Murray, Federer e…l'anno della schiena

Tutti avevano visto che qualcosa non andava agli ultimi US Open. E tutti eravamo convinti che Murray giocasse ancora con un bicchiere di spumante nella mano senza racchetta e che nelle pause tra un game e l’altro si scolasse borracce di Passito pensando ancora alla goduria londinese. Tutti si chiedevano se e quando Murray avrebbe cominciato a ribattere colpi, sperando che con la parte finale di stagione tornasse con la mente al tennis giocato, lasciando da parte quello celebrato.

 

E invece la verità è venuta a galla oggi, improvvisamente, senza alcun avvertimento.

Murray si opera alla schiena e starà fermo sicuramente fino a dopo la tournèe asiatica. Con fortissime probabilità che rientri addirittura direttamente l’anno prossimo, saltando così anche il Master 1000 di Parigi e le finali ATP di fine stagione. Sui titoli dei giornali si mette un punto interrogativo d’obbligo riguardo a quest’ultimo punto, ma con un tale intervento, è probabile che al Master si presenterebbe, nel caso di una partecipazione in extremis, un Murray pseudo-paralitico che non forse potrebbe a malapena portare il borsone delle racchette in panca…

D’altra parte la schiena non è uno scherzetto per un tennista, Federer (che tra l’altro ringrazierà via twitter, visto che questo possibile forfait per l’ultimo appuntamento della stagione accresce le sue possibilità di partecipazione, ancora a rischio) ne sa qualcosa. In ogni caso a quanto pare il problema, che sembra averlo afflitto in precedenza fino al torneo di Roma, pareva essere stato assorbito da Murray, che saltando strategicamente (e a questo punto oltre alla strategia c’era una decisione di prevenzione…) il Roland Garros poi era riuscito a far smettere ai britannici di contare gli anni senza Championships vinti. Giubilo, forma straripante e feste con le nacchere in piazza bevendo birra con il boccaglio per il futuro numero uno del tennis. E invece agli US Open lo si era rivisto claudicare, ciondolare in campo, fare smorfie di ogni tipo e movimenti strani, oltre a prestazioni semipietose, secondo quella che molte volte era stata quasi una tattica mimetica in campo per mandare in paranoia da sensi di colpa il Nieminen di turno, mentre Lendl russava sonni tranquilli in tribuna. Fino all’arrivo dello tsunami Wawrinka: e tutti a confermare “Ma allora non era una tattica a nascondersi! Si è proprio imbrocchito!”

Eppure noi, lasciateci un minimo di autocelebrazione ironica, lo dicevamo del resto che, in quel match contro Stan, il vedere un Lendl a braccia conserte più sveglio che mai qualcosa doveva voler significare per forza, rispetto al crash test dummies assopito delle volte precedenti che veniva svegliato solo a fine match a suon di “Gnamo al bar?”!

Ebbene il figlioccio della regina stava male sul serio e alla fine ha ceduto. Quindi per rivedere di nuovo in campo quella che poteva diventare “The next big thing” nel circuito, dovremmo attendere ancora, senza farci nemmeno troppo la bocca, visto che la parte che si andrà a toccare, come detto, è molto delicata e influenza, specie nella fase di recupero, l’intero gioco di un giocatore. A questo punto quanto la cosa influenzerà il proseguimento della carriera di Murray lo si vedrà solamente dopo il recupero, fatto sta che questo stop forzato aggiunge forse ancora più difficoltà psicologiche alla strada da percorrere per tornare al top dopo un exploit come quello ottenuto a Londra, oltre a quelle di un logico e naturale appagamento dopo il sogno di una vita realizzato. Resta il fatto che Muzza ancora deve raggiungere quella soglia che manca al suo carnet, ovvero quel numero 1 davanti al proprio nome, che per adesso resta ancora un sogno molto molto lontano. Speriamo la cosa lo sproni di butto.

Tutto ciò al di là di tutto toglie un bel po’ di pepe al finale di stagione, viste le condizioni dei vari giocatori che si sballottano nella top ten e la superiorità netta dei primi due nei confronti del resto della truppa – uno spagnolo su tutti. Inutile dire che si va veramente incontro a quella che potrebbe essere la stagione più monotematica e priva di varietà degli ultimi decenni, nella quale via via i top player hanno finito per autoeliminarsi dalla scena a suon di acciacchi, cali di forma e infortuni vari. All’inizio non c’era Nadal, fermo ai box, adesso sono spariti tutti gli altri.

Inutile dire che in molti si aspettavano un Murray che avrebbe potuto fare da terza voce in questi ultimi appuntamenti, e invece probabilmente ci indirizziamo verso un finale di stagione targato Spagna-Serbia con pochissime varianti all’orizzonte rispetto a quanto visto a Montreal e a New York.

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