Nel tennis c’è un caso arbitri, ma Serena Williams non ha tutti i torti

Sessimo, accusa Billie Jean King, il giorno dopo la finale. E non è la sola. Tre i colpevoli: il coach per aver dato un consiglio inutile, Serena per le esagerazioni di cui è capace, ma anche l’arbitro...

Alla fine, che colpa ne ha la giovane Osaka se ha vinto gli Us Open? Nessuna, ovvio, ma se ne sta in disparte, fuori dalla festa che festa non è. Il pubblico rumoreggia, fischia, la tempesta non si è ancora placata, e Naomi Osaka piange, non di gioia, ma di avvilimento. Anche Serena Williams piange, ed è la rabbia a guidarla lungo la strada della rivendicazione, che spesso procede a un tanto così dal baratro della maleducazione. Eppure, punteggio alla mano, non c’è risultato più limpido: Naomi ha giocato meglio, ha colpi che fanno male e li ha usati tutti, a cominciare dal servizio devastante. Ha dominato il primo set, ha ripreso il secondo in rimonta.

Si compie, nel frastuono della protesta, un passaggio di consegne che avrà bisogno di ulteriori conferme, ma che è già possibile individuare nelle cifre del match, nei gesti tecnici delle due, nei modi di fare: fra le tante che ci stanno provando, l’erede di Serena è proprio lei, Naomi Osaka. La più diretta discendente. Una figlia. Se ne accorge anche Serena, che alla fine l’abbraccia. «Lei non c’entra», dice rivolgendosi al pubblico, «lei ha vinto il suo primo Slam con merito. Applauditela. Io mi rifarò. Lo sapete tutti che mi rifarò».

Sessimo, accusa Billie Jean King, il giorno dopo la finale. E non è la sola. Le danno ragione anche Vika Azarenka e James Blake: «Se quelle parole che ha detto Serena le avesse dette un uomo, nessun provvedimento sarebbe stato preso». C’è del vero, poco da fare. Nel tennis maschile volano parole ben più sanguinose, e tutti stanno zitti. Lo sa bene anche l’arbitro Carlos Ramos, che è stato uno dei tre protagonisti sbagliati della finale.

Tre, però, non uno solo. Non solo l’arbitro… Gli altri due sono Serena e il suo coach, Patrick Mouragolou, e tutti assieme hanno rovinato la prima vittoria di una tennista giapponese nello Slam. Si era sul 2-1 del secondo set, e nel primo Naomi aveva travolto Serena. Lì Mouratoglou ha inviato un messaggio alla Williams, sapendo che lei non lo avrebbe visto e non lo avrebbe raccolto, perché Serena – aveva ragione a dirlo, anzi, a urlarlo – non bara, non l’ha mai fatto. Però il consiglio è stato lanciato, e l’arbitro l’ha visto. Scatta il warning per coaching. Serena non ci sta e la mette sul piano personale, perché non sa – non ha capito, ma lo scopriremo solo dopo – che l’ammonizione è scattata per il gesto del suo allenatore. Dice infatti all’arbitro: «Lo sai che non faccio cose del genere, mi stai dando dell’imbrogliona davanti a tutto il Paese. Se guardo il mio box è per vedere le facce di chi mi vuol bene, non per ricevere consigli». Sul 3-1 Naomi fa scattare la rimonta. Serena commette due doppi falli e spacca la racchetta. Altro warning ed è penalty point: il game successivo comincerà da 0-15 per la Osaka. Serena torna a lamentarsi: «Dovevi togliermi quel primo warning, sai che non sono colpevole. Ora mi hai tolto anche un punto, sei tu l’imbroglione, sei tu il ladro, non io. Fai così perché sono una donna, con un uomo non ti saresti permesso». Scatta il terzo warning e il penalty game. Il 4-3 della Osaka diventa 5-3. Serena chiede il Supervisor (una figura del tutto inutile, visto che non può fare altro che ratificare la decisione dell’arbitro), è una furia, piange. Ma la partita è persa. Niente 24° Slam, niente prima vittoria da mamma.

Tre colpevoli: il coach per aver dato un consiglio inutile, a beneficio delle telecamere. Serena per le esagerazioni di cui è capace. Ma anche l’arbitro, che da regolamento ha preso tutte decisioni giuste. È questo il punto più spinoso della vicenda. Sta al giudice capire quando può farsi strada a colpi di regolamento, e quando – presa la decisione che deve prendere – è giusto preoccuparsi che la gara non vada in frantumi. Sarebbe bastato spiegare, far capire a Serena che cosa era accaduto, perché era stata presa la decisione, tranquillizzarla.

Questi Open hanno mostrato un arbitro scendere dal seggiolone per rincuorare un giocatore (Lahiany e Kyrgios) e un arbitro soffocare una finale a colpi di regolamento. Troppe differenze inconcepibili per uno sport ad alta professionalità come il tennis: questo Slam, vedrete, aprirà la porta a un tennis governato per via elettronica, non più dagli arbitri. Sull’esempio dei test effettuati l’anno scorso (che pensiamo saranno ripetuti quest’anno) al Master dei Next Gen a Milano.

Serena, in conferenza stampa, ha ribadito che Ramos è sempre stato un ottimo arbitro, ed è caduta dalle nuvole quando le hanno detto che Mouratoglou le aveva inviato segnali, dei quali si è anche assunto la responsabilità. «Chiarirò con lui», ha fatto sapere, contrariata.

E Naomi? «Quando Serena mi ha abbracciato, mi sono sentita una bambina». La figlia prescelta. Diventerà come la mamma? Speriamo non proprio in tutto.

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