Il pagellone completo della stagione 2018 WTA

Ben 36 giocatrici sotto la lente d'ingrandimento. Massimo dei voti per due di loro (Simona Halep e Naomi Osaka), note di merito per molte altre, mentre Serena Williams è la peggiore tra le insufficienze: impossibile non tener conto della sua follia nella finale dello US Open.

Premessa fondamentale: è impossibile giudicare soltanto 11 giocatrici, con una classifica che va da 0 a 10. I volti del 2018 sono stati tanti, per certi versi forse troppi (giudicherete voi stessi), per cui abbiamo deciso così: prima la top-10, poi la top-20, poi i principali rimasti.

I voti possono essere uguali, come dato, ma vanno ovviamente filtrati in base a quali giocatrici si fa riferimento, a quello che è stato il 2017, al loro percorso di crescita e alle aggiunte rispetto a inizio anno.

TOP-10

1. Simona Halep, 10. Soltanto nell’ultima fase di stagione ha tolto il piede dall’acceleratore, e se a New York fu colpita da ogni lato del campo da una Kaia Kanepi quasi ingiocabile (vero, non era prevedibile, ma è la stessa estone che sempre allo US Open fece sudare anche Serena Williams) poi è stata vittima di problemi piuttosto seri alla schiena. Il 2018 però va in archivio con tante soddisfazioni: è finalmente arrivato il primo titolo Slam, anzitutto, che ha legittimato ancor di più il comando nel ranking WTA con 61 settimane da numero 1 del mondo. Gli svarioni ci sono stati, compreso un 6-0 subito e soli 6 punti vinti nella finale di Roma contro Elina Svitolina, ma guardando la stagione nel suo insieme la rumena ha avuto tanta costanza di rendimento smentendo anche i pareri dei tanti che l’avevano inizialmente bollata come “peggior numero 1 di sempre” (Dio vi perdoni, voi che avete sempre pronto il modo per denigrare certi traguardi…) dopo la finale persa a inizio anno a Melbourne. Il 2019 sarà un po’ l’anno zero di questa fase, visto che sarà senza Darren Cahill e dovrà resistere, nella prima parte, a una forma fisica che difficilmente la vedrà subito al top.

2. Angelique Kerber, 9. Ha vinto la sua battaglia sportiva più importante: dimostrare a se stessa che quanto accaduto nel 2017 era frutto di tante componenti negative allineatesi e che la vera “Angie” era quella che dal 2015 aveva cominciato un crescendo di prestazioni e costanza durato circa due anni. 10 quarti di finale nei primi 12 tornei, due titoli, cinque semifinali. Non sempre ha saputo mettere in campo il livello spaziale visto in Australia, ma nel momento più opportuno ecco il jackpot con un meritatissimo trionfo a Wimbledon. Non c’è il ’10’ perché da lì in poi ha vinto pochissimo, ma questi mesi hanno avuto un sapore ben diverso rispetto ai due periodi post-Slam precedenti. Il primo fu causato soprattutto dal passaggio nella nuova dimensione sportiva, il secondo ha rappresentato una fine di un percorso molto pesante e gratificante, come il raggiungimento del numero 1, questo aveva molto più la sensazione del calo fisiologico che lei avrebbe comunque avuto perché dopo Wimbledon avrebbe staccato per la prima volta dopo 7 mesi a tutta e per una come lei è fondamentale essere in campo con le marce più alte, o arriva la fatica, e le difficoltà, e il nervosismo di una giocatrice che comunque ha una storia alle spalle in cui spesso è stata vittima dell’eccessivo essere negativa nei propri confronti. Adesso, però, con 3 Slam in tasca qualsiasi cosa può apparire con una luce diversa.

3. Caroline Wozniacki, 9. Anche per le la grande gioia del primo titolo Slam. La danese ha coronato il percorso iniziato allo US Open 2016 e nella prima parte di questo 2018 è arrivata la doppia gioia del Major e del rientro al numero 1 dopo 7 anni. Un’infinità. Forse, dopo tanti tentativi mancati, solo lei aveva ancora la cieca convinzione di potercela fare. Il titolo in Australia è stato qualcosa di speciale, peccato però che da lì in avanti il rendimento è crollato. La stagione su terra non le si addice, su erba ha pescato il jolly a Eastbourne e poi si è ripresa nella fase finale con l’importante titolo a Pechino. Un 9 meritato per i primi 4 mesi, un 9 che vuole avere il sapore di un incoraggiamento per il proprio futuro adesso che ha rivelato di aver contratto l’artite reumatoide. La sua carriera dovrà essere gestita con grande attenzione, anche per lei il 2019 verrà approcciato con tante incognite.

