Federer, quel che conta non si può contare

Se il numero 20 vi lascia a bocca aperta, provate a pensare a quello che non si può misurare. In mezzo c'è l'infinita passione per il tennis che Roger Federer non perde mai.

Perché oggi, come da molti anni a questa parte, in tanti scrivono e recitano numeri: i numeri fanno la Storia, ti elevano nei gradini dell’eternità, sono difficilmente cancellabili, non sono contestabili. Eppure c’è chi lo fa, chi ha da ridire e da mettere asterischi perché lo sport è passione e la passione non si concentra su numeri, non conta le volte, non vede alcuna obiettività dominatrice.

Ma se i venti (Venti, rendiamocene ancora conto, sono venti) Slam di Roger Federer oggi rappresentano un traguardo che sembrava impossibile quando Pete Sampras chiuse vittoriosamente la sua carriera agli US Open con un record di 14 titoli, se i 100 tornei vinti sono vicini, se tutti i record vari di Federer non sembrano nemmeno avvicinabili, ancora più incredibile sembra la sua longevità.

Nell’anno dei 37, dopo la gloriosa e sorprendente scorsa stagione, lo svizzero non sembra affatto sazio né saturo: e allora comprendi che quello che non avrà misura mai parlando di Roger Federer è la passione ineguagliabile che ha per questo sport. Una passione che lo ha portato ad uccidere la parte ribelle di sé (conservandone il giusto per manifestare l’infinito talento) per imparare a vincere, che lo ha spinto da bambino lontano da casa per inseguire una chimera, che gli ha permesso di rimanere con i piedi per terra quando tutto avrebbe potuto farlo volare nei cieli della presunzione, a volersi migliorare anche dopo i 30 anni, assumendo coach diversi, inventandosi schemi e colpi, rinunciando alla racchetta che lo ha portato a dominare negli anni, a non accontentarsi di quanto già ottenuto, a sostenere ore, giorni, mesi, anni di conferenze stampa, interviste, promozioni per qualcosa che ama più di se stesso.

A fare il padre in giro per il mondo, non lamentandosi mai per i 37749 batteri e virus presi dai suoi “mocciosi” e incassando sconfitte in giornate in cui avrebbe potuto e voluto dormire di più; a incassare tutti quei titoloni sulla fine del Campione che lo hanno caricato, a firmare milioni di autografi e a dispensare sorrisi anche quando ne aveva poca voglia. A superare la paura per la schiena ed il ginocchio nel 2016, quando tutto sembrava davvero finito e crederci, crederci sempre.

Tutto quello che di Federer non puoi contare è quello che conta perché lui oggi vinca ancora, superando vecchie e nuove generazioni devastate da infortuni, disinteresse, immaturità, calo di intensità, arrendevolezza. I sogni di Federer non sono finiti: uscendo dalla Rod Laver Arena tocca il tabellone luminoso di Steffi Graff, lei che di Slam ne ha vinti 22. Un nuovo obiettivo è fissato.

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