Sorteggiati i gironi della Finals, rivincite per Cilic contro Djokovic e per Nishikori contro Federer

Domenica parte una delle Finals forse con meno appeal degli ultimi anni. Federer e Djokovic favoriti, come sempre. Le (poche) speranze nelle mani di Zverev e Thiem.

Il colpo di scena, annunciato come nei gialli di serie zeta, c’era stato nel pomeriggio, quando Nadal ha piantato baracca e burattini e si è deciso a risistemarsi la caviglia, dice. Certo che la stagione sul cemento di quello che fino a domenica era il numero 1 del mondo è un po’ il termometro dello stato pietoso in cui è ridotto il tennis della fine degli anni ’10. Nadal doveva fare 12 tornei sul cemento nel 2018. Bene, uno l’ha vinto (Toronto), nove li ha saltati (Brisbane, Acapulco, Indian Wells, Miami, Cincinnati, Pechino, Shanghai, Bercy e le Finals) e negli altri due, che erano slam, si è ritirato prima di finire il match di quarti (Melbourne) e di semi (New York). Non sarà colpa sua, come ci si deve affrettare a dire se non si vuole che si scatenino gli strali di quella o di quell’altra parte, ma insomma questo è il tennis dell’anno di grazia 2018, l’anno in cui la vittoria di Khachanov a Bercy è salutata come un’impresa che adesso sì, cambierà il tennis.

Ma un torneo di “maestri” si deve pur fare e quindi oggi c’è stata la cerimonia, con i nomi dei due gruppi che ricordavano due a cui tutti siamo affezionati ma insomma, Kuerten e Hewitt sono in effetti scelte giuste visto il parco giocatori. Nel gruppo Kuerten, quello di Djokovic, testa di serie numero 1, sono finiti Sascha Zverev, in chiara involuzione Lendl o non Lendl; Marin Cilic, che cercherà di trovare un modo diverso per regalare un altro match al serbo; e il giovane (ah ah ah) esordiente John Isner, una delle vittime di Khachanov, che in questo finale di stagione, dopo New York, era riuscito a perdere con Monfils e Gulbis.

Se Kuerten piange Hewitt ride pochissimo, perché se il Signore ci fa la grazia di tenere ancora in salute quello di Basilea, gli altri sono Kevin Anderson, così c’è la rivincita di Wimbledon (come no); Dominic Thiem che uno dice almeno ha vinto un torneo, poi vede ed è quello di San Pietroburgo contro Klizan in finale; e Kei Nishikori, sul quale tutte le speranze che abbiamo avuto negli anni si sono regolarmente infrante, tra infortuni e dritti ballerini.

Insomma, speriamo che si cominci almeno con le sconfitte dei primi due, perché il rischio di un torneo noiosissimo è molto, molto alto.

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