4. Elina Svitolina, 8,5. Il titolo alle WTA Finals ha alzato di due punti quello che aveva a tutti gli effetti il volto di un 6,5. Tolto Singapore, la stagione dell’ucraina è stata mediamente di buon livello. Tre titoli da gennaio a maggio e la costante impressione di poter essere sempre inserita nel lotto di favorite anche per le due categorie di tornei importanti: gli Slam e i WTA Premier Mandatory. Eppure, ancora, a Elina è mancato qualcosa e la sconfitta contro Mihaela Buzarnescu a Parigi ha lasciato segni evidenti sulla sua fiducia visto che per i successivi due mesi ha fatto molta fatica. Questa fase è poi aumentata, nella fase finale di stagione, prima di cogliere un successo fondamentale al Master. La migliore nel capire e nell’interpretare condizioni molto difficili, ha messo insieme 5 partite di grande determinazione e pur non giocando il miglior tennis della sua carriera è arrivata a sollevare il titolo più importante. Onore e merito.

5. Naomi Osaka, 10. Diciamolo subito: la lode non è arrivata solo perché ancora non riesce a interpretare bene la parte di stagione su terra ed erba. Per il resto, però, non possiamo non darle il massimo dei voti. Senza girarla troppo tra numeri e dati, diciamo due cose: non aveva vinto alcun titolo in carriera (né a livello WTA, né ITF, né junior) prima di Indian Wells; ha vinto il primo titolo Slam in una situazione in cui tantissime (se non proprio tutte) avrebbero probabilmente sofferto un forte contraccolpo psicologico. La situazione era questa: Serena Williams aveva perso la testa, arrivando fino al penalty game, e al cambio campo dopo aver tenuto il nono game del secondo set è andata dalla supervisor piangendo di rabbia e urlando il suo disappunto. Questo nuovo sfogo ha caricato ancor di più tutto il pubblico, almeno ventimila persone, che ha cominciato a far sempre più caos, a urlare, a fischiare pesantemente. Osaka, ancora ventenne (ne ha fatti 21 a ottobre), dopo il “time” di Carlos Ramos si è alzata andando a servire per chiudere la partita in un’atmosfera impossibile da descrivere ed estremamente difficile da gestire. E già una finale Slam porta con sé tensioni e sensazioni che noi probabilmente non potremmo mai capire. Ah, una cosa: Naomi, ed è tra i motivi per cui oggi ancora non riesce a parlarne, era convinta che tutti stessero fischiando lei che stava vincendo contro il loro idolo (motivo per cui poi ha subito chiesto scusa). In tutto ciò, 3 servizi vincenti e un ace. Soltanto applausi.

6. Sloane Stephens, 8. Il voto avrebbe forse potuto essere un pelo più basso, ma a conti fatti la stagione di Sloane ha avuto diversi picchi e (guarda caso…) sempre nei tornei che contavano. Vittoria a Miami, finali perse (con rimpianti) al Roland Garros, Montreal e Singapore. A conti fatti, avrebbe anche potuto chiudere l’anno al numero 2 del mondo, segno che in questa fase di carriera ha trovato la chiave giusta per sfruttare quel grande talento che ha nel rendere tutto molto facile. Il problema, semmai, è riuscire a utilizzarlo in più situazioni. È indubbio che ora lei riesca a ricavare il massimo del suo gioco quando le occasioni contano veramente, quando invece si trova nei tornei minori il livello è molto altalenante. Billie Jean King e Chris Evert facevano notare la stessa cosa a Singapore. Però dal rientro dopo il grave infortunio al piede ha cambiato (per sempre) la sua carriera, e dopo un anno importante in cui ha saputo raggiungere una nuova finale Slam, il voto non può che essere molto buono.

7. Petra Kvitova, 7,5. Una media perfetta tra il 9 di inizio anno e il 6 da giugno in avanti. Purtroppo, come per Svitolina, i risultati negativi negli Slam hanno una loro incidenza. Soprattutto, però, quel primo turno a Wimbledon dopo i 5 titoli WTA ottenuti fino a 10 giorni prima sa di beffa clamorosa. Era un’occasione d’oro, forse non tanto per tornare a vincere un Major ma per fare un cammino di alto livello, ma c’è arrivata con un po’ troppa tensione e un ginocchio malconcio. Il risultato è stato un ko contro Aliaksandra Sasnovich che per la WTA è anche il più grande upset dell’anno.

