L'addio perfetto di Lleyton Hewitt a Wimbledon. "Questa è la casa del tennis"

 

TENNIS – WIMBLEDON – Da Londra l’inviata ROSSANA CAPOBIANCO – Si chiude in cinque set sul campo numero due la carriera a Wimbledon di Lleyton Hewitt, che perde contro Nieminen, anche lui in profumo di ritiro, 63 36 64 06 9-11 . Un addio fatto di lotta e orgoglio e alla fine, solo applausi per uno dei più grandi combattenti che la storia del tennis e i Championships abbiano mai visto.

Il cimitero dei Campioni, altrimenti chiamato il Campo numero 2 di Wimbledon. E’ cambiato, non è più quello: è stato spostato, ristrutturato, ampliato. Eppure non è bastato. La sua micidiale efficacia rimane identica: in un certo senso ha una coerenza invidiabile, l’inevitabile.

Inevitabile la lotta, tra due “ritirandi”: Lleyton Hewitt e Jarkko Nieminen. Non ce ne voglia il finlandese, Hewitt ha un passato più glorioso, specie da queste parti. Il cimitero dei campioni stavolta è tutto per lui. Come i “suoi” fanatics, sempre presenti, sempre lì, ogni anno: fila, maglietta gialla, litri di birra e di entusiasmo; cori originali, fedeltà. Tutto questo si è meritato Hewitt nel corso della sua lunghissima carriera. Che a Wimbledon si chiude oggi e per sempre si chiuderà dopo i prossimi Australian Open.

Probabilmente avrebbe meritato un campo più importante, un avversario più illustre, una cerimonia vera: eppure tutto questo è tremendamente Wimbledon e Lleyton piace così.

Così come, al di là del risultato, la partita gli è piaciuta: lotta feroce, match point annullati, pubblico tutto per lui, l’abbraccio e la sincera ammirazione di Nieminen a fine partita. Federer e Murray, da casa a Wimbledon, a guardarlo ed ammirarlo: per uno è un amico, per l’altro addirittura un modello a cui ispirarsi.

E pensare che c’era un tempo – e probabilmente per qualcuno c’è ancora adesso- in cui il gioco di Hewitt, la sua sola presenza lì nell’olimpo del tennis venivano denigrati, accusati di noia e talvolta di maleducazione. Lleyton simpatico a tutti i costi non è mai voluto essere: è un combattente e come oggi lo ha definito Djokovic è “sorprendente il modo in cui ha lottato ed è sempre tornato dopo infortuni e difficoltà per amore di questo gioco”.

E’ la passione per il tennis che il campione 2002 di Wimbledon, che ha certamente sfruttato un interregno tra due giocatori sicuramente più forti di lui, gli ha permesso di arrivare fino a qui, fino al suo ultimo Wimbledon, fino al “suo” cimitero, aspettando Melbourne e un futuro da papà e probabilmente coach.

“Questa è la casa del tennis. Io amo le tradizioni e sono stato fortunato a vincere qui e fare parte di questo club. Ieri mi sono seduto sul Centrale e ho ricordato tutti i momenti trascorsi qui, la mia vittoria nel 2002, l’emozione, la bellezza di questo luogo. Ha fatto capolino anche il falco, è stato commovente e divertente insieme. Ma io non sono uno che piange facilmente”.

Applaudono tutti, qualcuno si toglie anche il cappello. Hewitt riceve quell’amore che al tennis e ai Championships ha sempre donato senza alcuna remora.

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