US Open: Errani&Vinci spazzate via dalla forza delle Williams

New York (d.a).

È un mondo a parte. Inutile prendersela, poi, se è difficile stabilire una qualsiasi connessione, con loro, o riportarle a una dimensione terrena, comprensibile per i più. Svolazzano in un mondo irreale, un mondo quantico, e dunque parallelo al nostro. Dal quale di tanto in tanto scendono a rimettere le cose a posto. Con i loro sistemi, che sono, quelli sì, terreni e un bel po’ truculenti.

Non v’è disonore alcuno a farsi battere dalle Sister. In doppio, quando ne hanno voglia, quando lo giocano davvero, appaiono ancora più distanti e inarrivabili di quanto lo sia Serena in singolare. Ed è tutto dire. La potenza di fuoco diventa doppia. Nei turni di servizio volano mattonate. A rete la copertura è totale. «Fanno impressione, lo ammetto», dice Sara Errani, «perché portano in campo tante di quelle cose che solo a sommarle ti viene l’angoscia. Hanno il carisma di chi ha vinto moltissimo, centimetri e chili, esperienza». Due aliene. «Non proprio. Ma due che giocano dannatamente bene e con una facilità disarmante».

Le due ragazze italiane ci hanno provato. In fondo sono loro le numero uno. Ma non c’è stata partita, o quasi. Serena e Venus non partecipano al ranking del doppio, non è di fondamentale importanza per loro. Giocano secondo le motivazioni del momento: quando occorre allenarsi un po’ di più sul campo, quando Venus desidera tornare a vincere qualcosa, quando gli sponsor si fanno sentire. Così facendo hanno conquistato tredici Slam, senza essere quasi mai teste di serie. Roberta e Sara sono fra le poche ad averle battute. È successo in Australia, lo scorso gennaio. Forse, il risultato che più di ogni altro, più ancora delle vittorie nello Slam (tre, finora) determina la legittimità della leaderships delle due azzurre. Sono le più forti, aliene escluse.

«Nel primo set eravamo lì, non lontane da loro», racconta Roberta Vinci, «abbiamo avuto qualche piccola chance. Ma è come scalare una montagna. In doppio danno più che mai la sensazione di essere il tennis del futuro, quello che deve ancora arrivare e che già loro interpretano». Si chiude qui la stagione degli Slam della coppia italiana. Hanno vinto in Australia, sono state finaliste a Parigi, non hanno giocato benissimo a Wimbledon (ottavi) e a New York hanno fatto il possibile. Resteranno numero uno. C’è una Fed Cup da vincere e un Master cui partecipare. È una stagione eccellente, ma un po’ meno brillante dell’ultima. «Abbiamo giocato di meno, ci siamo concesse di più al singolare, dunque siamo giunte agli appuntamenti più importanti del doppio con qualche partita in meno, e l’abbiamo scontata. Ora ripartiremo da Tokyo. Poi studieremo la programmazione per il prossimo anno. L’obiettivo resta quello di arrivare a fine anno in cima alla classifica».

Vanno a casa anche Mike e Bob, i gemelli Bryan. Perdono da Stepanek e Paes, che sono navigati, cattivelli, e capaci di qualsiasi trucco. Perdere ci sta, anche se sei onusto di titoli e record. Incuriosisce però, nella giornata, la duplice sconfitta delle coppie numero uno. A suo modo, per il doppio dimenticato da tutti, è una giornata storica

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