Challenge Round. Nadal e il Masters sulla terra che non c'è

Periodicamente, e specie in prossimità della disputa della manifestazione, riemerge la questione sulla superficie del Masters. In poche parole, c’è chi ritiene ingiusto il fatto che la kermesse di fine anno si giochi sempre sul veloce indoor e pensa che sarebbe più equa una rotazione dei terreni. A dire il vero, la polemica nasce quasi sempre da specialisti del rosso, su tutti Rafa Nadal (e lo zio Toni, of course). Preveniamo l’obiezione: il maiorchino ha dimostrato di saper vincere ovunque, è un dato di fatto, ma è chiaro che è sulla terra che raggiunge la punta più alta di rendimento, e otto trofei del Roland Garros stanno lì a dimostrarlo.

Alle ATP World Tour Finals, però, Rafa ha spesso stentato, tanto da non aver mai conquistato il titolo e raggiunto soltanto una finale, nel 2010, battuto dal grande rivale Roger Federer. A oggi il suo bilancio nel torneo è addirittura negativo: diciannove match giocati con nove vittorie e dieci sconfitte. Logico e assai comprensibile che l’attuale numero uno desideri un Masters on clay, dove non avrebbe rivali. Ma sarebbe anche giusto? A nostro parere no, e per un motivo semplice semplice.

Da sempre nel tennis gli eventi più importanti sono i quattro tornei del Grande Slam. Ebbene, dopo un lunghissimo periodo di egemonia verde, ormai da qualche decennio ne vanno in scena due sul cemento all’aperto, uno sulla terra e uno sull’erba. L’unica superficie del circuito maggiore non rappresentata è, appunto, il veloce indoor.

È vero che, ferma restando la necessità stagionale di avere un tetto sulla testa, il campo potrebbe anche essere allestito in un’altra maniera. Ma quanti tornei del calendario si giocano sulla terra (o sull’erba) indoor? Giusto uno, a San Paolo del Brasile, per di più spostato quest’anno all’interno di un palazzetto solo dopo aver constatato, nelle edizioni precedenti, le avverse condizioni meteorologiche del febbraio carioca (e vinto, guarda caso, da Nadal, al primo centro dal ritorno dopo il lungo stop). Poi, al massimo, possiamo trovare qualche incontro autunnale o invernale di Coppa Davis.

Insomma, non avrebbe senso far svolgere una manifestazione così prestigiosa su un terreno che per il resto dell’anno non viene pressoché mai praticato. Inoltre, per tornare al discorso iniziale, visto che le altre superfici dispongono già del loro Major, è giusto che anche gli specialisti del rapido al coperto abbiano la chance di aggiudicarsi un titolo nobile. Come se fosse un quinto Slam. O quasi, per carità.

Una forma di discriminazione nei confronti di Nadal e compagnia? No, ci mancherebbe. Questo è il tennis di oggi, ed è così che va rappresentato. E poi, vogliamo mettere il gusto inarrivabile, per Rafa, se riuscisse a battere tutti anche là dove si sente meno a proprio agio, conquistando alla O2 Arena di Londra l’unico grande trofeo che manca alla sua affollatissima bacheca?

 

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