Watson: «Potevo anche ritirarmi, adesso non vedo l'ora di ricominciare!»

Di Giulio Gasparin

«Mi sento bene e dopo la bella settimana (a Poitiers), con alcune partite molto intense al terzo set, mi sento molto più felice, più sicura e più contenta di essere in campo». Finalmente la si vede felice, la sua voce è rilassata e calda. Heather Watson di certo non viene dalla migliore delle sue stagioni da professionista, anzi, ma ci sono segnali di speranza sia in campo che fuori.

La giovane speranza britannica era per la prima volta in carriera tra le prima 40 giocatrici del mondo ad inizio stagione, salvo poi vedere tutto il lavoro andare in pezzi a causa della mononucleosi. «All’inizio facevo veramente fatica a dormire, ad allenarmi…ma non capivo perché, pensavo di essere solo, sai, patetica e rammollita. Intanto ad inizio stagione avevo raggiunto il mio best ranking e pensavo non fosse nulla, ‘passerà.’ Poi a Miami, stavo facendo veramente fatica, peggioravo di giorno in giorno e non volevo veramente più giocare a tennis, perché proprio non trovavo le energie per giocare».

«Per fortuna poi mi hanno fatto un controllo, altrimenti non l’avremmo mai scoperto e avrei smesso. Quindi quando mi hanno trovato la mononucleosi, mi sono sentita sollevata, perché c’era qualcosa e non ero io a sentirmi così senza alcuna ragione».

Quando finalmente è riuscita a capire quale fosse il problema, la Watson ha cominciato la via del recupero: «Ho dovuto fermarmi e riposare per riprendermi, quindi per tre mesi sono rimasta ferma facendo assolutamente nulla. Poi però con il Roland Garros alle porte, non volevo perdermelo e sono rientrata troppo presto. Da allora è stata una spirale verso il basso».

«Non ero pronta a giocare e quindi non ero in grado di vincere partite. Il mio morale andava sparendo e direi che è finita per essere una stagione terribile, però sono felice di finirla con buone prospettive e soprattutto volonterosa e motivata a giocare e allenarmi duramente».

La voce della britannica riecheggia tutte le emozioni della dura stagione appena passata, ma con un sorriso radioso che si apre con le ultime parole, non posso che essere speranzoso per la nuova stagione, vedendo quanto lei stessa sia contenta di sentirsi di nuovo competitiva.

Ovviamente, dopo una stagione così complicata, la vincitrice dello US Open Junior 2008 dovrà lavorare duramente nella off-season, sia fisicamente che tecnicamente.

«Per alcuni giocatori trovo che la tecnica sia così naturale che resta con loro sempre. Per me invece, trovo che devo concentrarmi spesso, perché ogni piccolo aggiustamento fa la differenza. Però, dato il mio stile – rimetto in gioco molte palle- voglio tornare al top della forma fisica, ma anche, per quanto riguarda il gioco, andare a rete più spesso, cosa che ho fatto la scorsa settimana».

La sua motivazione è indiscutibile, ma sono colpito soprattutto dalla scelta di andare a rete, in aggiunta al suo solido tennis da fondo campo. Avendolo sperimentato nella stagione indoor, le chiedo dunque se sarà una tattica solamente da superfici veloci. Mi risponde fermamente: «Ho scelto di usarla ovunque, di certo è più facile sulle superfici veloci, ma sono una buona giocatrice di volo e adoro venire a rete. Non ho paura di scendere a rete e penso che come mi ha aiutato la scorsa settimana, possa aiutarmi in futuro, soprattutto se voglio migliorarmi ancora».

Con questa idea di andare a rete più frequentemente, mi chiedo se vorrà giocare anche il doppio più spesso. «A dire il vero, da quando ho mosso i primi passi nel circuito, ho sempre provato a giocare [in doppio] per quanto possibile». Di fatto però non ha mai avuto un partner fisso, quindi le chiedo qual è stata la sua partner preferita. «La mia compagna di doppio preferita, devo dire, è Marina Erakovic, perché abbiamo avuto ottimi risultati assieme: abbiamo vinto il primo torneo, abbiamo vinto il secondo e mi piacerebbe giocare con lei di nuovo. Però non sono sicura che sia quello che vuole lei. Sicuramente mi sono sempre divertita un mondo con lei, penso perché abbiamo vinto tanto…e vincere è divertente!».

