Un anno di tennis, febbraio: il brusio dopo la tempesta

A febbraio spazio alla Coppa Davis e a tornei minori. Si vedono Zverev e Kyrgios, Nadal perde ad Acapulco, Murray vince l'ultimo torneo della sua stagione, Federer regala un giorno di celebrità a Donskoy.

I giochi d’artificio di Melbourne si placano rapidamente e mentre Federer va in giro coccolandosi la Norman Brooks Challenge Cup gli altri perpetuano l’inutile rito della Coppa Davis, inutile retaggio di un tempo – neanche tanto bello – che fu. L’occasione rimane buona per i movimenti tennistici di seconda o terza fila, che per un week end hanno addosso i riflettori di chi proprio non riesce a fare a meno per qualche giorno di racchetta e pallina. La prematura uscita all’Australian Open induce Djokovic ad aggregarsi a Troicki, giusto il tempo per vedere che molte cose non funzionano, mentre come da tradizione gli altri non ci pensano neanche a farsi vedere. Spazio quindi al solito psicodramma italiano, che in Argentina ci prova in tutti i modi a perdere contro Pella e Berlocq ma alla fine deve arrendersi, a Fognini non riesce l’impresa e supera il buon Guido in cinque set, naturalmente dopo essere stato sotto due set a zero, ci mancherebbe.

Salvato l’italico onore i nostri rimangono in Sudamerica, spostandosi tra Buenos Aires e Rio o arrivando più a nord, a Quito e Acapulco. Lorenzi trova la finale in Ecuador, ma non gli basta neanche il match point, Fognini riesce a perdere contro Robredo, ai tempi numero 550 del mondo, e vince un paio di partite in Brasile tra Rio de Janeiro e San Paolo (per i più precisi: sono tre). Quei tornei li vincono Estrella Burgos (naturalmente Quito), Thiem (a Rio su Carreno Busta), e Pablo Cuevas che a San Paolo vince un’interminabile finale contro Alberto Ramos Vinolas. Da quelle parti il torneo più interessante però è il primo, quello di Buenos Aires, con la splendida vittoria nientemeno che di Alexander Dolgopolov che supera Nishikori con una partita praticamente perfetta.

Si gioca anche in Europa, in Francia, Olanda e Bulgaria, e persino negli USA, tra Memphis e Delray Beach. Tornei buoni per riempire carnieri non di prima linea, anche se il torneo di Rotterdam ha i suoi bravi quarti di nobiltà. In ogni caso Dimitrov vince in casa, a Sofia, Zverev il piccolo a Montpellier, Tsonga fa doppietta tra Rotterdam e Marsiglia, prima contro Goffin e poi contro Pouille. Negli USA c’è il solito infortunio di Raonic, a Delray Beach, in finale contro Sock, e la vittoria di Harrison a Memphis.

La settimana finale di febbraio però si torna a fare parzialmente sul serio, o quantomeno funge da viscere da consultare. A Dubai il re torna a farsi vedere, giusto in tempo per rimediare una clamorosa figuraccia contro Donskoy, l’unico a batterlo nei primi sei mesi di stagione, dopo che Federer ha avuto tre match point, due sul suo servizio, ha servito per il match ed è stato 5-1 nel tiebreak del terzo. Murray annulla sette match point a Kohlschreiber nei quarti e poi vince il torneo ma le notizie serie arrivano dal Messico.

Ad Acapulco infatti Djokovic si trova ad affrontare in successione del Potro, che era tornato a Delray Beach perdendo solo in semi contro Raonic, e Nick Kyrgios, che non aveva mai affrontato prima. Contro delPo Djokovic si trova sotto 4-3 e break nel terzo, ma l’argentino crolla sulla linea del traguardo. Con l’australiano la storia è molto diversa perché Nick gioca un incontro di una solidità impressionante, rifila 25 ace al serbo, e alla fine del secondo set, dopo aver vinto il primo al tiebreak, lo stordisce con una clamorosa serie di 8 punti a zero che chiudono l’incontro. Ma in Messico c’è anche Rafa Nadal, che arriva in finale senza perdere neanche un set ed è strafavorito contro Sam Querrey, anche se non vince un torneo sul cemento da tre anni. Querrey ha eliminato Goffin, Thiem e vinto una semifinale contro Kyrgios in versione Hyde. Nadal vince appena 4 punti sul servizio di Querrey nel primo set e nel secondo non trasforma sei palle break. L’epilogo non può essere che il tiebreak, che Sam vince senza concedere più nulla.

Tutto è pronto per i due mille statunitensi.

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