Lo Slam di nessuno

Questo non è lo Slam dei giovani e i primi due turni non hanno perso tempo a farcelo capire. Erano attese conferme, che anche stavolta sono state tradite.

L’ecatombe è iniziata con (la spalla di) Nick Kyrgios, che non ha voluto saperne di soffrire in campo pur non essendo al meglio della condizione ed è proseguita con Sascha Zverev, a cui le partite Slam continuano a risultare indigeste. Il quadro è stato completato da un tennista forse non più così giovane come Grigor Dimitrov, che ha tolto il disturbo contro Andrey Rublev, al termine di un match giocato in punta di piedi, quasi a non voler dare fastidio al suo avversario. 
Erano loro tre a rappresentare le più valide alternative ai soliti noti e nello specifico, il tedesco ed il bulgaro avevano trionfato nei due Master 1000 nordamericani rispettivamente di Montreal e Cincinnati. Un ottimo biglietto da visita per un torneo dalle condizioni così simili a quelli precedentemente giocati. Evidentemente, la consapevolezza di avere i riflettori puntati addosso dopo i recenti exploit ha giocato un brutto scherzo a questi ragazzi, di fatto scomparsi dal campo nei momenti importanti.

Zverev ha addirittura steccato due tiebreak consecutivi contro Borna Coric, che ha aggiunto più varietà al proprio bagaglio tecnico, ma è comunque molto più indietro in classifica rispetto a lui.
Difficile invece da spiegare pienamente cosa sia passato per la testa di Dimitrov. Il bulgaro è salito sul 5-2 contro Rublev e da quel momento non ha più giocato. Il giovanissimo tennista russo ha interpretato alla grande un match che lo vedeva sfavorito alla vigilia, ma non ha trovato dall’altra parte della rete un giocatore pronto a dar battaglia. Ha trovato il Dimitrov versione non-2017, quello che gioca una meravigliosa accelerazione, per poi sbagliare malamente il colpo successivo. Un vero peccato per Grisha, che dopo la semifinale raccolta agli Australian Open ma soprattutto il titolo in quel di Cincinnati, si è ancora una volta perso tra le incertezze che continuano a segnare la sua carriera.
Di Nick Kyrgios è meglio non parlare, anche se sarebbe interessante capire perché giocare (e vincere) una partita di doppio, il giorno dopo aver attribuito la responsabilità di una gravissima sconfitta ad un infortunio alla spalla. Le magie della medicina forse, quelle dell’indolenza molto più probabilmente. L’australiano è così, prendere o lasciare.

Alla luce di quanto detto, è evidente come questo US Open non sia lo Slam dei giovani, ma ciò non permette nemmeno di affermare che sia lo Slam dei vecchi. La finale della scorsa edizione ha visto contendersi il titolo Stan Wawrinka (32) e Novak Djokovic (30) e nessuno dei due è presente ai blocchi di partenza, come nemmeno il campione del 2012 Andy Murray. Ovvietà, chiaramente. Basta però gettare uno sguardo al tabellone per accorgersi che nomi solitamente presenti anche alle porte della seconda settimana, non hanno nemmeno superato il primo turno.
Richard Gasquet ha salutato New York all’istante cedendo a Leo Mayer, Fabio Fognini ha lasciato via libera a Stefano Travaglia in uno dei match più impronosticabili di questa edizione. Pablo Cuevas sta ancora rifiatando dopo i grandi risultati ottenuti in primavera, il nostro Andreas Seppi non è riuscito ad opporsi allo strapotere fisico di Bautista-Agut. Nemmeno il big server Ivo Karlovic ha raggiunto il secondo turno, come Gilles Simon e David Ferrer, fino a poche stagioni fa non impossibili da trovare ancora in corsa alla seconda settimana. Perfino Marin Cilic ha perso al terzo turno per mano di Diego Schwartzman.

La situazione non è quindi rosea neanche per la vecchia guardia, non solo per chi non c’è, ma anche per come sta giocando chi ancora c’è. Si tratta dei due dominatori della stagione Roger Federer e Rafa Nadal, che al momento non hanno convinto più di tanto. La schiena svizzera scricchiola sotto il peso di una stagione, oculata per certi versi, ma sfiancante per altri. L’otto volte campione di Wimbledon è un lontano parente del fenomeno ammirato solo qualche mese fa sui prati di Church Road. Cinque set sono stati quelli necessari a domare Francis Tiafoe e Mikhail Youzhny, prima di un certo miglioramento contro un Feliciano Lopez troppo evanescente.
Se recuperare da un infortunio a torneo in corso può essere troppo anche per Roger Federer, diversa è la situazione di Rafa. Il maiorchino sembra stanco, appannato anche a causa della massacrante stagione su terra battuta in cui ha lasciato le briciole agli avversari. Nadal si è trovato sotto di un set e di un break contro il modestissimo Taro Daniel, salvo poi recuperare per manifesta superiorità. Il dieci volte vincitore del Roland Garros sta giocando male, ma guardandosi intorno avrà già capito che con una lieve impennata di livello, tornare a vincere a New York non è affatto impossibile.

È uno Slam strano questo di fine stagione, con molti che giocano male e pochi che possono dirsi soddisfatti del proprio rendimento. È così che potremmo assistere all’exploit di Sam Querrey a quello di Kevin Anderson, o anche al ritorno al successo di Juan Martin del Potro magari.
Questo US Open non sarà certamente un torneo da ricordare per la qualità espressa, ma probabilmente per la democrazia offerta. Essendo questo lo Slam di nessuno, non c’è motivo per cui non possa essere lo Slam di tutti.

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