Dopo le Williams, anche Petra Kvitova e Bethanie Mattek Sands nella trappola degli hacker

TENNIS – Di Diego Barbiani

Il gruppo hacker hacker di ‘Fancy Bears’, l’organizzazione criminale che è riuscita ad accere al server della WADA ed a scoprire i dati sensibili di decine di centinaia di atleti, non si fermano.

Ieri sera, sul loro sito internet, è apparsa una seconda tranche di atleti con esenzioni terapeutiche a cui, dunque, veniva concesso di assumere sostanze altrimenti ritenute proibite. Tra i tennisti i nomi che vengono fatti sono quelli di Petra Kvitova e Bethanie Mattek Sands, entrambe a medaglia nella competizione a 5 cerchi: la ceca con un bronzo in singolare, la statunitense con la medaglia d’oro nel doppio misto. Tra gli altri personaggi di spicco, si leggono i nomi di Bradley Wiggins e Christopher Froome, stelle del ciclismo britannico. 

Ancora una volta è bene ricordare che questi atleti non hanno commesso, a livello giuridico, un reato. Il loro coinvolgimento non vuol dire essere positivi ad una sostanza quanto l’aver avuto tra le mani tutte le autorizzazioni del caso per poter usufruire di una terapia altrimenti proibita. 

Soprattutto per Kvitova, la situazione sembra facilmente decifrabile. La ceca, e non lo ha mai nascosto, soffre di asma in condizioni estreme, ovvero quando si trova a giocare in Australia e negli Stati Uniti in periodi di temperature molto elevate (gennaio) o anche con un tasso di umidità enorme (luglio-agosto). Ci sono dunque 3 TUE (esenzioni terapeutiche) per il formoterol, farmaco che cura propriamente i problemi di asma, che si spingono da fine 2009 a fine 2013. Un periodo complessivo d 4 anni. Un caso simile a quello delle sorelle Williams, almeno nella durata delle esenzioni. Il direttore del programma antidoping dell’ITF (federazione internazionale tennis) Stuart Miller, è colui che firma in tutti questi casi i certificati ai vari tennisti e si è espresso così a proposito di questa fuoriuscita incontrollata di notizie: “Qualunque atleta a livello professionistico è soggetto all’antidoping, ma è anche soggetto a malattie ed a possibili problemi di natura medica: il loro corpo non è immune a questi agenti”. 

La WADA ad oggi, 2016, ha messo al bando in tutto 300 sostanze. Alcune di queste sono proibite al 100% e mai e poi mai bisognerebbe farne utilizzo, mentre altre possono essere liimtate solo alla fase delle competizioni, dell’assunzione, della quantià. Olivier Niggli, direttore generale della WADA (World Anti-Doping Agency), spiega a proposito che la differenza tra divieto totale e solo nelle competizioni deriva dal fatto che “molti medicinali sono di uso comune, acquistabili senza bisogno della ricetta medica, e molto utilizzati nella vita di tutti i giorni: se li mettessimo al bando in via definitiva, riceveremmo una quantità sproporzionata di richieste per esenzioni terapeutiche”. Quest ultime vengono concesse in base anche a quello che è il ‘curriculum medico’ dell’atleta. Si esamina la diagnosi, la storia medica per vedere se in lui o nella sua famiglia ci sono state situazioni simili, infine la durata del medicinale prescritoo, per poi prendere una decisione avvisando l’organizzazione antidoping della nazione di provenienza.

Il caso di Mattek Sands, però, è un po’ diverso da quello degli altri atleti fin qui nominati. La statunitense è stata l’unica per cui la sua richiesta è stata ribaltata. Lei ha chiesto un’esenzione terapeutica a causa di una carenza di adrenalina, il che veniva curato con hydrocortisone e DEHA, approvato nel 2013 dall’ITF ma il cui verdetto è stato – appunto – ribaltato dalla WADA nel 2014 perché l’agenzia mondiale dell’antidoping pensava che questo potesse portare ad un incremento della prestazione sportiva. Non era d’accordo con la scelta dell’ITF il dottor Alan Rogol, che lavora come parte del programma antidoping nazionale statunitense: “Fu una decisione sbagliata: io non avrei mai approvato l’assunzione di DEHA da parte di un atleta”. La statunitense, a quel punto, si è appellata alla Corte di arbitrato sportivo (il grado più alto per dispute sportive internazionali), sempre nel 2014, ma si è vista rigettare la propria richiesta di proseguire con il trattamento. 

Fancy Bears, ora, non sembra volersi fermare. Dopo questa seconda tranche di atleti promette già di tornare a breve alla carica con un terzo filone di nomi. “Noi esporremo i nomi degli atleti che violano i principi di fair play assumendo sostanze dopanti” scrivono sul loro sito internet. 

 

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