La rinascita di Andrea Petkovic: dall'inferno alla semifinale al Roland Garros

TENNIS – Di Diego Barbiani

PARIGI. Il successo di Charleston non è più solo. Andrea Petkovic in questa stagione, accanto al trofeo statunitense, metterà il capolavoro compiuto su Sara Errani, eliminata con un netto 6-2 6-2 ai quarti del Roland Garros. Dentro si sé, dopo il match point, avrà ripensato a cosa avvenne qui esattamente un anno fa.

«Quando all’esordio sono entrata sul campo 6 devo ammettere che ero molto nervosa» aveva rivelato dopo il match di primo turno. Proprio su quel campo perse un’incredibile partita al secondo turno di qualificazione contro la cinese Yimiao Zhou. Voleva ritirarsi, era il culmine di un anno e mezzo vissuto mangiando la polvere, soffrendo e piangendo i tantissimi infortuni che la stavano bloccando.

E’ difficile non appassionarsi ad Andrea ed alla sua storia, vittima di momenti sportivamente drammatici ma da cui ha sempre saputo riemergere dimostrando un carattere fenomenale. Per capire il peso specifico del successo odierno bisogna riavvolgere il nastro al 2011. Era la domenica del 14 Ottobre quando la tedesca giocava una finale importantissima a Pechino contro Agnieszka Radwanska: la vincitrice avrebbe avuto quasi la matematica certezza della partecipazione ai Wta Championships di Istanbul. L’incontro fu vinto dalla polacca. Fu l’ultimo incontro della stagione per lei, costretta a saltare i restanti tornei per un infortunio accusato proprio nel corso di quella sfida.

Ad inizio del 2012  un nuovo problema fisico le ha fatto saltare i primi tre mesi della stagione. E’ rientrata in Fed Cup ad inizio Aprile, poi a Stoccarda durante il match contro Victoria Azarenka la caviglia ha fatto crac. Il momento dell’infortunio fu tremendo: una storta e poi la violenta caduta a terra. Si disse di non piangere, le provò tutte per non dare quell’immagine ai tanti connazionali che la stavano guardando. Fu trascinata via, scortata dal supervisor e dalla stessa bielorussa, la quale aveva già capito la gravità del momento ed in faccia era visibilmente sconvolta.

Diagnosi nefasta: rottura del legamento ed almeno tre mesi di stop. Saranno più di quattro, costringendola a saltare anche i giochi Olimpici di Londra. Per la tedesca iniziò un lungo periodo di riabilitazione, con sette ore di trattamenti al giorno per cinque giorni alla settimana. Venne scaraventata fuori dalla top-100 dopo aver appena assaporato il piacere di essere parte del ristretto cerchio d’elitè.

Al rientro era appesantita, molto meno potente ed il più delle volte perdeva da avversarie che prima non potevano farle il solletico. Lei stessa ha dichiarato: «Per la prima volta ho avuto davvero paura di non poter tornare al mio livello e poter competere con le migliori». In tutto questo insieme di sventure però c’era qualcosa su cui poteva fare affidamento: il grande affetto delle persone.

Negli anni si era costruita l’immagine di ragazza gioviale, genuina. Al termine dei suoi match si esibiva nella “Petko-dance”, un movimento che con le passare delle vittorie è divenuto il tratto distintivo del suo essere. Non da meno, ha creato un video-blog dove impersonifica il personaggio di “Petkorazzi”, che tra le altre cose, spiega proprio i passi per imparare a ballare la “Petko-dance”.

Arrivò a sfiorare l’uscita dalla top-200, prima di riprendersi con qualche successo verso fine anno. Il calvario, però, doveva ancora vivere un nuovo crudele capitolo.

Era fine Dicembre ed a Perth si stava svolgendo la Hopman Cup. Petkovic, impegnata contro Ashleigh Barty, aveva appena portato a casa il primo set quando chiese il fisioterapista per un dolore al ginocchio destro. Scoppiò in lacrime durante il trattamento, il menisco aveva ceduto e per la prima volta fu molto vicina al ritiro. Dichiarò di essersi proposta per tirocini in alcuni quotidiani e riviste o partiti politici, i suoi grandi interessi oltre al tennis. La risposta ricevuta era quella di massima disponibilità, ma lei per prima alla fine decise di rinunciare. Scrisse su Twitter una serie di frasi, durante la sua riabilitazione, che mostrarono tutta la spontaneità del personaggio: “Cose da fare: 1) tagliarmi i capelli; 2) tingerli di rosa o viola; 3) tenere la mano di Rafa (Nadal, in quel momento alle prese con l’ultima parte del suo infortunio, ndr) fino a quando non torniamo entrambi sani” chiarendo poco dopo “Stavo scherzando, non lo farei mai… intendo, tenere per mano Rafa”.

Rientrò ad Indian Wells con una wild-card per le qualificazioni, nel frattempo era precipitata nuovamente oltre la centocinquantesima posizione mondiale. Fece tanta fatica ed i risultati continuavano a non arrivare. Al Roland Garros visse il secondo momento difficile e fu davvero vicina al ritiro, ma il suo allenatore rivelò che «bastarono pochi giorni per rivederla sorridere, aveva già voglia di ritornare in campo e dimostrare che ancora poteva dire la sua». Fu una sorta di profezia, perché ricevette una wild-card per il torneo ITF di Marsiglia dove vinse senza cedere un set. Era il primo successo dopo due anni. Non sazia, fece finale a Norimberga (battendo giocatrici di grande livello come Jelena Jankovic) ed a Washington.

La fiducia aumentava ed i brillanti risultati della seconda metà del 2013 le fecero accantonare in maniera definitiva l’eventualità dell’addio. In questo inizio di stagione il ranking è stato il primo indizio che la ruota cominciava finalmente a girare dalla sua parte, con il rientro stabile tra le prime cinquanta del mondo.

A dare lo scatto definitivo ci ha pensato la stessa tedesca, cambiando allenatore e passando da Petar Popovic, che la seguiva dal 2010 e l’ha portata al n.9 del mondo, a Eric Van Harper. La sintonia tra i due è stata subito molto forte ed a Charleston Petkovic è stata protagonista di un torneo super, dove è tornata a mostrare grinta e cattiveria come nel suo periodo d’oro. Dopo il match point contro Cepelova si è inginocchiata, rimanendo incredula di quanto appena compiuto. Dopodiché è tornata, finalmente, a ballare la “Petko-dance” al centro del campo. La prima gioia di questa seconda carriera. La seconda quest oggi, quando a cadere sotto i suoi colpi è stata la stessa Sara Errani che qualche settimana fa a Madrid aveva disposto piuttosto facilmente di lei.

La sua corsa a Parigi non si ferma, ma il sapore e la gioia della prima semifinale Slam dopo aver visto l’abisso è una soddisfazione (e perché no, anche una rivincita persona) molto importante. L’avrà sognata, l’avrà voluta fortemente nei giorni in cui era bloccata nel letto, o quando durante la riabilitazione ha capito che il suo amore per il tennis non poteva terminare con lacrime amare. 

 

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