Pillole da Wta di Stoccarda: Halep lezione su come si stringe la mano. Agassi un romanticone. Brianti scambiata per Henin

Sharapova e Agassi, la strana coppia di Stoccarda. I due si sfidano (parola grossa), in un match esibizione, (parola ancora più grossa) davanti al Museo Porsche. Agassi comincia subito da gentiluomo «Da piccolo la prima lezione che mi hanno insegnato è di tenere sempre gli occhi sulla palla. Ma oggi sarà difficile» André, stai cercando di invitare a cena Maria? Ricordati che non solo sei sposato, ma tua moglie è pure tedesca e tu sei in Germania, circondato dai suoi fans (qui tutti ancora adorano Steffi Graf). Attento a quello che dici. Ma Agassi non solo è un gentiluomo, è anche un marito molto romantico. Chiede il presentatore quale sia stato nella sua carriera il suo successo più grande, forse Wimbledon?
«Quando mia moglie mi ha detto sì» risponde André. «E’ stata una partita lunga dieci anni, ma alla fine ho vinto io» continua con gli occhi oramai a cuoricino. «Io sono sempre contento quando vince mia moglie: una moglie felice significa una vita felice». E via così, solo dolcezze varie per la Graf. In questi giorni in cui fra gli ex-coniugi Wawrinka volano stracci, in fondo fa piacere vedere qualcuno che parla di un matrimonio felice.

L’esibizione, a titolo statistico è stato vinto dalla Sharapova ma solo perché, questa volta era l’arbitro a sperare in una cena con Maria Sharapova. Agassi non ha firmato i classici autografi, ma ha scritto dediche sul suo libro. Molti suoi tifosi infatti, sono arrivati con la copia della sua autobiografia “Open” sotto il braccio.

Come è, per Simona Halep, essere famosi in Romania? «Io torno sempre a casa tra un torneo e un altro. Mi piace stare con la mia famiglia con i miei amici. Ma a volte è un po’ difficile perchè è una piccola nazione e tutti mi riconoscono per la strada o dovunque vada. I bambini mi chiedo di fare foto insieme e a loro non dico mai di no. Fa piacere ma qualche volte è stancante. E allora è una gran bella cosa andare ai tornei e giocare!»

Sulla mancata stretta di mano della Bouchard alla sua connazionale Dulgheru per la foto ufficiali della Fed Cup non vuole commentare anche se «Sono stata molto sorpresa. Non è il mio stile, io non potrei mai farlo. Ma se lei ha deciso di fare così è una sua scelta, se le da delle buone sensazioni allora ok. Non posso dire nulla di male». E se la stretta di mano mancata abbia dato alla Dulgheru una motivazione maggiore, non ha dubbi, con un gran risata aggiunge «Sì, una motivazione ulteriore!». E  invece dopo un match, come stringe la mano Simona? «Io? Ho una buona stretta di mano. Con Serena Williams ce la siamo strette bene e le ho augurato buona fortuna. Per me è una cosa normale da fare. Credo che descrive la persona che sei. E poi io voglio incontrare ancora Serena…ma non troppo presto!».

Mattina di allenamenti, tante giocatrici, tre campi a disposizione. Come si risolve? Ti alzi molto presto e alle 9 sei già a colpire la palla come fa la Halep, oppure se arrivi più tardi, devi condividere il campo. Perciò Ivanovic palleggia con il hitting partner e Lisicki con Muguruza e poi Safarova con Suarez-Navarro sul campo Centrale, Barthel e la compagna di doppio Minella, sul campo 1 insieme alle wild card tedesche Lottner e Witthoeft. Ma Sharapova non è tipo da condividere nulla e allora deve accettare di allenarsi nel campo 2, quello al centro del area commerciale posizionato fra il bar e il ristorante. Così se vuole ordinare un cappuccino, le basta fare un gesto.

Nel tennis esiste il lucky-loser, ma alla americana Glatch spetta la definizione di unlucky-loser. Con Jankovic, Kuznetsova e Petkovic ritiratesi a tabellone completato, sono tre i posti da ‘perdente fortunata’ per chi ha perso nell’ultimo turno di qualificazione. L’unica delle quattro ad non essere ripescata è stata proprio la Glatch. 

La sfortuna si può anche contabilizzare: premio per aver perso nell’ultimo match di qualificazione 2.239 euro; premio per essere entrata nel del tabellone principale 5.242 euro; differenza 2.903 euro. Speriamo che almeno il torneo le abbia offerto una birra per affogare l’amarezza.

Carolina Garcia è fedele al motto, squadra che vince non si cambia: «Con Ana Ivanovic abbiamo giocato già tre volte in circa due mesi e ho sempre vinto. La mia tattica funziona, quindi continuo a giocare così». Logica ineccepibile. 

Cosa significa per la Garcia, per una giocatrice francese, giocare a Roland Garros soprattutto dopo gli ottimi risultati di inizio anno, aumenta la pressione? Garcia sospira «Quando giochi a Parigi, anche se i tuoi risultati non sono stati buoni, è sempre stressante. Questa volta proverò a non giocare sul campo centrale per il mio primo match, perché fino ad ora non mi è mai andata bene!».

Ana Ivanovic arriva in conferenza stampa tranquilla e sorridente, non diresti quasi che ha perso. Non è delusa anche se lo scorso anno qui aveva giocato una bellissima finale, e durante la premiazione c’era stata una standing ovation interminabile dal pubblico. «ll primo match su terra, non è certo facile anche perché ho cambiato tre superfici diverse in 7 giorni». Ana se fosse un presidente di calcio, sarebbe un tipo alla Zamperini, se paragoniamo il numero di allenatori cambiati dalla serba. E parlando della sua preparazione in vista dei prossimi tornei dice «Ho parlato anche ieri con il mio team, e voglio veramente cambiare un po’ l’approccio a come lavoriamo e  quali piccoli cambiamenti devo fare prima di Madrid» I sottotitolo dicevano:  attenti che se nei prossimi tornei non miglioro e mi gira male, licenzio tutti. 

Alberta Brianti è invece riuscita a non essere unlucky. Qui è apprezzato dagli appassionati tedeschi, che la riconoscono con una certa facilità anche per la sua discreta somiglianza sia fisica che di stile di gioco a Justine Henin. Ma all’italiana fa piacere sentire dire “Ehi ho visto la Henin”? «Beh… ma sì, un po’ di mi fa piacere. Anni fa a Roland Garros, mentre ero in campo uno mi chiama “Justine, Justine”. Alla quinta volta mi giro e gli dico “Guarda che non sono lei” e lui “Ma come no, sei uguale!”».

Andrea Petkovic lascia Stoccarda e lo fa in Porsche, ovviamente. Ma ci mette un po’ a trovare la sua auto fra le otto Porsche tutte uguali, nere  e scintillanti allineate su due file nel parcheggio di fronte all’ingresso giocatrici. Dopo aver girato intorno ad un paio un po’ perplessa torna verso la prima, inserisce la chiave e la serratura scatta. Ma con quello che costano ‘ste automobili, potevano almeno darti anche il telecomando per aprire la portiera!

 

 

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