Challenge Round. Quando Davydenko illuminò la prima di Shanghai

A una decina di giorni dall’inizio del Master 1000 di Shanghai, riviviamone la prima edizione, quella del 2009. A trionfare fu Nikolay Davydenko, il quale da lì prese lo slancio per il miglior finale di stagione della sua carriera, che lo portò a imporsi con pieno merito anche nelle ATP World Tour Finals di Londra. Eppure da sempre il russo veniva etichettato da anni come un grigio impiegato della racchetta, noioso a vedersi, quasi un intruso fra i top player. Se mai ve ne fosse stata la necessità, tali concetti, falsi e iniqui, vennero spazzati via in Cina, dove il presunto colletto bianco del circuito timbrò il cartellino a modo suo, conquistando il proprio terzo Master 1000 (dopo Parigi Bercy 2006 e Miami 2008).

Lo fece in un modo che non lasciò spazio a perplessità: battendo prima due ossi duri come Fernando Gonzalez e Radek Stepanek e poi, uno dopo l’altro, i migliori giocatori in tabellone, Novak Djokovic e Rafa Nadal. Soprattutto, trionfò prendendosi i suoi rischi, cercando sempre di comandare il gioco, facendo leva sul proprio innato senso dell’anticipo, anche al cospetto degli avversari più quotati. In semifinale rimontò il Djoker, che veniva dal successo di Pechino e pareva il naturale favorito del torneo, arrivando a spadroneggiare nel tie-break decisivo; il giorno dopo, malgrado avesse sulle spalle le tre ore abbondanti di battaglia con il serbo, dimostrò di averne assai più da spendere rispetto alla Tigre di Manacor, domando la belva con un’autorevolezza che andò ben oltre lo score conclusivo (76 63). Per valutare l’aggressività e l’efficacia della performance contro lo spagnolo basti un dato statistico, quello relativo ai colpi vincenti: trentacinque contro nove, quasi il quadruplo.

Davydenko nobilitò così un evento che, nei primi giorni, si era distinto più che altro per gli acciacchi dei suoi protagonisti annunciati. Alla vigilia Nadal e Roddick si erano lamentati per il logorio fisico derivante dai troppi impegni nel Tour: in effetti Federer e Murray avevano annunciato il loro forfait già da tempo, mentre Del Potro e lo stesso A-Rod non si presentarono in condizioni ottimali, ritirandosi nel corso del loro primo impegno.

In compenso Rafa, pur non al top della condizione, confermò una volta di più di essere uno che non si batte mai da solo: lo agevolarono però un tabellone assai favorevole (il giocatore di più alta classifica incontrato prima del match clou fu il connazionale Tommy Robredo, n. 15, negli ottavi) e gli abbandoni di Ljubicic, che gli aveva strappato il primo set, e Lopez. Al successivo Masters il maiorchino avrebbe raccolto tre sconfitte nel round robin, e senza conquistare nemmeno un set (con Soderling, Davydenko e Djokovic), ma non c’era da preoccuparsi: l’anno successivo sarebbe stato quello della sua pronta e sontuosa rinascita.

Oggi Nadal è al culmine dell’ennesimo miracolo sportivo, in procinto di tornare numero uno del mondo, mentre Davydenko, ormai 32enne, complice un infortunio al polso che lo bloccò sul più bello all’inizio del 2010, è scivolato indietro in classifica (questa settimana è n. 45). A ogni modo, d’accordo, magari non avrà mai avuto il phisique du role da incantatore di folle, ma, quando si è espresso al meglio, il russo ha divertito e si è saputo togliere notevoli soddisfazioni.

 

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