L’anno che cambiò per sempre la rivalità tra Sampras e Agassi

E cioè il 1995: l'anno dello spot che tutti quelli che c'erano si ricordano, dei tie-break decisivi e delle cinque finali, compresa quella di Miami.

20-14: la rivalità tra Sampras e Agassi è sempre stata questione di dettagli, di momenti, di punti importanti. Non c’è mai stato un vero dominatore, anche se Sampras è sempre stato avanti nei confronti del suo rivale. Fino al 1995 la rivalità tra i due connazionali era una rivalità di un certo livello, ma non molto diversa da tante altre: in sei anni si erano affrontati dodici volte, di cui tre volte in finale (una agli US Open) e due volte negli Slam. Il conto degli Slam vinti e dei tornei vinti era in favore di Sampras e lo sarà per il resto della loro carriera: Pete ne aveva già vinti cinque contro i due di Agassi (31-24 in totale) ed era reduce da un 1994 in cui aveva scavato un solco di un certo rilievo tra sé e quello che sarebbe diventato il suo più grande rivale. Nel 1994 Sampras aveva infatti vinto due Slam (Australian Open e Wimbledon), la Tennis Masters Cup e tre di quelli che oggi chiameremmo Masters 1000: Indian Wells, Miami e Roma, il torneo su terra battuta più prestigioso vinto da Pete. Agassi chiuse quell’anno al numero 2, ma a una distanza considerevole da Sampras, e riuscì ad accorciare il distacco solo grazie ad un’ottima seconda parte di stagione, nella quale vinse gli US Open, il secondo Slam in carriera, oltre ai Masters di Toronto e Parigi Bercy. A fine anno il ranking diceva che tra Sampras e Agassi c’era un distacco di quasi 2000 punti, Sampras era oltre i 5000 e Agassi intorno ai 3000.

Il 1995 cambiò radicalmente le cose tra i due: non tanto negli equilibri tennistici, ma nella percezione esterna del valore di un match tra Pete Sampras e Agassi. Il 1995 è l’anno in cui Agassi vinse l’89% dei match giocati, la percentuale più alta di tutta la sua carriera; Sampras chiuse con un 81%, ma con uno Slam in più, gli US Open, che in sostanza decisero la classifica a fine anno, con Pete poco più avanti di Andre. Quella degli US Open fu una finale spettacolare, ma non l’unica di quell’anno, e probabilmente non la più spettacolare: nel complesso, Sampras e Agassi si affrontarono cinque volte, tutte in finale, e sempre in tornei molto prestigiosi. Sampras vinse a Indian Wells e US Open, Agassi si prese Australian Open, Miami e Montréal. Il 1995 fu anche l’anno del celebre spot girato sulle strade di San Francisco, in cui i due scendono da una limousine, montano una rete in mezzo al traffico e cominciano a scambiarsi pallate: uno degli spot più iconici degli anni ’90, e Nike non poteva che scegliere loro due per girarlo (tant’è che 20 anni dopo, Nike ne girerà un altro per celebrarne l’anniversario). Poco prima di affrontarsi nella finale di Miami, nella rivincita della finale di dodici mesi prima, vinta da Sampras per 5-7 6-3 6-3, Sampras disse: “Spero che io e Agassi riusciremo a portare il tennis ad un altro livello. Il tempo ci dirà se la nostra rivalità sarà paragonabile a quella tra Borg e McEnroe”.

Key Biscayne dirà che sì, le partite tra Sampras e Agassi meritavano di stare in una sezione speciale della bacheca del tennis, per il contrasto di stili, non solo quello in campo, per la gelida implacabilità di Sampras che cozzava così bene con l’istrionica resistenza di Agassi e perché questi due statunitensi figli di immigrati stavano portando il tennis ad un livello inedito. Dopo la finale di Melbourne (vinta da Agassi per 4-6 6-1 7-6(6) 6-4) e quella di Indian Wells (vinta da Sampras 7-5 6-3 7-5), i due si ritrovarono di fronte a Miami, un torneo che Sampras aveva vinto due volte di fila e in cui non perdeva ormai da tre anni, quando Chang lo aveva battuto ai quarti dell’edizione del 1992. Agassi, dal canto suo, era partito come mai gli era capitato in carriera: vittoria e Melbourne e San José, finale a Indian Wells e semifinale a Philadelphia. A Miami, torneo che aveva già vinto nel 1990, arrivò in semifinale cedendo 21 game in otto set, ma contro Magnus Larsson, testa di serie numero 12, venne costretto a una sfibrante battaglia, chiusa 7-5 4-6 7-6(1), in una partita disturbata dal vento. Nella semifinale successiva, Sampras si trovò di fronte un altro svedese, Jonas Bjorkman, ma al di là del primo set perso, lo superò agevolmente lasciandogli un game nei successivi due parziali.

