Berrettini, un progetto finalmente maturo e consapevole

Sono tante le ragioni per cui molti si aspettano che un ragazzo come Berrettini possa passare il prossimo decennio tra i top 15-20

Di Gabriele Ferrara

Erano anni che il tennis italiano aspettava un giocatore come Matteo Berrettini, fresco vincitore a Stoccarda e arrivato fino al numero 22 del mondo (52 settimane fa era n. 105, a inizio 2017 era addirittura n. 437).

Sono tante le ragioni per cui molti si aspettano che un ragazzo come Berrettini possa passare il prossimo decennio tra i top 15-20 (se non di più): fisico e servizio unici nel panorama nazionale, dritto con cui riesce a lasciare fermo qualsiasi avversario, maturità emotiva non banale, capacità di adattamento a tutte le superfici – nel 2019 è arrivato almeno in semifinale su terra, erba e duro – e consapevolezza della strada da percorrere per raggiungere i propri obiettivi. Qualità che molto spesso hanno fatto difetto ai nostri giocatori.

Berrettini, invece, non solo le ha, ma sembra perfetto per il tennis moderno, in cui la capacità di fare la differenza negli scambi sotto i cinque colpi è sempre più importante. Sono tante le occasioni in cui è difficile rispondergli, come visto la settimana scorsa a Stoccarda, dove non ha mai perso il servizio nelle cinque partite disputate, concedendo palle break soltanto in semifinale contro Struff e vincendo l’89% di punti con la prima, addirittura 41 su 44 in finale. È già la seconda volta che Matteo conquista un trofeo senza cedere la battuta, dal momento che era già accaduto l’anno scorso a Gstaad. Chi gioca contro di lui sa che è sufficiente distrarsi in due o tre punti di un proprio turno di servizio per perdere un set, proprio come accaduto a Felix Auger-Aliassime nel terzo game del primo set della finale di Stoccarda, in cui il canadese ha ceduto la battuta sbagliando un rovescio non particolarmente complicato. La pressione legata a tutto ciò è un capitale che Berrettini dovrà massimizzare nel corso di tutta la sua carriera.

Da questo punto di vista, sarà importante migliorare nella conversione e nel salvataggio delle palle break, nella percentuale di tiebreak vinti e di match conquistati al set decisivo. Non a caso, l’under pressure rating – un indicatore che considera tutti questi parametri – vede Matteo solamente al 54esimo posto considerando il rendimento delle ultime 52 settimane, mentre analizzando solo il 2018 si nota come non sia andato oltre la posizione numero 61. In tal senso, aver vinto il torneo di Stoccarda al termine di un tiebreak di 24 punti contro un giocatore già molto forte come Auger-Aliassime potrebbe essere un segnale importante per il futuro.

L’azzurro è bravissimo a fare la differenza nei primi punti dello scambio anche sulle superfici più lente. Per esempio, nel match di secondo turno di Roma contro Alexander Zverev, l’italiano ha vinto con un doppio 7-5 conquistando otto punti in più. Secondi i dati ATP, dei 150 punti giocati, 96 si sono conclusi con le tempistiche di cui sopra: di questi, Matteo ne ha vinti 53. Due giorni dopo, invece, nella sfida contro Diego Schwartzman ne ha conquistati solamente 34 su 77. In quella partita sono venuti a galla diversi aspetti su cui Berrettini deve crescere, tra cui la gestione mentale ed emotiva delle grandi partite. Infatti, era reduce dalla vittoria più importante della carriera, esaltata da tutti i media nazionali e che potenzialmente avrebbe potuto condurlo anche fino alle semifinali del torneo di casa. Ciò nonostante, si è dovuto fermare agli ottavi per poi disputare un Roland Garros piuttosto deludente. In particolare, al Foro Italico è uscito di scena per mano di un avversario che, pur non disponendo di un servizio particolarmente efficace, ha registrato il 34% di unreturned serves e addirittura il 32% sulla seconda, dato gravissimo se si pensa che l’argentino nell’ultimo anno in questa situazione di solito conquista il 48,7% dei punti (66esimo posto a livello ATP). Schwartzman è stato bravissimo ad approfittare di tutte le difficoltà in risposte di Berrettini, che ha problemi anche dalla parte del dritto, con cui a volte tende ad aprire in ritardo.