8. Karolina Pliskova, 7. Il voto ha soprattutto una ragione: la forza di essersi separata da Tomas Krupa e di aver deciso per un taglio radicale. Basta coach cechi, basta persone che (come diceva a Singapore) utilizzano una mentalità molto negativa. Rennae Stubbs sembra la persona giusta al posto giusto e già a fine anno si è vista una Pliskova molto più felice, rilassata, contenta di avere attorno persone che trasmettono grande passione in un modo diverso. Il 2019 la rivedrà a caccia di qualcosa di importante, avendo appena un Premier 5 come titolo più importante. Con Stubbs, o Conchita Martinez, l’obiettivo potrebbe anche essere meno impossibile.

9. Kiki Bertens, 8,5. Probabilmente la vera sorpresa dell’anno. L’olandese è stata in grado di esprimersi come mai l’avevamo vista fare fuori dalla terra e con grande costanza di rendimento, arrivando a interrompere un tabù che non vedeva olandesi in top-10 da ottobre del 1996 con Brenda Schultz McCarthy. Meritatissimo il titolo a Cincinnati, dove ha battuto in finale Halep, e in precedenza Pliskova, Svitolina e Wozniacki. Altrettanto meritata, seppur arrivata col ritiro della rumena, la presenza a Singapore.

10. Daria Kasatkina, 8. La finale a Indian Wells, i due quarti di finale Slam consecutivi, il titolo a Mosca che le ha dato la top-10. È stata una stagione molto importante per Kasatkina, con alti e bassi, ma dove si è tolta tante belle soddisfazioni. La conclusione in top-10, in questo momento, era il massimo a cui poteva aspirare, motivo per cui il 2019 per lei sarà forse un anno più che difficile, ma il percorso di crescita di questa ragazza sembra molto ben avviato.

TOP-20

11. Anastasija Sevastova – 12. Elise Mertens – 14. Julia Goerges – 17. Madison Keys, 7. Stagioni positive malgrado qualche problema di troppo lungo il cammino. La lettone e la belga hanno giocato “a completarsi”: la prima ha raccolto tanto dei suoi punti nella seconda parte di stagione, la seconda nella prima. Keys, invece, pur costretta a giocare sempre al limite con gli infortuni e la scarsa condizione generale (17 tornei, ma 4 conclusi per ritiro), è comunque riuscita a raccogliere due semifinali Slam. Per Goerges, invece, c’è la conferma del posto in top-20 preso nel 2017 e anche la soddisfazione per la semifinale a Wimbledon.

13 Aryna Sabalenka, 8,5. Avesse tenuto per tutto l’anno il ritmo della seconda metà di stagione era pronto un altro 10, anche perché la sua ascesa è stata in certi momenti travolgente. Partita al numero 73 del mondo a gennaio sarebbe stato clamoroso vederla tra le migliori 8, eppure a conti fatti il suo livello, da un certo punto del 2018, è stato quello. Nota finale di merito per la settimana di Lugano: in condizioni di grande piovosità il torneo è stato disputato praticamente tutto negli ultimi 3 giorni. Lei, pur facendosi largo in singolare verso la finale al primo main draw in carriera su terra, non ha comunque voluto disdegnare il doppio con la connazionale Vera Lapko. Morale della storia: 7 partite disputate tra venerdì e domenica (come lei Mertens, l’altra finalista, comunque più a suo agio qui), di cui 3 sabato. L’atteggiamento è quello giusto.

15 Ashleigh Barty, 7,5. Molto solida la seconda parte di 2018, con le due semifinali nei Premier 5 e il titolo a Zhuhai. Sarebbe bello, come riconoscimento a una delle giocatrici più varie e talentuose tra singolo e doppio, vederla arrivare in top-10 anche qui dopo aver già vinto uno Slam con CoCo Vandeweghe, ma il prossimo anno partirà dietro alcune candidate più importanti anche se la sua crescita, seppur magari non troppo netta, è comunque continua.

