Nadal e poi.. il vuoto!

Archiviato uno dei più brutti e prevedibili, suicidio federeriano a parte, slam degli ultimi anni, due cose sono balzate agli occhi di tutti.

La prima è la classica scoperta dell’acqua calda, ovvero che Nadal è il tennista più forte in circolazione in questo 2013, cosa che tra qualche settimana sarà probabilmente confermata anche dalla scalata all’ultimo gradino della classifica, visti gli zero punti da difendere da qui a Febbraio dell’anno prossimo.

La seconda è la penosa, per non dire drammatica, situazione nella quale vertono gli altri 7 della top8, tanto per fare il conto sui quarti dello slam appena concluso. La sensazione è che il Djokovic visto in finale, anche perché ben lontano da quello smagliante che fa il bullo in Australia o dettava legge nel 2011, non basti a salvare una baracca dove tutti, bene o male (più male che bene), non sanno “dove stanno andand’ su quest’ tèra”, per dirla come Quèlo…

Ok, ai quarti sono arrivati 5 dei primi 8 (e non dimentichiamoci che Wawrinka era tds numero 9), ma in quale modo? Qui toccherebbe parlare del divario imbarazzante che separa i primi 8, o i primi 4 diciamo, dal resto della truppa, ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa e quindi limitiamoci a dire che in ogni caso sono bastati un Murray a mezzo servizio, un Ferrer con la spia della riserva lampeggiante e il motore a singhiozzo e un Gasquet che malgrado i miglioramenti e i colpi abbacinanti è pur sempre Gasquet  a far fuori pseudopromesse e sparring partner di passaggio. Perché la verità vera è che purtroppo l’underdog nel tennis non esiste praticamente più: o si ferma sul più bello, vedi “Stan The Man” che torna a essere il solito svizzero perdente in semifinale, o è un buon giocatore ma non ha le carte per diventare un campione.

Quindi chi ci rimane a parte il Nadal indistruttibile di ora?

Abbiamo un Novak Djokovic che, a differenza del tanto declamato 2011 o della oasi australiana, può fare partita, solo lui forse, con Rafaelito da Manacor unicamente sparando all’impazzata colpi neanche sognati nei fumetti di Sturmtruppen, sperando che entrino per un’ora o più. Il suo problema è che in finale sono entrati fino al 4-4 0-40 del terzo set in suo favore. Poi il buio, e via la testa imbattibile di due anni fa. Almeno lui il fisico ce l’ha, ma la lucidità pare andata a farsi friggere. Dallo smashonzo di Parigi solo partite a corrente alternata e prestazioni, nei momenti che contavano, alquanto traballanti e mai veramente convincenti. Ma almeno lui alle finali di slam ci arriva…

Murray è ancora sul centrale di Wimbledon a cercare sua mamma per abbracciarla dopo la vittoria finale, viste le prestazioni non solo a New York ma anche in Canada e a Cincinnati. Pare talmente sfavato (passatemi il termine ma è quello che ne descrive meglio lo stato d’animo) che persino Lendl ha incrociato le braccia durante il match con Wawrinka. Si prevedono fustigazioni. Prima quell’atteggiamento sofferente del neo figlio adottivo della regina pareva una tattica per confondere l’avversario; adesso sembra essere un mero, vero e cinico dato di fatto. Alla faccia di quello che doveva difendere il titolo. Non ci stupiremmo se per lui, al contrario di molti altri in precedenza che non si ripetevano dopo il primo slam, partisse il conto del “quanto tempo passa tra il secondo e il terzo major”.

Ferrer: abbiamo già detto tutto. Scarico, vince grazie al motorino che ha in corpo proprio grazie a tabelloni preparati per lui probabilmente dallo Zio Toni per arrivare in semifinale contro Nadal; e manco ci arriva.

Berdych è rimasto sotto il treno Wawrinka, alquanto a sorpresa, viste le convincenti prestazioni nei turni precedenti, sebbene contro non proprio degli spauracchi. Fatto sta che anche lui la continuità negli slam non sembra sapere dove cercarla. Se poi si pensa che il cemento è il suo habitat naturale… Vebbeh, può consolarsi con l’aver perso probabilmente dal miglior Wawrinka mai visto; e con la Satorova…

Arrivando a Del Potro viene voglia di farsi il segno della croce. Adesso sembra che ci risiano dei problemi al tanto malandato polso. E dire che l’anno era cominciato a progredire bene, con la finale di Indian Wells, almeno fino a metà del secondo set contro Nadal. Poi dopo quella partita sono cominciati i fastidi al ginocchio, culminati con i carpiati sui prati londinesi, poi si è parlato anche della schiena e ora si risente nominare il polso. Le questioni sono due: o Del Potro ha finito il giro degli infortuni e ora ricomincia da capo oppure è più sfigato di Charlie Brown. Roba che i gatti neri quando Palito attraversa la strada si grattano. Diciamo la verità: se Delpo fosse un robottone sarebbe il Boss Robot; fosse nato ciclope probabilmente sarebbe stato strabico…

E dulcis in fundo, visto che di Gasquet forse niente si può dire, data, probabilmente, l’insufficiente dote di madre natura in muscoli per giocare il tennis odierno al livello dei mostri atletici sovra citati (è già un miracolo che abbia fatto semifinale, con tanto di primo break soffiato a Nadal!), arriviamo a quel Roger Federer che ha raggiunto nuovi limiti di incomprensibilità nel proprio cammino verso la firma su quella che è la sua peggiore stagione dal Medioevo a oggi. Perdere anche a New York era preventivabile. Perdere da Nadal ai quarti sarebbe stato umano. Perdere da Robredo è stato fenomenale. Farlo in tre set e mancando 12 palle break consecutive con invenzioni degne del Mago Zurlì è qualcosa da consegnare ai libri di storia. Un giocatore che in questo momento pare in crisi mistica. Francamente la frase più sconcertante di tutte è stata un serafico e laconico “Avevo altro per la testa”. Cosa, di grazia? Qualcuno potrebbe pregare Mirka di dire al marito che è ancora un giocatore di tennis, please? E che di conseguenza, in campo, dovrebbe avere una sola unica f*****a cosa in testa? Perché se da un lato la gente Federer va a vederlo anche al torneo di Piombino quando gioca con Volandri, dall’altro vedergli fare i gigioneggiamenti alla John Fashanu come si è visto nei momenti topici contro Robredo fa girare veramente gli zebedei non solo al tifoso ma anche all’appassionato, che vedendo passare Robredo ai quarti sa già che nel match successivo assisterà a uno spettacolo simile a un match tra Mietitrebbia e Campo di Patate.

Insomma, il quadro non è proprio salutare, se poi vi aggiungiamo che Tsonga è rotto e in crisi mistica da coach pure lui.

In questo momento, purtroppo, il one man show rischia insomma di essere all’ordine del giorno; e non solo per meriti propri.

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