Tsonga: «Non possiamo essere obbligati a giocare la Davis»

Non è oro tutto quel che luccica e la competizione a squadre si trova sempre al centro di qualche polemica, stavolta per voce di Tsonga che propone un cambio di marcia.

Sui social network si sogna già sui possibili primi turni della prossima edizione di Coppa Davis e la speranza è ovviamente quella di vedere tutti i big scendere in campo per difendere i colori della propria nazione. Tutti sognano meno uno, a quanto pare, visto che Jo Wilfried Tsonga è tornato in campo a Metz, dopo il lungo infortunio, e si è ‘lasciato scappare’ alcune dichiarazioni un po’ sorprendenti, ma attinenti al suo andare sempre contro corrente.

In particolare il passaggio incriminato è quello in cui il tennista francese afferma che il prolungarsi del suo infortunio, potrebbe essere legato anche ai ritmi sostenuti nell’ultimo round di Coppa Davis contro l’Argentina, tra viaggi intercontinentali e cambi repentini di superficie.

“In Argentina (quarti di finale, aprile 2013) – ha affermato Tsonga nell’intervista rilasciata a L’Equipe – ho dato il massimo nella prima sfida vincendo in cinque set contro Berloq e il giorno seguente non avevo più energie perché arrivando dal duro, e con otto ore d’aereo, eravamo tutti stanchi. Io non ho avuto la stessa capacità di reazione che ho d’abitudine, come non di meno gli altri e alla fine abbiamo perso. Sul colpo è stata dura, ma ho pensato che bisognava andare avanti e rimettersi subito in gioco. Se però le cose fossero andate in maniera differente, magari mi sarei preso 10 giorni off dopo Miami”.

Una frase quest’ultima che apre scenari e interrogativi, ovviamente dipanati nella risposta successiva.

“La Spagna ha vinto diverse volte la Coppa Davis e Rafa non è stato sempre presente. Non siamo obbligati a essere tutto il tempo a disposizione. Fortunatamente non ho avuto troppi problemi fisici per colpa di questa competizione, salvo forse con gli Stati Uniti lo scorso anno a Monte Carlo”.

In sintesi l’idea di Tsonga è quella di schierare squadre a livelli differenti secondo l’avversario di turno, lasciando a riposo i top player negli incontri di primo turno se, dall’altra parte della rete, ci saranno squadre con giocatori fuori dalla top 100.

Un pensiero forse per alcuni condivisibile, ma che stride totalmente con il concetto stesso di Coppa Davis e dei valori che porta con sé. In un’ottica storica, in questi ultimi anni, la competizione a squadre ha riguadagnato fascino e stima proprio per la presenza di giocatori come Rafael Nadal, Roger Federer e non ultimo Andy Murray che ha riportato nell’ultimo week end la Gran Bretagna nel World Group.

Le polemiche sono sempre servite sul piatto, come le assenze in Coppa Davis, ma rimane il fatto che le numerose esibizioni che si tengono fuori calendario fanno sempre da contraltare a tutte le dichiarazioni del genere Tsonga e affini.

Ricordiamoci che in primis dovrebbero andare passione e rispetto, un duo che può far solo del bene a questo e ad altri sport.

Tornando allo sport in senso stretto, Tsonga si proietta in un futuro d’equipe, sul modello di Andy Murray, spiegando così anche il suo divorzio, in corso di stagione, con Roger Rasheed : “ con lui lavoravo bene, ma credo che per fare il salto di qualità bisogna avere una sorta di struttura intorno a sé. Un gruppo che ti segua a livello tennistico, medico, della dieta e anche psicologico. […] anche se non nascondo che è difficile stare a dietro a persone come Rafa o Nole sui cinque set, loro sono di un altro pianeta, ci lascerei la salute”.

Il ginocchio migliora, non forse le certezze di Tsonga che cerca comunque tra le mura amiche di Metz (dove si è imposto nelle ultime due edizioni) la giusta marcia per riprendere e terminare la stagione.

 

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