Ace Cream: Federer finito? Io dico di no

Federer non c’è più. Siete sicuri? Lo dicono tutti, tranne lui. Lo dicono i risultati, che in quest’anno di scarsissima grazia, sono lontani mille miglia da quelli di sempre. Lo dicono le sconfitte con i giocatori che aveva sempre battuto, e quel senso di fragilità che trapela dalla costruzione stessa del suo gioco. Robredo lo aveva infilato undici volte su undici, ma la dodicesima non ce l’ha fatta. Anzi, ha perso in tre set, neanche si fossero scambiati le parti. Fuori negli ottavi, il povero Federer. Addirittura in difficoltà nella classifica che lo dovrebbe consegnare all’ennesimo Master di fine anno.

Entrano in otto, lo sapete, e lui ora è settimo, anche se da lunedì recupererà un posto nella classifica dell’Atp, e risalirà al sesto posto. Eppure, in alcuni momenti, in certi colpi che solo lui sa fare, Federer è ancora fra noi. Gli unici gioielli di questo torneo, dopo otto giorni di tennis, è stato lui a mostrarli. L’unico vero dispiacere, per il pubblico, ora che i tabelloni si sono ridotti della metà della metà, è che lui sia fuori. Degli altri, poco importa. Di lui no. Forse è per questo che lui insiste a dire di non essere finito. E se avesse ragione?
Non penso che tornerà a vincere con la facilità di una volta. Quel che manca, nei momenti che contano, è il sacro fuoco dei campioni, la scintilla che ti fa tirare fuori l’impresa. Eppure i colpi impossibili sono ancora nel suo repertorio. Li mette in mostra, e si vede che lo divertono ancora. Me lo terrei anche così, il Federer, se solo fosse possibile. Ma mi chiedo, in questo coro di campane che suonano a morto, se sia giusto trattarlo come gli altri, o se invece lui meriti una forma di rispetto che implichi, anche, la speranza di un ulteriore lampo.
È evidente, mi sto ribellando alla logica, ai dati numerici. Ma per Federer lo faccio volentieri. Tutti dicono che è finito. Io no. Mi metto qui, buono, e lo aspetto ancora.

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