16. Serena Williams, 2. La prima insufficienza, e pensante, è per la grande campionessa statunitense. Se volessimo considerare solo l’aspetto tennistico, due finali Slam nell’anno del rientro sono ottimi risultati, ma non possiamo saltare a piedi pari quanto avvenuto allo US Open. Soprattutto, non è accettabile che una persona della sua classe e della sua esperienza perda le staffe in quel modo dopo aver ricevuto il secondo warning. Chiunque (fidatevi, chiunque tra giocatori, giocatrici e addetti ai lavori) sa che, anche se l’arbitro possa esser stato severo, dopo aver preso un punto di penalità bisogna smettere di protestare o si riceverà un game di penalità. Serena non solo ha continuato nella sua (vergognosa, perché in quel momento non aveva ragione di esistere) polemica sulla diversità di trattamento tra uomini e donne, ma ha anche con il suo atteggiamento aizzato la folla e rovinato la gioia del primo Slam alla sua avversaria, sommersa come tutti sul palco da una pioggia di fischi indegni di un pubblico inqualificabile.

18. Garbine Muguruza, 4. La seconda insufficienza del 2018 è per Muguruza, autrice di un’annata che l’ha vista precipitare dal numero 2 ai margini della top-20. Tante le sconfitte, tanti i momenti di difficoltà vissuti, pochissime le luci. Inutile aggiungere altro.

19 Caroline Garcia, 5,5. Il titolo a Tianjin rende un po’ meno amaro un anno dove la francese non ha saputo confermarsi e ha pagato le pesantissime cambiali di Wuhan e Pechino del 2017. Dopo essere arrivata al numero 4 del mondo, è precipitata anche lei ai margini della top-20.

20. Qiang Wang, 8. Incredibile il suo rendimento negli ultimi 3 mesi. Vittoria a Nanchang, medaglia d’oro ai giochi asiatici, vittoria a Guangzhou, finale a Hong Kong e Zhuhai, semifinali a Wuhan e Pechino. È cambiata la sua carriera, adesso però verrà il difficile, nel tentativo di raccogliere quanto di buono ha seminato e vedere se saprà ripetere una stagione da top-20.

ALTRE

22. Alona Ostapenko, 5,5. Era lecito attendersi di più dalla lettone, dopo l’ottimo 2017, ma la stagione è nata male con il grande ritardo sulla condizione fisica rispetto alle altre causato da una off season che non ha potuto essere più lunga di una decina di giorni. Trovata la condizione, ecco arrivare anche la finale a Miami, segno che gli exploit dell’anno passato non fossero casuali. Da lì alla semifinale Wimbledon ha avuto un ritmo che anche con qualche inciampo poteva tranquillamente tenerla tra le prime 10/15 del mondo. Cosa è successo, dunque? Un cambio di coach repentino con la mancata conferma, da parte della madre, di David Taylor. Jelena Jakovleva, per cercare un profilo che la potesse tenere in top-10, ha commesso un grave errore. Glen Schaap non ha ancora legato con la figlia come fece con rapidità Taylor e gli ultimi mesi dell’anno sono stati colmi di prestazioni negative anche causate da un problema al polso che ancora non le ha permesso di tornare in campo. Le stime dicono che dovrà star ferma ancora due settimane. Tutto ciò, molto probabilmente, riproporrà lo scenario di inizio 2018.

24. Mihaela Buzarnescu, 8. Stakanovista pura, gran parte del voto è dovuto al fatto che a metà 2017 era ancora ben oltre la top-400 e a metà ottobre entrava per la prima volta in carriera in top-100, a 29 anni. Consapevole di essere nel momento migliore mai avuto, ha continuato a giocare tenendo ritmi (come numero di partite) spaventosi cercando di raccogliere punti, letteralmente, ogni settimana per portarsi più in alto possibile. Risultato? Mettendo insieme tutti gli incontri tra singolare e doppio è come se avesse giocato dal primo gennaio a metà agosto senza pausa, più le oltre 100 partite da giugno 2017. Solo quest anno ha vinto il titolo a San José, ha fatto finale a Praga e Hobart, gli ottavi al Roland Garros e meritatamente si trova tra le prime 25 del mondo. Coraggiosa e determinata.