La tennista di Guarnsey continua poi sul tema doppio: «Mi piacerebbe giocare di più anche con Laura [Robson] in futuro. Siamo un’ottima coppia, ma è difficile, perché, anche se al momento non siamo agli stessi tornei, alcune giocatrici non vogliono giocare il doppio spesso, soprattutto se stanno andando bene in singolare. Io invece sono una di quelle che vuole giocarlo, quindi bisogna trovare qualcuno che abbia i tuoi stessi interessi».

Heather mette immediatamente in chiaro quanto le piaccia il doppio e quanto importante sia per lei che nella stessa metà del campo ci sia un’amica a completare la coppia. «Sono molto amica con tutte le ragazze britanniche, ci siamo viste molto nelle ultime settimane, mentre di solito l’unica che vedo è Laura…ma tra le non britanniche, perché con loro vado veramente d’accordo con tutte, per esempio, Alison Riske e Marina Erakovic, ma anche Irina Falconi, dagli Stati Uniti».

Tornando ad un tema più tennistico, le chiedo quale sia la sua superficie preferita, visto che i risultati in passato le sono arrivati da tutte più o meno regolarmente. «A dire il vero non ne ho una». Risponde sorridendo. «Voglio giocare su ciascuna. Se giocassi sempre sulla stessa, ogni volta, non mi piacerebbe. Mi piace cambiare. Adoro il cemento, su cui ho raccolto alcuni dei miei migliori risultati. Adoro l’erba, perché è Wimbledon che è lo Slam di casa e voglio sempre fare bene lì e poi penso che la superficie favorisca il mio gioco. Molte persone dicono il contrario, ma io penso che mi sia congeniale».

Nelle ultime parole è evidente un po’ di orgoglio, visto che non è un segreto che la stampa di casa –e anche quella internazionale- ha spesso accusato la Watson di un gioco troppo passivo, sicuramente non adatto all’erba. «E poi la terra, cioè, rigioco molte palle…però posso cambiare il mio gioco, non eseguo sempre lo stesso piano e quindi penso che questo sia un altro motivo per cui mi piacciono tutte le superfici».

Per quest’ultima ragione, la Watson si è fatta apprezzare da un vasto pubblico da tutto il mondo. Il suo tennis è spesso diverso e contrariamente a molte della “big-babes”, il cui ultimo obiettivo sembra essere quello di spaccare il campo con un vincente il più presto possibile nello scambio, la ragazza della Manica offre un tennis solido, ma ricco di variazioni. «Ho l’impressione che molte ragazze vogliano solo colpire la palla a mille miglia all’ora, io però non sono tanto grande quanto loro, cioè, potrei comunque colpire la palla a mille miglia all’ora se volessi, ma probabilmente non starebbe in campo, quindi…».

Si interrompe. Ha bisogno di qualche istante per riprendersi dalle risate e io con lei. «Però sì, ecco, alcuni giorni potrei sentirmi di giocare così, altri invece ho voglia di andare a rete, altri di giocare pallonetti. Alla fine non mi piace giocare sempre lo stesso gioco e poi penso che più armi hai a tuo vantaggio, più chance hai durante un match».

Dato tutto il repertorio di colpi a sua disposizione, mi aspetto che fatichi a sceglierne uno solo, ma ancora una volta mi sbaglio e senza esitazione mi risponde: «La palla corta! Sì, quando passa la rete e
la tua avversaria non ci arriva è qualcosa tipo…sììììì!».

Purtroppo la stagione è finita con un altro colpo di sfortuna, dato che nell’ultimo torneo disputato a Barnstaple, la Watson si è dovuta ritirare ai quarti a causa di un’intossicazione alimentare. Ciononostante, sono convinto che Heather abbia ritrovato la serenità e la combattività che la contraddistinguevano, quindi è fuori di dubbio che la rivedremo presto in piena forma e allora sarà una di quelle giocatrici escluse dal seeding che si vuole evitare. Chissà, magari a Wimbledon…

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