Hyeon Chung: un robot al cospetto del Re

Hyeon Chung diventerà un campione. Vincerà più di uno Slam, arriverà ad essere numero 1 del mondo e magari anche il testimonial di famosi orologi, rinomate marche di pasta e costose automobili. Soltanto che il passo da futuro a presente può essere più lungo di quanto si pensi.


Il coreano è arrivato a questi Australian Open a fari spenti, lato positivo del non essere additato prematuramente con il titolo di “predestinato” (per eventuali dubbi chiedere a Grigor Dimitrov o Sascha Zverev). Aveva vinto le NextGen ATP Finals, ma prendere sul serio il risultato maturato in quella manifestazione era certamente un po’ azzardato.
Le prime due uscite a Melbourne non hanno sorpreso più di tanto, in quanto era prevedibile che battesse Mischa Zverev, multato dall’ ITF per non essersi impegnato abbastanza, e Daniil Medvedev, non proprio un amante delle grandi corse. Al terzo turno Chung trova il numero 4 del mondo, Alexander Zverev, e il match per quanto proibitivo, non si presenta certo impossibile. Il tedesco non ha convinto granché avendo vinto i precedenti match più per manifesta superiorità, che per una condizione di forma ottimale. Ecco infatti che il tedeschino si blocca di nuovo, prende 6-0 al quinto set, cedendo il passo a Hyeon, che approda agli ottavi. Il coreano è autore di una partita maiuscola, condotta con coraggio e autorità, sapendo soffrire nelle lunghe rincorse difensive e prendendo in mano lo scambio nei punti importanti. Accanto al nome di Zverev è segnato un 4, ma era davvero da considerare come uno dei maggiori favoriti per la vittoria finale, chi non è mai andato oltre il quarto turno in uno Slam?

Gli ottavi di finale mettono Chung di fronte ad uno che a Melbourne ha dimostrato negli anni di trovarcisi piuttosto bene. Si tratta di Novak Djokovic, che sotto il caldo sole australiano, ha trionfato per ben sei volte. Il serbo però non è più lo schiacciasassi del 2015, complice anche un infortunio al gomito che lo perseguita da ormai un anno. Nole, dopo alcuni mesi di assenza, è appena rientrato e pur non convincendo particolarmente, arriva illeso all’appuntamento della seconda settimana. Il favorito con Chung è lui. L’epilogo è noto. Il coreano mette in campo una solidità fuori dal comune, sconfiggendo Djokovic in tre set, surclassandolo principalmente negli scambi prolungati. Il paradosso, insomma. Chung ha fatto fuori l’ex cannibale del circuito, quello che rimandava tutto e che con doti atletiche impensabili per gli altri, arrivava a piazzare i recuperi in spaccata sulle righe. Ciò rende Chung il nuovo cannibale con effetto immediato?

“Just because you killed Jesse James, don’t make you Jesse James.”
                                                                    Mike Ehrmantraut, Breaking Bad


Probabilmente no, perché il Djokovic di questi AO 2018 aveva in comune con quello di due o tre anni fa solamente il nome e il taglio di capelli. Perfino lo sponsor è cambiato. Il serbo attualmente è l’ombra di se stesso e di ciò bisogna tener conto. Spesso si tende a sopravvalutare le vittorie dei più giovani contro i grandi campioni, che magari attraversano periodi bui delle proprie carriere. Basti pensare a quando Sascha Zverev batté Federer ad Halle nel 2016, o quando Borna Coric sconfisse Nadal a Basilea nel 2014. Sono vittorie certamente pirotecniche per l’impennata che possono determinare nell’autostima del giocatore, ma bisogna imparare, soprattutto per quanto riguarda gli appassionati, a prenderle con le pinze senza fare troppi paragoni e parallelismi. Accostare il Chung di oggi troppo vicino al Djokovic del 2015 significa non ricordare assolutamente cosa voleva dire affrontare il serbo allora. Un’annata in cui tutti quanti s’impegnavano, ci provavano, ma alla fine vinceva sempre Robo-Nole 2.0. Chung è stato comunque bravo a non farsi distrarre dal clamore mediatico generatosi intorno a lui, e a battere un avversario ostico come il controverso Tennys Sandgren. La testa di questo ragazzo, forse una selva di cavi e circuiti, è straordinariamente salda.

In semifinale se la vedrà con Federer, in quella che sarà senz’altro una partita rivelatrice. Aiuterà a capire quanto Chung faccia sul serio e quanto abbia intenzione di imporsi come alternativa ai soliti, grandi nomi. Lo svizzero finora, pur distraendosi di tanto in tanto, è stato inscalfibile e ciò può incutere ancora più timore. Federer non ha lasciato per strada nemmeno un set, il vero favorito del torneo è lui. Ancor prima del sorteggio dei tabelloni, tutti gli occhi erano puntati su Roger, che senza farsi pregare si è issato fino alle fasi finali del torneo. La sua strada per la semifinale non è stata poi così ardua, avendo affrontato avversari “tranquilli”, mentre la partita con il giovane coreano potrebbe rappresentare un’insidia non di poco conto per lui. Non essendosi i due mai affrontati, non è ben chiaro che equilibrio aspettarsi nelle dinamiche del match. Difficile predire se a prevalere sarà la corsa e la pressione da fondo del coreano o la varietà, la classe e la capacità di anticipo dello svizzero.

Chung è chiamato ad un esame di maturità, o ancora meglio ad un collaudo.
Dimostrerà che la trasformazione in androide è finalmente completa, o tradirà una natura ancora troppo umana?

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