WTA Miami: Konta, ora è tutto così facile

Il successo nel torneo di Miami è la prova ultima degli incredibili progressi fatti da Johanna Konta negli ultimi mesi. Per Caroline Wozniacki, invece, continua la maledizione.

Alzi la mano chi tempo fa credeva che la semifinale all’Australian Open, nel 2016, rappresentasse per Johanna Konta il vertice più alto della carriera. Giocatrice rivelatasi con un po’ di ritardo, persa fuori dalla top-200 per troppo tempo a cavallo dei 20 anni e che solo a 23, con il periodo di tornei sull’erba, aveva ottenuto l’agognata top-100.

Aver totalizzato punti in quel frangente però era anche merito dell’organizzazione dei tornei di casa, sempre ben disposti a dare wild-card ai propri atleti. Poi, nel 2015, dopo essere rientrata oltre la centocinquantesima posizione mondiale, la definitiva esplosione e la crescita che l’ha portata in 6 mesi da essere una giocatrice da ITF a battere Simona Halep e salire 5-1 al terzo set contro Venus Williams a Wuhan, torneo Premier 5. Nel mezzo anche 2 successi su Garbine Muguruza, finalista in quella stagione a Wimbledon.

Ad inizio 2016 lo Slam australiano, il successo su Venus all’esordio, il cammino perfetto con tanto di match emozionante agli ottavi contro Ekaterina Makarova (9-7 al terzo) per scrivere i primi record del tennis britannico e tornare con un tuffo nel passato agli anni ’80 ed a Jo Durie. La stessa Jo Durie che ieri scriveva su Twitter tutta la sua gioia per il primo trionfo a Miami di una giocatrice britannica, targato “Konta”:

Quel risultato, a Melbourne, si è rivelato il trampolino di lancio per una seconda parte di carriera ricca di gioie e primati, con Venus Williams sempre (suo malgrado) protagonista: all’Australian Open, nella finale di Stanford che ha consegnato a Konta il primo titolo WTA in carriera, e questa volta a Miami, battuta in semifinale.

In Florida il successo finale contro Caroline Wozniacki è stato accompagnato da una performance eccellente e dal match point forse più bello che potesse chiedere

Il lob, il colpo che concede tutto il tempo per pensare 1000 volte “è buono – no è lungo”, ed in quei momenti quella traiettoria sembra non scendere mai e l’adrenalina dentro vorrebbe poter manifestarsi in tutto il proprio essere. Il pubblico intorno che comincia a crederci, le urla che si alzano. Wozniacki ha chiamato la disperata verifica, probabilmente sapendo che la palla era buona, ma a quel punto perché andare a casa con un hawkeye? Di questi tempi non si fa la collezione. Johanna, nel frattempo, di là dalla rete era già con gli occhi lucidi e le mani sul volto. Se avesse dovuto ripetere il punto sarebbe stato un trauma.

Negli ultimi mesi, solo considerando i tornei Premier Mandatory (che poi sono i più importanti del circuito WTA) Konta è stata in finale in 2 degli ultimi 3. A Pechino, ad ottobre, si è arresa ad Agnieszka Radwanska dopo un primo set giocato alla pari, ieri ha saputo fare quello scatto in più facendo vincere il suo gioco offensivo contro una delle migliori giocatrici in fase di contenimento e contrattacco. Non era scontato, perché nella semifinale Konta aveva commesso 40 errori gratuiti, numero che non avrebbe mai potuto permettersi nel match che valeva il titolo. Invece ieri è stato tutto più facile, riuscendo a tenere Wozniacki lontana dal campo il più possibile e limitando gli errori col dritto.

Per la danese, invece, la terza sconfitta consecutiva in una finale ricopia l’unica circostanza in cui si era verificata: a cavallo tra lo US Open 2014 ed Auckland 2015, con in mezzo la finale a Tokyo. Il bilancio rimane più che positivo (25 titoli e 20 sconfitte), ma da settembre 2014 il dato è 3-7 con vittorie in Malesia, contro Alexandra Dulgheru, Tokyo e Hong Kontg (dove batté Naomi Osaka e Kristina Mladenovic). Putroppo per lei continua la maledizione dei titoli importanti, visto che sia qui in Florida che un mese fa a Dubai poteva mettere le mani sul titolo più importante da Indian Wells 2011 ed invece è stata in entrambi i casi sconfitta: contro Elina Svitolina, nell’emirato, c’era una condizione fisica di generale stanchezza dopo 2 settimane intere quasi sempre in campo (ma doveva far valere l’enorme esperienza a suo conto, rispetto ad una rivale alla finale più importante della giovanissima carriera); ieri invece partiva probabilmente coi favori del pronostico perché la superficie la favoriva e già nel torneo aveva avuto a che fare con un match di questo livello, gestendolo in maniera eccellente (contro Safarova). La meno dolorosa del trittico è probabilmente quella contro Karolina Pliskova a Doha, ma difficilmente la vedrà in maniera positiva. Inoltre, non ci sarà (o almeno verrà rimandato) l’ingresso in top-10.

Tre mesi, tre finali, eppure Wozniacki non riesce ancora a sorridere. Konta invece sì, lei che in questo momento si trova al settimo cielo.

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