“È la finale dei sogni”, scrisse il New York Times, e per una volta si possono anche perdonare i retorici titoli che accompagnano di solito questi match. Sampras e Agassi, ormai, arrivavano sempre in finale, e ogni loro finale poteva finire in qualsiasi modo. Agassi aveva vinto la finale degli Australian Open grazie soprattutto al tie-break del terzo set, Sampras si era preso una parziale rivincita vincendo per tre set a zero la finale di Indian Wells. A Miami era difficile dire chi sarebbe stato il vero favorito, ma Agassi aveva una motivazione in più: il padre aveva appena subìto un’operazione al cuore e il Kid riassunse sobriamente la situazione: “Mi aveva fatto il culo a Indian Wells, per cui promisi a mio padre che gli avrei restituito il favore”. E poi ad Agassi era rimasto il ricordo della bruciante sconfitta subita in finale l’anno prima: Sampras, per via di un’intossicazione alimentare avrebbe dovuto dare forfait, ma Agassi non accettò di vincere in quel modo e acconsentì a ritardare la partita, finendo per perderla in tre set.

Il 1995, poi, fu anche l’anno in cui Agassi decise di assumere Brad Gilbert, quello di Winning Ugly, un allenatore che riuscì a convincerlo che nel tennis, a volte, occorre venire a patti con le proprie convinzioni. Il nuovo approccio mentale portato dal coach aveva fatto diventare Agassi una specie di macchina imbattibile nei tie-break, in genere il momento più delicato in una partita: prima della finale di Miami Agassi ne aveva vinti cinque su sei, compreso quel celebre tie-break nella finale degli Australian Open contro Sampras, nel quale Pete si era trovato avanti 6-4, ma non era stato capace di convertire uno dei due set point che gli avrebbero dato il 2-1. Anche il torneo di Miami viene deciso da un tie-break: nei primi due set, Sampras e Agassi si erano spartiti i due parziali in maniera piuttosto netta, 6-3 per Sampras e 6-2 per Agassi, ma a fare la differenza era stato un inaspettato crollo di Sampras quando il match sembrava sotto il suo controllo. Avanti 6-3 2-2 e con tre palle break a disposizione, Agassi sembrava ormai con le spalle al muro. Invece Andre vinse quel game, cominciando una striscia di 19 punti consecutivi che si interruppe solo al terzo punto del terzo set. “Non sono stato abbastanza aggressivo, e così il match è girato”, disse Sampras.

Nel terzo set non ci furono break e così a decidere fu il tie-break: Sampras, uno dei migliori servizi della storia, aveva un conto disastroso (1 vinto e 8 persi), mentre quello di Agassi rasentava la perfezione. A quel punto, la matematica era piuttosto semplice: Agassi vinse il tie-break senza sudare, 7-3, e accorciò tanto negli head-to-head (8-7) che in classifica, avvicinandosi pericolosamente al numero 1 di Sampras, distante appena 227 punti. Si ritroveranno in finale al Roland Garros, giocandosi in un colpo solo numero 1 e Career Grand Slam? “Sarebbe magnifico”, disse Agassi. Le cose andarono in maniera diversa, ovviamente: Sampras, che nel frattempo aveva perso il numero 1, venne sconfitto al primo turno da Gilbert Schaller, best ranking al numero 82 del mondo; Agassi perse ai quarti, in tre set, contro Yevgeny Kafelnikov. Ma sull’aereo che li avrebbe portati a Palermo, sede della sfida di Coppa Davis contro l’Italia, entrambi devono aver desiderato di giocarsela a Parigi per vedere chi era il più forte. Nel 1995 ogni cosa sembrava possibile, tra quei due.

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