L'aereo malese scomparso: i pensieri dei tennisti tra turbamenti e paure

TENNIS – Di Sara Di Paolo

Ognuno di noi ha il suo tallone d’Achille, la propria paura. E nella maggior parte dei casi, è proprio la paura della paura a condizionarci maggiormente. E’ un dato di fatto. Come è un dato di fatto, che spesso si provi disturbo nell’andare a lavorare (anche quando si è dei tennisti famosi a quanto pare).

L’unica differenza è che invece di affidarsi a un’auto comune, oppure a un tram o un autobus; i giocatori di tennis sono soliti compiere il grosso dei loro viaggi in aereo.

Dipende dal tipo di impiego d’altra parte. Dal punto di vista psichico, l’angoscia solitamente si manifesta attraverso una sensazione di allarme, di forte ansia, che porta a ritrovarsi bloccati di fronte a certe situazioni oppure notizie. Come meravigliarsi quindi, davanti a un fermo collegato a una scomparsa di un Malaysia Airlines Flight 370 (come in questo caso)?

Dall’8 marzo in poi, non sono state di certo poche le manifestazioni di apprensione e interesse, annesse alla tragedia malaysiana. Ne sanno qualcosa le sale stampa di tutto il mondo (comprese quelle legate all’ ATP e alla WTA).

Ma come è stato commentato l’accaduto dai vari atleti?

«Ogni mattina appena mi sveglio, vado a controllare i feed sul mio profilo Twitter. E’ inverosimile a parer mio, che non ci siano elementi certi sull’attuale posizione dell’aereo. Questo è un avvenimento che mi rende particolarmente nervosa; e lo dico davvero. Soprattutto dopo aver visto tutte le stagioni della serie tv “Lost”», ha usato tali parole al riguardo, l’attuale numero 7 del mondo Maria Sharapova.

A concordare con lei inoltre anche diversi nomi noti; tra cui quello di Andy Murray. Il tennista scozzese avrebbe appunto dichiarato: «Trovo inconcepibile il fatto che non vi sia alcuna prova concreta, in merito al susseguirsi degli avvenimenti collegati al Boeing 777. Con tutta la tecnologia di cui siamo provvisti poi, a maggior ragione. Volo solo in giro per il pianeta da quando avevo 10 anni. Da 2 settimane a questa parte però, non nego di essermi riscoperto più spigoloso di fronte all’imbarco. Qui non c’entra nulla il proprio modo di vivere; questa è una storia troppo sorprendente per quel che mi riguarda. A differenza di quello che si crede – conclude – il non amare particolarmente i voli è un elemento che accomuna molti miei colleghi. Non è vero che a lungo andare si diventa più sereni nello stare ad alta quota. Anzi».

E che dire bensì della fobia in tema di “cieli”, della regina del ranking Serena Williams? «Questa notizia non ha fatto che aggravare il mio terrore di decollare. Ogni volta che c’è una turbolenza, mi si ferma il cuore. La odio quella sensazione; prego sempre prima di partire.»

E dei problemi genetici ereditati dal francese Tsonga? Lui che è costretto a viaggiare con delle calze contenitive, per evitare che l’ossigeno nel sangue gli provochi il gonfiore degli arti? «Quando possibile sinceramente, cerco sempre di spostarmi da torneo a torneo in macchina oppure in treno. Il viaggio è più lungo è vero; ma resta in ogni modo l’opzione che preferisco».

Un’epidemia di pessimismo? Non proprio. Sebbene le dichiarazioni appena riportate, lascino in effetti credere facilmente il contrario; in giro per il circuito, sembra esserci comunque qualcuno con una visione sull’argomento del tutto diversa.

La serba Jelena Jankovic ne è l’esempio: «Sono fermamente convinta che gli aerei, siano il mezzo di trasporto più sicuro rispetto a tutti gli altri. Di solito non ho paura. Nella vita non si può mai sapere quello che accadrà; però credo che sia meglio non pensare troppo».

Avrà ragione? Forse, sì. Ed è sì anche perché, se è vero come dice Federer che «L’universo è grande, ma spesso con l’aviazione si ha il pretesto di sentirsi ancora più piccoli», al Miami International Airport da questa settimana vi sarà di sicuro qualche elemento bisognoso in più, avente la necessità di immedesimarsi in tal ottimistico pensiero.

“Cogito ergo sum” ripeteva d’altra parte Cartesio.

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