26. Camila Giorgi, 7,5. Per un’azzurra che ha raggiunto i quarti a Wimbledon, togliendo un set a Serena, forse il voto può sembrare un po’ conservativo. Il problema è se guardiamo l’annata nel suo insieme. È vero che oltre a quello ha fatto seguito il primo titolo dopo 4 anni, ma è altrettanto vero che per esempio a Linz il tabellone non faceva gridare l’impresa mentre in Inghilterra forse il vero punto esclamativo come possibile exploit è stato nel rocambolesco 6-4 al terzo set contro Sevastova, nell’esordio. Per il resto, Camila, in questo 2018 ha vinto le partite che doveva vincere, compresa quella indoor contro una Wozniacki lontana dalla propria miglior forma. Che è un merito, non fraintendeteci, soprattutto se fino ai 27 anni si è faticato ad avere continuità, ma se guardiamo contro chi ha perso non può non salire ancora qualche domanda: Bogdan, Kerber, Barty, Vekic, Keys (due volte), Sabalenka, Buzarnescu, Stephens, Jakupovic, Wozniacki, Williams (Serena e Venus), Bencic, Osaka, Krunic. Molte di queste sono, o sono transitate, per la top-20. Camila ha spesso fatto vedere di avere armi per competere, ma per provare ad avvicinarsi ai grandi/grandissimi traguardi che stiamo sbandierando da tempo serve invertire questa tendenza e in questo 2018 si è visto, a conti fatti, solo in un paio di circostanze.

29. Maria Sharapova, 5. Shamil Tarpishev in questi giorni sbandierava l’idea che potesse tornare al numero 1 del mondo con un po’ di partite a buon livello. I dubbi sono tanti: in questo 2018 piuttosto avaro di gioie, la russa ha avuto nel fisico un handicap chiave. Trascorso il primo quadrimestre con un polso dolorante, arrivata la terra battuta ha messo insieme qualche buon risultato e pur senza trovare l’exploit il fisico non ha retto, costringendola al forfait a Birmingham e poi a un brutto match a Wimbledon prima di una pausa di un altro mese. Altri due tornei, due ottavi di finale, e la chiusura della stagione per problemi alla spalla e l’inutilità, a quel punto, di continuare a giocare.

30. Aliaksandra Sasnovich, 7,5. Vogliamo premiare la bielorussa perché se è vero che Sabalenka ha vissuto un’annata ben oltre le attese, anche lei ha avuto grande costanza almeno per la prima parte dell’anno. Una leggera flessione a metà e poi la bella chiusura con il mantenimento della top-30 dopo essere stata fuori dalle 100 per quasi tutto il 2017 e aver cominciato l’anno ai margini. La finale a Brisbane le ha dato grande spinta, e negli Slam ha sempre vinto almeno un turno raggiungendo tre volte il terzo round (e in una di queste, Wimbledon, eliminando Petra Kvitova e salendo fino al 5-2 e servizio contro Ostapenko, agli ottavi). Eroina di Fed Cup nel 2017, ha continuato la crescita costante, un po’ più nell’ombra rispetto a Sabalenka ma dimostrando di giocare anche lei un bel tennis.

38. Venus Williams, 4,5. Non si salva neppure l’altra Williams. Venus, per essere ancora così in alto in classifica, deve ringraziare le due settimane di Miami e Indian Wells che le sono valse 605 degli attuali 1206 punti. La metà esatta. Per il resto spesso ha giocato sotto i suoi standard tornando molto più simile a quanto fatto vedere tra il 2011 e 2014. Nel 2019 gli anni saranno 39, quanta benzina le è ancora rimasta?

43. Kristina Mladenovic, 4,5. Non potevamo non considerare “Kiki”, protagonista di 3-4 mesi nel 2017 in cui aveva un ritmo da prime 3 del mondo (come tale era nella Race) e precipitata dopo un Roland Garros vissuto troppo ballando su un cornicione dove venti di tensione, pressione ed emotività soffiavano da ogni lato. La caduta, seppur nei quarti, fu fragorosa e l’infortunio successivo a Washington, forse trascurato, la portò a una fine molto negativa di stagione. Il 2018, purtroppo per lei, non ha fatto che proseguire su quel trend e quando è arrivato il momento di confermare tutte quelle cambiali pesanti non c’è stato verso di riproporre almeno lo stesso livello di gioco, scivolando inesorabilmente. Il doppio ha alleviato la situazione, ma l’annata in singolare non può che vederla con un’insufficienza.

