Djokovic: “Nessuno mi obbliga a giocare, la vivo come una sfida”

Le dichiarazioni di Novak Djokovic dopo la vittoria contro Dutra Silva: "Quello che ha fatto del Potro è fantastico, spero di imitarlo".

Bentornato Novak. Stan ci ha appena detto quanto è difficile rientrare dopo un infortunio. Ci puoi dire quanto è stato difficile per te, e come ti senti rispetto allo scorso anno?
Beh, non ricordo onestamente come stavo l’anno scorso, ma sì, non è stato facile affrontare quello che è stato l’infortunio più serio e più duro di tutta la mia carriera. Sono stati 12 mesi durissimi, ma sono passati, ora inizio a sentirmi meglio, a giocare senza pensare troppo al gomito e senza avvertire dolore.

Una domanda sul tuo coach. Hai deciso di far tornare Marian Vajda, che ovviamente conosci molto bene. Come ti senti con lui, e qual è il vostro accordo?
Ogni anno è diverso dagli altri, specialmente tenendo in conto che per 12 mesi non abbiamo lavorato insieme. Io ho sempre considerato Marian un amico, uno di famiglia, qualcuno su cui fare affidamento anche nella vita privata. Con lui ho condiviso moltissimi momenti, da quelli più brutti a quelli meno felici. È fantastico avere lui e Gebhard Gritsch – il mio fitness coach – di nuovo qui con me, perché conoscono bene me ed il mio gioco. Ovviamente è una situazione particolare, c’è da gestire una fase post-infortunio, ma tutti remiamo nella stessa direzione.

E per il futuro? Il vostro accordo è fino al Roland Garros o va oltre?
Sì, fino al Roland Garros.

Parlando di infortuni, alcuni colleghi sono arrivati qui non in perfette condizioni, e da quando il tabellone è stato sorteggiato, se non sbaglio 9 giocatori si sono ritirati. Qual è il tuo pensiero sulla pianificazione della stagione, pensi che si possa fare qualcosa per prevenire una quantità così alta di infortuni?
È un tema complesso da trattare qui, certo è che noi tennisti, paragonati con sportivi di altre discipline, abbiamo decisamente la stagione più lunga di tutti. E non è piacevole vedere colleghi che si infortunano. L’ho vissuto anch’io sulla mia pelle nell’ultimo anno e mezzo, non è facile essere sempre al top sia fisicamente che mentalmente, dal primo gennaio a fine novembre, trovandosi a dover cambiare continuamente superficie, fuso orario, e tutto il resto. D’altro canto, è uno sport fantastico, che ci da davvero molto, e dobbiamo esserne grati.

Pochi sono in grado di essere introspettivi come te sulla propria carriera. Ci hai detto che gli ultimi 12 mesi sono stati, ovviamente, faticosi. Cosa hai imparato dunque su te stesso come persona e come atleta in quest’ultimo periodo?
Beh, ho dovuto raccogliere tutte le energie, diciamo così. All’inizio dell’anno, dopo 4 mesi e mezzo di inattività, avevo ancora dolore, e non sapevo in che direzione mi avrebbe portato. La stagione era alle porte, e non ero praticamente capace di servire. Sono stato messo in grado di giocare gli Australian Open, grazie ad una soluzione temporanea, ma alla fine non ho resistito e ho dovuto operarmi. È stato un po’ frustrante, perché la stagione già era al secondo mese, ma andava fatto. Come dico sempre, ogni cosa nella vita accade per una ragione, per cui non rimpiango nulla. Sta a noi capire perché certe cose accadono ed imparare da esse. Come ho detto prima, questo sport mi ha dato tanto, tantissimo, ma non sento di dover qualcosa al tennis o il tennis qualcosa a me. Fintanto che mi sento di poter giocare, continuerò a farlo, non mi sento obbligato da nessuno a stare in campo.
La vivo come una sfida, non sono il primo ad aver avuto un infortunio grave, e non sarò l’ultimo. Prendiamo del Potro, ad esempio, quello che ha passato per 2, 3 anni. Due operazioni serie, tornare a giocare, interrompere, tornare di nuovo. Ovviamente giocando male, all’inizio, e dovendosi ritirare  spesso… Ed ora è lì, tra i primi 5-10 del mondo. Queste storie sono fantastiche, stimolanti, e spero di riuscire a fare lo stesso.

Quanto è stato utile il torneo di Roma per la preparazione a questo torneo? Hai giocato un bel tennis lì.
Beh, sì, il Roland Garros è il torneo più importante su questa superficie, per cui è un pensiero ricorrente dare il massimo qui. Se analizziamo i tornei su terra di quest’anno, la prestazione migliore è arrivata al momento giusto, a Roma, giusto prima di Parigi. Di fatto, sono partito bene a Monaco, per poi calare a Barcellona e Madrid. Ma Roma è stato un torneo abbastanza positivo, che mi ha lasciato buone sensazioni. Onestamente, tornare a giocare 4, 5 partite di fila in un torneo mi ha fatto davvero bene.

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