Nella mani di Paire (o Verdasco o chiunque ma loro no)

Wimbledon è tradizione e la tradizione non è mai sorprendente. Quest'anno forse si sta esagerando. Come con Berrettini. Chi ci salverà da Djokovic, Nadal e Federer?

Da qualche parte c’è qualcosa che non va se neanche l’eliminazione del finalista del Roland Garros, del giovane più interessante, del finalista della scorsa edizione, ha prodotto chissà quali scossoni. La vittoria di Pella contro Anderson, che in teoria dovrebbe essere una sorpresona, ha scosso i sonnolenti frequentatori del centrale solo nel penultimo punto, quando l’argentino si è aggiudicato una schermaglia a rete. Peccato non contarle, perché siamo sicuri che a 10 scambi di questo tipo ci si è arrivati agevolemente durante le 108 partite della prima settimana del torneo. Niente male no? Anche perché chissà se l’anno prossimo avremo queste fortune.  Ma di questo si sono già lamentati altri con parole migliori e quindi meglio limitarsia raccontare quello che è successo, che in fondo non è poco.

Per una volta sembra giusto cominciare dai paesani, che come avevamo detto venerdì hanno pur sempre battuto un record, arrivando in tre al terzo turno, quando già si faceva una fatica enorme a portarne due. La cosa aveva autorizzato qualche speranzella, perché magari sapevamo che Verdasco a mezzo servizio era pur sempre favorito contro Fabbiano – che in fondo il suo miracolo l’aveva fatto contro Tsitsipas – ma su Fognini e Berrettini le aspettative erano ben diverse. Purtroppo è andata bene a metà, e se smettiamo una buona volta di vendere tappeti anche un po’ meno che metà. Perché la vittoria di Berrettini, a cui vanno le congratulazioni del caso, doveva essere meno travagliata e se Schwartzman non avesse sostanzialmente buttato al vento almeno un match point e altre infinite occasioni la stampa italiano si sarebbe dovuta inventare qualcos’altro per riempire l’attesa da qui al Manic Monday.

Per fortuna, e dato il giusto merito a Berrettini di non essersi perso come avrebbe fatto qualcun altro, è andata bene e il Centre Court rivedrà un italiano dopo Fognini; addirittura, come sapete tutti, contro sua maestà, al secolo Roger Federer. Naturalmente è una partita di tennis e tutto può succedere, ed è certamente giusto coltivare le proprie illusioni ma va anche detto che qualsiasi risultato diverso dal 3-0 sarebbe abbastanza sorprendente. Però chissà, in fondo aveva meno speranze Roberta Vinci contro Serena Williams.

In qualche modo Fognini è riuscito lo stesso a rubare la scena a Berrettini augurandosi una fine decisamente cruenta per il vecchio club di Church Road. È abbastanza sconcertante notare come si siano avventati sul ligure tutti quelli che lo hanno osannato per la raggiunta top10 neanche un mese fa. Eppure Fognini non è certo diverso da quello di ieri, e soprattutto, come ormai ha capito da tempo, appena le cose si mettono male comincia a cercare qualche via d’uscita altrove, come in fondo è anche umano. Lo è meno sorprendersi del fatto che un tennista di 32 anni, mai arrivato al quarto turno di Wimbledon, guarda un po’ non c’è arrivato neanche quest’anno. Strano eh? Fognini è arrivato appena sei volte negli ottavi di finale di uno slam e certo può sempre succedere una straordinaria serie di coincidenze come a Montecarlo, ma la cosa più normale del mondo è non trovarlo nella seconda settimana di uno slam. Invece di parlare di quello, magari cercando anche di togliere delle responsabilità eccessive al giocatore, la stampa preferisce concentrarsi sull’aspetto caratteriale, ma una cosa sono gli insulti sessisti e razzisti di cui è stato protagonista in passato, altra un’esclamazione che era un po’ diversa dal dire “chiamate la Luftwaffe e sterminiamo la perfida Albione”. Ma tant’è, questi discorsi assomigliano tanto alle indignazioni sul tempo che si prendono Djokovic e Nadal prima di battere, servono a niente.

A proposito dei due, se dopo il secondo turno Djokovic pareva messo meglio adesso è Nadal che pare possa navigare col vento in poppa. Agli ottavi dovrà vedersela con Sousa, primo portoghese ad arrivare agli ottavi di uno slam e francamente non si capisce come possa perdere lo spagnolo. Dopo ci sarà Querrey, che con l’arrivo dell’erba ha ritrovato un po’ di tennis e che almeno non sentirà la tensione, visto che a Wimbledon ha già fatto una semifinale e una volta fece fuori Djokovic. Ma il Nadal visto con Tsonga, forse ancora di più di quello visto con Kyrgios, a venerdì dovrebbe arrivarci, poi dipenderà un po’ anche da chi trova dall’altra parte. Anche lì però è difficile pensare che Federer possa mancare l’appuntamento, perché Nishikori sarà anche in buona condizione – e per una volta non ha lasciato set per e minuti per strada – ma sempre a Wimbledon siamo. Forse.

Se si considera l’autostrada che pure Djokovic ha davanti sostanzialmente non si sa più a che santo votarsi per provare a divertirsi. Certo, faremo tutti il tifo per Benoit Paire, talento infinito e voglia di allenarsi un po’ inferiore a quella di Kyrgios; ci augureremo che Humbert sia un fuoriclasse di cui non ci siamo mai accorti; ci divertiremo guardando Goffin e Verdasco;   ma insomma qualsiasi semifinale diversa da Djokovic-Raonic sarebbe sorprendente. E sarebbe più emozionante baciare la propria sorella, come soleva dire Tommasi.

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