Roger Federer e Serena Williams, la nuova ditta

Sodalizio inammissibile, si dirà, quello fra Roger & Serena, per motivi più che ovvi. Destinato a campi attigui, ma non sovrapponibili. Eppure è una vera coppia da cinema

Fosse stato possibile darle corda, renderla accessibile e attribuirle i colori della realtà, la Divina Antinomia che tutto rende possibile nel tennis, dalla grande bellezza del gioco alla sfida perenne tra schiere di tifosi a contrasto, avrebbe mostrato una coppia ancora più adatta dei Fedal a concedere plasma, carne e fluidi vitali alla perfezione assoluta degli estremi opposti: i Rogena.

Sodalizio inammissibile, si dirà, quello fra Roger & Serena, per motivi più che ovvi. Destinato a campi attigui, ma non sovrapponibili. Eppure coppia da cinema, se mai qualche regista volesse rinnovare, in purezza, il gioco degli abbinamenti più celebri, il cinismo brontolone di un Walter Matthau (lei in questo caso) e il candido perfezionismo di un Jack Lemmon (lui), la felicità del cazzotto risolutore di un Bud Spencer (ancora lei, ci mancherebbe) opposta all’astuzia suffragata da doti di pistolero inarrivabile di un Terence Hill… Per non dire di un Butch Cassidy sognatore visionario e impulsivo (lei) e di un Sundance Kid avveduto quanto spietato (lui).

Coppia che, tradotta al maschile, avrebbe garantito uguale numero di iscrizioni ai due Club più longevi del tennis (i federeriani e i nadaliani) aggiungendo però – da parte di Serena – la spezia raffinatissima di una vita condotta a velocità spaziale, nella quale tutto è da provare, tutto da assumere in dosi massicce, e tutto è oggetto della sua inestinguibile curiosità. Lei aperta e sperimentale e proprio per questo diversa da Rafa, che nella consolidata ditta dei Fedal, svolge il ruolo del conservatore lasciando a Roger quello del progressista.

Binomio che trasferito al tennis femminile, avrebbe invece offerto a Serena un’avversaria di puro talento ma sostenuta da invidiabili doti fisiche, come non ne ha mai avute, essendo durata non più di tanto – proprio per l’esiguità delle qualità muscolari – l’unica che l’abbia affrontata con le armi di una tecnica esclusiva, la belga Justine Henin.

Tutto questo per celebrare, nella stagione cui tutti chiedono novità e nuovi accessi al potere, un avvio sotto l’egida dei due Slammer più accreditati di questo secolo, seppure mediato dalle regole del doppio misto. Usa e Svizzera di fronte il primo gennaio nella Hopman Cup di Perth, Tiafoe e Serena contro Federer e Bencic, e dunque a tu per tu, per una volta, proprio i due che più hanno vinto: 23 Slam la Williams, con 5 Wta Finals nei 72 tornei vinti, e incassi per 88 milioni di dollari; 20 Slam Federer, con 6 Atp Finals e 99 tornei, per 107 milioni nel portafoglio. Due ex ragazzi del 1981, nati a 49 giorni di distanza (8 agosto lui, 26 settembre lei), che sono ancora in lizza a pieno titolo, Federer per arrivare a quota 100 e se gli riesce, vincere il nono Wimbledon, Serena per il primo titolo da mamma, cui tiene più di ogni altra cosa, il ventiquattresimo Slam che l’affiancherebbe a Margaret Court in cima al mondo. Due ex ragazzi che non smettono di parlare benissimo l’uno dell’altro, lei epicurea in tutto tranne nel “làthe biòsas”, il “vivere nascosti” di chi non ha intenzione di lottare in questa società per non arrecare turbamenti alla  propria felicità (figurarsi Serena, sempre al centro di ogni polemica…); lui invece ammaliato dal vivere di lei, ogni cosa, al cento per cento. Entrambi infine consapevoli che il tagliando stia ormai per scadere: «Non so se giocherò fino al 2020, ne parlerò con il mio Team a metà di questa stagione», dice Federer che sul proseguire fino ai Giochi di Tokyo non ha mai fatto promesse; «Se non avvertissi questa forte motivazione di regalare almeno una vittoria importante a mia figlia, forse mi sarei già fatta da parte», è il succo dei pensieri di Serena, espressi in più di un’intervista.

Ridotto in ciniche considerazioni, l’usato sicuro in apertura di un 2019 che chiede cambiamenti rapidi, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla stagione conclusa a novembre con la vittoria di Sascha Zverev nel tornei dei Maestri. È l’anno del super tie break al quinto set nello Slam australiano (si vince a 10 punti, invece che a 7), tanto per tenere disgiunti i quattro Major, con Parigi senza tie break al quinto, Wimbledon con il tie break ma sul 12 pari e Us Open con il tie break tradizionale. È l’anno della nuova Davis, che parte con le qualificazioni (due set su tre, i match) a febbraio e avrà la sua settimana da Campionato del Mondo a novembre. È l’anno del Transition Tour, una trovata ITF per ridurre il numero dei professionisti in classifica. È l’anno in cui sapremo se Torino avrà le sue ATP Finals, e se Wimbledon darà il via ai lavori di ampliamento nell’area vastissima acquistata davanti ai cancelli di Church Road. È l’anno che aspetta i giovani in vetta alla classifica. Forse… A meno che l’usato sicuro non faccia da filo conduttore anche per quest’anno.

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