58. Dayana Yastremska – 95. Anastasia Potapova – 98. Amanda Anisimova, 9. Nella sezione “giovani” loro non possono non essere incluse e con ottimi voti. Potapova (2001) ha preso i primi punti ranking a marzo 2017, un anno e pochi mesi dopo era già alla prima finale WTA. Perse. ma in una delle sfide più belle dell’anno contro Olga Danilovic (n.110, classe 2001, voto 8,5 con mezzo punto in meno per non aver concluso l’anno in top-100 come le altre). Anisimova (2001) ha raggiunto gli ottavi a Indian Wells prima di rompersi i legamenti della caviglia, star fuori 4 mesi, rientrare e centrare la prima finale in carriera a Hiroshima dominando tutte le 6 avversarie battute partendo dalle qualificazioni e perdendo soltanto di fronte a una maestra poco ortodossa come Su Wei Hsieh (voto 8). Mentre l’ucraina (2000) ha fatto una seconda parte di stagione in un crescendo continuo e se a New Haven Goerges l’aveva fermata soltanto per 6-4 al terzo set, nell’ultimo mese ha sfondato vincendo il titolo a Hong Kong e poi sfiorando la seconda finale consecutiva in Lussemburgo.

88. Eugenie Bouchard, 5. E siamo a 4: quarto anno di carriera buttato tra difficoltà e problemi di varia natura per una giocatrice il cui fascino sportivo brilla ancora di quella luce, opaca, dei fasti di un 2014 sempre più distante. L’aver concluso in top-100 è frutto di tre risultati: le due semifinali WTA a Gstaad e Lussemburgo e il secondo turno allo US Open partita dalle qualificazioni senza affrontare avversarie potenzialmente mine vaganti e pescando il jolly al primo turno della wild-card francese Harmony Tan, fuori dalle prime 300. 110 punti in ciascuno di questi 3 tornei (più i 20 delle qualificazioni in Lussemburgo), 350 su un totale di 692. E nonostante tutto, la sensazione è che se dovesse trovare le giuste motivazioni avrebbe comunque la capacità per spingersi ben più in alto di così. Non parliamo di top-10, o top-15, perché ci vorrebbe una costanza che forse non ha mai avuto, se non in quel momento dove tutto le stava girando fin toppo bene. Eppure le capacità per approfittare di un possibile buco nel tabellone di un buon torneo ci sono, e dunque ancora adesso che gli anni diventeranno 25 il suo nome verrà sempre visto come una potenziale mina vagante.

ALTRI NOMI

76. Radwanska, voto 9 (alla carriera). Aga ci mancherà, inutile nasconderlo. Tennista sempre capace di estrarre il coniglio dal cilindro, protagonista di una carriera di grandissima sostanza riuscendo a rimanere in top-10 per 10 anni in un momento dove pur senza la potenza di molte altre colleghe riusciva a lottare con molta più intelligenza e furbizia. Giocatrice di altissimo livello, a cui però è sempre mancato il doppio obiettivo di uno Slam e del numero 1 del mondo. Non sarebbe stato affatto uno scandalo ci fosse riuscita, ma il trionfo a Singapore 2015 può rappresentare un ottimo premio alla carriera.

102. CoCo Vandeweghe, 4,5. Alcune attenuanti ci sono: i diversi infortuni, e la finale a Stoccarda. Però la stagione di CoCo non può essere considerata in maniera positiva. Il momento di crisi personale avuto tra marzo e aprile lo dimostrano.

121. Kostyuk, 8. Un voto in meno rispetto alle altre giovani per gli ultimi mesi di stagione. Il ritmo della prima parte, fino a maggio, era tranquillamente da 10 (era fissa in top-50 nella Race, a nemmeno 16 anni) e gli ottimi risultati di inizio 2018 testimoniavano qualcosa di ben oltre le righe. Eppure, a conti fatti, è forse la giovane che ha espresso il picco più alto (e più duraturo) di tennis. Terzo turno in Australia, vittoria in un ITF da 60.000 dollari, altri due risultati importanti in Cina a marzo, poi Stoccarda dove ha impressionato battendo Alizé Cornet all’ultimo turno di qualificazioni (più di 100 posizioni di differenza, e le ha rifilato un parziale di 9-0 dal 4-6 1-2 al 4-6 6-2 4-0 dove era semplicemente perfetta) e perdendo soltanto per un soffio contro Garcia agli ottavi, riuscendo a rimettere in piedi una partita che la doveva vedere travolta dopo un primo set senza storia. Le è bastata una palla break per rimettere tutto in equilibrio e giocarsela veramente alla pari contro una top-10, simbolo di una testa molto focalizzata lì. Per il 2019 dovrà cominciare a lavorare su un carattere molto acceso, che la vorrebbe già a sfidare le migliori mentre dovrà di nuovo passare dalle qualificazioni a Melbourne, ma il potenziale di cui dispone è enorme.

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