era da crederci perché in cinque apparizioni compresa questa ha raggiunto tre finali, e ora il primo titolo, ma oggi a un certo punto la cosa deve averle fatto effetto e nei momenti conclusivi del secondo set è apparsa diventare molto nervosa malgrado poi un vantaggio estremamente rassicurante.

È finita infatti 6-2 6-3 la partita contro Anastasia Pavlyuchenkova, lei al servizio è stata inviolabile fin dai primi punti malgrado ancora una volta una percentuale di prime palle molto bassa in campo. Dopo 4 game non arrivava quasi al 30%, finirà il primo parziale solo al 42%, concluderà il match con il 48%. Al di là di questo, però, ci sono 20 punti su 20 quando ha messo in campo la prima di servizio e in generale ha perso solo 6 punti su 9 game giocati. Oltre i freddi numeri, però, c’è stata la grande qualità di un gioco forse mai così ben impostato fin da inizio gara. Grandi vincenti soprattutto dal dritto, affondando spesso il coltello in una russa apparsa troppo fragile per tenere il confronto aperto. Aveva fatto più che bene arrivando in finale, battendo ottime avversarie come Kiki Bertens e Angelique Kerber e una giovane di grande spessore come Dayana Yastremska. Oggi però l’essere stata colpita a freddo con una serie di vincenti nel primo game di risposta l’ha portata a fare una partita di rincorsa come mai le era successo nei giorni precedenti e una complessiva impossibilità di star dietro al livello della sua avversaria (e senza mancarle di rispetto: oggi era impresa molto ardua per tutte) ha fatto sì che soltanto in un’occasione sia arrivata a 30 in risposta.

Naomi, sul 6-2 4-1, mancava la chiusura di un game dallo 0-40 e subendo quei 5 punti consecutivi ha perso un po’ della sua aura di perfezione odierna e i game successivi sono stati un po’ diversi dal copione visto fin lì. Pavlyuchenkova malgrado tutto non riusciva a cambiare marcia, Osaka andava 15-40 sul 5-2 ma mancava la chiusura con un paio di gratuiti che l’hanno portata a scagliarsi con rabbia una racchetta sulla scarpa. Perso quel game poteva forse aumentare questa sensazione, invece un’ottima prima e soprattutto uno strepitoso punto vinto su un’ottima smorzata della russa (una delle poche del match, se non l’unica) le ha dato forse la consapevolezza decisiva che il traguardo era davvero lì. L’ultima emozione è stata sulla prima di servizio sul 40-0 inizialmente non chiamata. Osaka era già con le mani sul volto a festeggiare, hawkeye ha segnato la palla fuori. Nella prosecuzione però è arrivato l’ultimo vincente e la gioia sul suo volto è diventata realtà.

È forse la prima volta che vediamo una giapponese così emozionata e felice nella vittoria di un torneo. L’abbiamo vista genuflessa a Melbourne dopo aver battuto Petra Kvitova in uno dei match più belli del 2019. Si è coperta le lacrime con la visiera allo US Open dopo la finale ricca di tensioni e polemiche. L’abbiamo vista sorridente a Indian Wells dove tutto cominciò. Oggi, oltre al sorriso stampato in volto, c’era una gioia complessiva straripante, mostrata anche nel discorso di premiazione fatto a metà tra inglese e giapponese, perdendosi nei ringraziamenti e cercando subito di voler elogiare il pubblico e il torneo, saltando non solo la sua avversaria ma anche la sua famiglia e il suo team, fermando il traduttore con tanta foga e rivolgendosi a Pavlyuchenkova con “scusami, davvero, è il mio cervello che ora sta correndo tra tante cose”.

Osaka che vince a Osaka, con il papà come coach al suo fianco, lui che l’ha cresciuta e portata per la prima volta su un campo da tennis a 3 anni. A lei non piaceva particolarmente, ma continuava perché voleva battere sua sorella malgrado i continui 6-0 subiti. Una combinazione così potrebbe capitare una volta nella vita, e lei voleva essere pronta per questo momento.

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