Australian Open – le sette vite di Maria Sharapova: incredibile rimonta contro Panova

TENNIS – Di Diego Barbiani

MELBOURNE. Ad un passo dal baratro, Maria Sharapova risorge. La russa stava per incontrare una dolorosa sconfitta contro la connazionale Alexandra Panova, n.150 del mondo, ma ha prevalso per 6-1 4-6 7-5 dopo quasi due ore e mezza di grande sofferenza, spezzando anche quella che sembrava essere il terzo capitolo della “maledizione di Mosca”.

Per capire da dove nasce la grinta combattiva che forgia un carattere mai domo come quello di Maria Sharapova bisogna pensare alla sua storia, al suo passato. Per capire come abbia ripreso per i capelli una partita storta, una giornata sbagliata, e l’abbia trasformata nell’ennesima grande rimonta degli ultimi anni, ci si deve fermare e pensare a quando, speranzosa di un futuro migliore, si lasciò la madre Russia alle spalle e volò negli Stati Uniti con suo padre. Non sapeva una parola in inglese, non avevano soldi per essere certi che lei, la piccola Maria, potesse farcela a diventare una brava giocatrice. E’ qui che è uscito fuori il suo carattere. Spalle al muro ha scolpito quel carattere che da dieci anni vediamo in campo, quell’atteggiamento a volte esagerato, quel continuo stringere il pugno e darsi due colpi alle cosce per caricarsi, quelle esultanze forse fastidiose, ma che senza non l’avrebbero probabilmente portata a diventare quella giocatrice che da dieci anni è tra le migliori al mondo.

Oggi ha sofferto e non poco. Panova era quasi riuscita a riabilitarsi dopo che per tanti appassionati lei era identificabile solo come la giocatrice che nel 2013, a Cagliari, perse un match incredibile contro una Roberta Vinci in grandi difficoltà fisiche. Una vittoria contro Sharapova le avrebbe cambiato la carriera, oltretutto perché sarebbe arrivata con merito e su uno dei campi più importanti al mondo. Invece, povera, le è mancato l’ultimo passo. Retrocessa alla fine della scorsa stagione a giocare tornei ITF per ritrovare morale, oggi ha avuto due match point sul 5-4 in suo favore. Non solo, sul 4-1 nel terzo set è stata 40-15 nel proprio turno di battuta.

Quello è stato un primo segnale, mascherato da un gran game tenuto sul 4-3 in cui ha recuperato da 0-30. Nel momento di chiudere, però, tutta la pressione del momento ha tradito il suo braccio fragile e quelle convinzioni accumulate in due ore di partita sono crollate. L’insicurezza è diventata sua compagna ed in un game dove all’inizio Maria non riusciva ad approfittare di sole seconde palle di servizio a 110km/h non ha saputo concretizzare due match point.

Fiutata l’occasione, Sharapova ha colpito. Brutale il rovescio incrociato che l’ha portata a palla break, letale il dritto che le ha dato il 5-5. Ce l’aveva fatta, e questa volta sconfiggendo anche una sorta di maledizione. Le sconfitte più brucianti per lei, all’Australian Open, sono arrivate da giocatrici di Mosca, proprio come Panova. Nel 2005 perse al terzo turno da Anastasia Myskina, nel 2010 al primo da Maria Kirilenko. Dopo altri cinque anni la storia sembrava ripetersi ma tra mille sofferenze è risorta, spezzando il sogno della sua avversaria che accennava ad un sorrido delicato mentre usciva dal campo, salutata da un pubblico pubblico che la omaggiava con un lungo applauso, con le lacrime che ormai facevano capolino sulle sue guance.

 

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