Quando il tennis non è solo dei campioni, ma anche dei normali

Il post match di Martin Klizan è stato molto diverso da quello di Novak Djokovic, nonostante sia stato il primo a battere il secondo. Differenza di trattamento, ovviamente, ma anche differenza sostanziale di contenuti, obiettivi e pensiero tra un campione e un normale tennista.

dal nostro inviato a Barcellona

C’è tennis e tennis. Il tennis che vende, quello che ti fa riempire gli stadi, che fa aspettare i bambini anche ore sotto il sole nell’attesa di un autografo, che è poi lo stesso che finisce sulle prime pagine dei giornali ed è il più cliccato sul web. E c’è poi l’altro tennis, quello dei tennisti normali, quello giocato da persone umili che non si sono montati la testa, o che forse dopo tante difficoltà se la sono smontata per forza di cose. Quello che raccontiamo attraverso l’esperienza di Martin Klizan.

È iniziato da poco Rafa, è finita da poco la conferenza stampa di Djokovic, tutto sommato tranquillo il serbo dopo un match che sancisce ancora una volta che c’è tanto da fare per tornare al top. Nonostante l’ex numero uno del mondo non vinca più di due partite di fila in un torneo da oltre 10 mesi la sala è abbastanza piena. Tre telecamere lo riprendono, tanti fotografi e gli si domanda persino cosa ne pensa di Iniesta e come si è trovato con il pubblico che era sul Centrale (“È stato gratificante, sfortunatamente però anche stavolta la mia permanenza a Barcellona è stata breve”). Nel frattempo chi gestisce l’intervista sono almeno 4-5 domande che quasi implora: “last question, last question”.

Passa qualche minuto e sbuca una timida addetta che pronuncia tre parole “Klizan prensa ahora”. Deve ripeterlo una seconda volta a voce più alta per ottenere qualche reazione: qualcuno addirittura sembra sbalordito, uno vince una partita e vuole pure la conferenza stampa; qualcuno quasi offeso; qualcuno sorride. Quasi nessuno si muove dal posto e la sala delle conferenze rispecchia l’andazzo della sala stampa. Delle tre telecamere nessuno è accese a riprendere l’intervistato, intervistato che non c’è. Avvicinandosi si possono distinguere quattro persone in tutto, due dell’organizzazione, uno che fa domande e l’altro è Klizan. Seduto su una sedia. Mezza girata per guardare in faccia chi gli sta chiedendo del match.

Le parole che lo slovacco pronuncia sono molto meno aleatorie di quelle del collega qualche minuto prima. Nessun Iniesta, nessuna domanda sul pubblico, anzi le risposte molto diverse. Nelle parole di Klizan molta umiltà e molto guardare alla propria persona. “Non mi aspettavo di vincere, ho avuto match duri nei giorni scorsi (Klizan ha superato le qualificazioni, nda), mi sento in fiducia e questo è un premio per il mio duro lavoro”. Non fa una piega neanche quando viene stuzzicato chiedendo se questa può essere considerata la sua vittoria più importante. Minimizza, non solo per la condizione convalescente dell’avversario, ma anche sul tipo di partita: “La vittoria più importante è restare in salute e giocare bene, forse se fosse stata una finale Olimpica questa sarebbe stata la vittoria più importante, ma non direi lo stesso di questo match.” Dopo aver capito che non sarebbero arrivate altre domande ha salutato ed è uscito dalla sala con quelle poche persone che c’erano.

Dalla stessa categoria