Nadal: «Campi veloci? Io non ci sto»

Di Diego Barbiani.

Si sta diffondendo la voce che in Australia, da quest anno, i campi saranno più veloci rispetto alle edizioni precedenti. Una situazione in netta controtendenza rispetto al fenomeno che da tempo si sta verificando nel circuito. Dapprima Roger Rasheed, attuale coach di Grigor Dimitrov, ha giudicato molto più veloci i campi a Brisbane rispetto alle precedenti edizioni, poi Darren Cahill (in compagnia di Rennae Stubbs, ex doppista) ha dato lo stesso parere sulle condizioni della superficie di Perth, dove si sta disputando la Hopman Cup.

E’ molto probabile dunque che anche a Melbourne abbiano optato per una soluzione di questo genere, contrastando l’eccessiva lentezza dei campi nelgli ultimi anni. Alla luce di tutto ciò, Rafael Nadal è sembrato molto preoccupato. «Il tennis sarebbe troppo semplice, non più un gioco di strategia. E’ un altro modo di concepire il gioco, per me. Le partite più belle ed appassionanti sono state quelle degli ultimi anni dove i giocatori lottavano dalla linea di fondo e si verificavano scambi memorabili, non quelle dove i punti si risolvevano in un paio di colpi. Il livello emozionale è superiore e la sfida diventa più fisica, più tattica». Poi ha citato un episodio risalente alla finale dello US Open 2011 quando «tra me e Djokovic c’è stato un momento in cui non sentivamo la pallina rimbalzare da quanto il pubblico fosse partecipe».

Un campo veloce vedrebbe lo spagnolo in difficoltà fin dai primi turni contro avversari che non hanno nulla da perdere, possibilmente grandi picchiatori, che colpiscono la palla piatta e la fanno rimbalzare ad una spanna dalla linea di fondo. Giocatori come Daniel Brands, che allo scorso Roland Garros seppero creargli grattacapi importanti da subito. Così fece anche Lukas Rosol, avversario sia in singolare che in doppio nel torneo di Doha, nella celebre partita di Wimbledon 2012. Per quanto diventi una belva col proseguire del torneo, risultando quasi imbattibile dai quarti in su, il suo problema spesso è nei primi turni degli Slam.

Al netto degli episodi, Nadal prima ancora di scendere in campo preme perché si possa continuare su una velocità medio-lenta dei campi. Negli ultimi tempi però l’omologazione delle superfici aveva portato a qualche scontento di troppo nel circuito. Tra i tanti che si sono espressi, Roger Federer ha dichiarato apertamente di volere condizioni più rapide su superfici come il cemento o l’erba soprattutto per ritornare ad un tennis più vario, più equo. Diverse velocità portano i giocatori a “specializzarsi” su determinate superfici, col tempo invece tutto ciò si è perduto a favore di giocatori polivantanti (o presunti tali) capaci di giocare nello stesso modo a Londra come a Parigi o New York o Melbourne.

Nel caso di Nadal e Djokovic, o dello stesso Murray, loro sono quelli che più hanno tratto beneficio da questa situazione perché hanno spinto il limite ad un gradino troppo alto per tantissimi altri. Non a caso da ormai due anni sono loro due (con lo scozzese a fare da guastafeste) a giocarsi quasi la totalità dei tornei Così oggi, in queste sfide tra giganti, il perdente si ritrova in quello che fisicamente (o mentalmente) è meno peggio dell’altro. Perché stanco, perché scarico, ma il livello di gioco è talmente alto (e simile) da rendere difficile che uno prevalga grazie ad un colpo in particolare. Forse però qualcosa sta cambiando, forse l’alba di questo 2014 ha un colore diverso.

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