A Wimbledon la nuova lezione di Angelique Kerber

Il titolo a Wimbledon, dopo una nuova vittoria contro Serena Williams, dopo un 2017 da incubo, rappresenta l'ennesima scalata compiuta da Angelique Kerber. Con 3 titoli Slam, ecco un biglietto di sola andata per la gloria.

C’è molto da imparare in questa avventura di Angelique Kerber. Il titolo a Wimbledon, il terzo Slam in carriera, è il nuovo passo di una maturazione che va oltre l’immaginabile. Riavvolgendo il nastro a prima del 2015, troviamo una ragazza che mostrava tanta insicurezza nascosta tra quel sorriso appena abbozzato, alle volte poco naturale, che ha vissuto per la maggior parte con una negatività che la portava sotto braccio fin dagli inizi della carriera.

Probabilmente nessuno avrebbe scommesso un soldo su di lei, forse nemmeno lei stessa quando cominciava ad avere i primi pensieri di ritiro nel 2011. La semifinale allo US Open le cambiò la vita, almeno in parte. E noi che criticammo Flavia Pennetta per una sorprendente sconfitta, oggi probabilmente rileggendo quelle parole penseremmo che la vita è strana, e i capovolgimenti possono essere all’ordine del giorno. Guardate proprio Kerber, a un solo punto dall’uscire di scena al primo turno dell’Australian Open 2016. Se Misaki Doi avesse realizzato l’ultimo colpo sul 6-5 nel secondo set, nulla di tutto questo sarebbe mai successo. Da lì, la terza resurrezione della carriera, la tedesca si è involata verso vette dove oltre alla bravura ci voleva anche qualcosa in più per non soffrire di vertigini. Coraggio, tanto coraggio, per farsi avanti e per fronteggiare chi camminava in vetta al ranking ormai da anni.

Si è lanciata in questa avventura a bassa voce, vincendo un primo Slam ma senza mai perdere quel basso profilo che ancora oggi i suoi fan apprezzano tantissimo. Alle volte bisogna forse spendersi per strapparle una dichiarazione che esca dai suoi canoni di chi si concentra sulla propria partita, punto dopo punto, per giocare al meglio il proprio tennis, ma poi in campo coinvolge e crea Abbiamo conosciuto diversi australiani a Melbourne che si sono innamorati di questo modo di fare, che nasconde uno spirito combattivo di grande valore. Fino al 2014 era una carriera importante, ma rimaneva defilata, nel limbo tra dentro e fuori la top-10, adesso invece si è presa di forza i titoli più importanti della carriera sconfiggendo una leggenda come Serena Williams. Tra Australia e Wimbledon, il match è stato vinto sempre con il coraggio di osare più di quanto avesse fatto fino a poco tempo prima. La Kerber del 2015, quella che vinceva 4 titoli Premier in pochi mesi, ha generato una giocatrice molto più efficace, che sembrava essersi smarrita lo scorso anno quando l’impatto con il numero 1 del mondo e il peso di quel risultato la stavano soffocando, ma come nei percorsi più belli anche nei momenti duri ha trovato lo spiraglio per riemergere.

Quando quest anno Kerber si è ripresentata in Australia (lei dice “il luogo dove tutto ebbe inizio”, ma se ci mettessimo veramente a contare quante volte sia ripartita, e ogni volta sempre più forte, non finiremmo più) abbiamo visto una giocatrice molto più consapevole della propria forza rispetto al 2016. Ha dominato le prime settimane, poi è arrivata a Melbourne e tra solidità difensiva e contrattacchi stava per far saltare il banco. Anche nella semifinale da urlo contro Simona Halep la sensazione, vedendola dagli spalti, è che fosse una giocatrice vera, consapevole fino in fondo dei propri punti di forza, forse anche più del 2016. Stava per ribaltare anche la sfida con la rumena nonostante le gambe fossero andate da ormai inizio match, giocando scambi pazzeschi ed esaltandosi a più riprese con il dritto lungolinea, vero colpo che sia oggi, sia nel 2016, aveva sorpreso Serena.

In tutti gli Slam vinti, c’è un momento chiave dove il dritto lungolinea ha girato la partita a suo favore. All’Australian Open, quando la statunitense stava servendo sul 4-5 con la palla del 5-5, Angelique la sorprese scegliendo una risposta lungolinea: il game si riaprì e due punti dopo vide il trionfo della tedesca. Allo US Open trovò, sul 3-3 30-30, il punto del torneo contro Karolina Pliskova, sorprendendola con un cambio in lungolinea perfetto. Oggi, sul 6-3 5-3 30-30, con Serena in rimonta, ha deciso di attaccare subito in lungolinea trovando la linea e ottenendo il match point.

Da semplice tennista capace di coprire il campo e ribattere colpi come se stesse giocando a ping-pong oggi è una tennista molto più efficace, che sa quando aggredire e quando pensare a contenere. Intelligente e diabolica con le sue traiettorie mancine tra un dritto molto stretto e un rovescio su cui spesso, quando viene attaccata, gioca un “secondo dritto” (lei è destra, dunque ogni tanto cerca di spingere comunque con un movimento simile al dritto). Soprattutto, ora sembra pienamente consapevole di una forza ritrovata. E se nel 2016 veniva mossa da tutto il lavoro fatto l’anno precedente e si avventurava a passi spediti verso la vetta del ranking, oggi è una giocatrice che pare molto più forte e che forse finora non ha raccolto quanto avrebbe meritato. È l’unica tennista al top ad aver raggiunto i quarti di finale in tutti i Major, e in generale in 10 dei 12 tornei disputati in questo 2018 che sta affrontando con la mentalità di chi vuole dimostrare che il 2017 è stato un anno a sé e che la vera Kerber è un’altra, consapevole dei propri limiti e perciò ancor più determinata a superarli rafforzando i propri punti forti. In mezzo, un’enorme spirito di abnegazione e un carattere da grande combattente che, alla fine, l’ha sempre portata a risorgere e a togliersi le soddisfazioni più incredibili. Questa è la lezione di Angie.

Dalla stessa categoria