Il romano sta lavorando molto sulla reattività dei propri piedi, elemento cruciale per risolvere sia i suoi problemi in risposta sia quelli negli spostamenti. Da questo punto di vista, i progressi compiuti in questi anni sono stati notevoli, basti pensare alla differenza di rendimento nella risposta alla seconda di servizio e nei game vinti in ribattuta nel 2018 e nel 2019. Secondo l’ATP, dall’anno scorso i punti contro la seconda sono passati dal 45 al 48% e i break conquistati dal 15 al 19% dei game in risposta. I progressi sono evidenti ma non sufficienti. Benchè numero 22 del mondo, infatti, Berrettini è solo 64esimo per rendimento in risposta nelle ultime 52 settimane. La sua efficienza al servizio non gli richiederà mai di registrare numeri simili a quelli di Nadal, Djokovic e Fognini (i primi tre in questo ambito dal punto di vista statistico), ma la capacità di sfruttare le opportunità costruite sarà particolarmente cruciale per lui e per chi dovrà affrontarlo. Allo stesso tempo, ci sono margini di miglioramento anche al servizio, con cui potrebbe variare maggiormente le direzioni e i tagli per togliere riferimenti agli avversari. In particolare, potrebbe utilizzare un po’ meno la prima di servizio piatta sulla T da destra, che nel 2019 Matteo ha tirato nel 48% dei casi, ricavandone solamente il 61,8% dei punti. Anche se in queste circostanze riesce a vincere tanti scambi immediatamente, in tal modo non sempre riesce ad aprirsi il campo in modo ideale, specialmente sul duro. Così potrebbe massimizzare anche il rendimento del proprio dritto, un colpo eccezionale per velocità con cui riesce a comandare lo scambio, capacità di spinta, abilità nel cambiare in lungolinea, trovare vincenti da quasi tutte le posizioni e verticalizzare prendendo la via della rete.

Ma c’è di più, perché il numero 22 ATP è bravissimo anche a variare soluzioni all’interno dello scambio, con il cambio in lungolinea di rovescio che sta migliorando sempre di più e che utilizza anche nei punti importanti – si pensi al punto che gli ha consegnato la palla break nel terzo game del primo set della finale contro Auger-Aliassime, ma anche ad alcuni frangenti della finale di Budapest contro Krajinovic – e il dropshot che è già tra i migliori al mondo. D’altra parte, dal lato sinistro ci sono ancora lacune in fase difensiva e di manovra, mentre il back di rovescio non è ancora un colpo particolarmente sicuro ed efficace. Ad ogni modo, anche in questo caso i progressi sono evidenti e a Stoccarda ne abbiamo avuto una dimostrazione notevole. Matteo sembra essere assolutamente consapevole della propria forza e del fatto che non sia ancora un giocatore compiuto, come ha ribadito più volte anche nei momenti di maggiore soddisfazione. Al contempo sa cosa deve fare per ottenere il massimo da se stesso. Da questo punto di vista, è molto importante quanto sottolineato dal suo coach Vincenzo Santopadre, che durante il torneo di Stoccarda ha elogiato la capacità di adattamento del suo allievo all’erba, dopo che lo scorso anno aveva avuto diversi problemi in questo senso. In un’intervista rilasciata sabato scorso a SuperTennis, l’allenatore romano ha sottolineato i miglioramenti di Matteo anche sotto il profilo della gestione mentale delle sconfitte, come successo dopo il Roland Garros: “(Berrettini) Sta imparando a essere più leggero nelle sconfitte. Non che perdere faccia piacere, nessuna sconfitta è piacevole. Ma quella con Ruud l’ha vissuta meglio di altre, anche se non significa che non abbia ricavato una lezione anche da quella partita”. Si tratta di una leggerezza consapevole, quella di chi sa dove sta andando, dove vuole arrivare e come fare per riuscirci: “il nostro non è un progetto che si limita alla singola partita o al singolo torneo, va visto su una scadenza più lunga”. Intanto, però, l’Italia del tennis può essere ottimista.

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