Quando Federer e Nadal infiammarono Miami

di FABRIZIO FIDECARO

Senza Roger Federer e Rafael Nadal quello di Miami è senza dubbio un Master 1000 in tono minore. Dopo varie edizioni da record di affluenza, sta risentendone anche la vendita dei biglietti: è logico che gli appassionati della Florida tenessero molto ad ammirare i due maggiori fuoriclasse degli anni Duemila, concordi nella decisione di saltare il torneo. E dire che proprio a Miami ebbe inizio la storia della loro rivalità…

Occorre risalire a nove anni fa, stagione 2004, quando Roger e Rafa si trovarono per la prima volta uno di fronte all’altro in un match ufficiale. Era il terzo turno dell’allora NASDAQ-100 Open, e l’elvetico, vincendo gli Australian Open, si era da poco issato sulla vetta del ranking mondiale. Dal canto suo, lo spagnolo era un diciassettenne di grandi speranze, ancora senza trofei ATP in bacheca, ma con una finale raggiunta a gennaio in quel di Auckland, persa solo 75 al terzo con lo slovacco Dominik Hrbaty.

Alla vigilia si poteva pronosticare un incontro senza storia, e invece Nadal riuscì nell’impresa di prevalere con un doppio 63. Si pensò a un Roger stanco, e, in effetti, lo svizzero veniva dai titoli conquistati in settimane consecutive a Dubai e a Indian Wells, e già al round precedente aveva rischiato grosso con Nikolay Davydenko. Nadal non  superò la “prova del nove”, perdendo subito dopo con il cileno Fernando Gonzalez.

Il suo successo, però, non era stato certo frutto del caso. A rendere ufficiale lo status di Rafa di grande rivale del campione di Basilea fu una nuova sfida in scena a Miami, stavolta con in palio qualcosa di ben più prestigioso: il titolo. I due, infatti, incrociarono le rispettive strade l’anno successivo, niente meno che in finale. Nel frattempo Federer aveva centrato tre quarti di Slam nel 2004 e nel 2005 si era già imposto in quattro tornei (Doha, Dubai, Rotterdam e Indian Wells), mancando però il bis a Melbourne, sconfitto da Marat Safin in una rocambolesca semifinale. Anche Nadal, nei dodici mesi intercorsi, nonostante un infortunio, aveva cominciato a ottenere risultati importanti: nel 2004 il primo titolo a Sopot; nel 2005 già due successi, ad Acapulco e a Costa do Sauipe.

Il loro percorso fu molto simile. Entrambi cedettero un set negli ottavi a un croato: Federer (che era stato portato al terzo anche dall’argentino Mariano Zabaleta) a Mario Ancic, Nadal a Ivan Ljubicic. Poi Roger travolse Tim Henman e Andre Agassi, mentre Rafa riservò il medesimo trattamento a Thomas Johansson e David Ferrer.

Nel match clou si ebbe subito la conferma di come l’indiscusso numero uno del mondo soffrisse, e non poco, il gioco velenoso dell’avversario, il suo diritto più arrotato che mai, i recuperi implacabili. L’iberico dominò il primo set con un clamoroso 62, si aggiudicò anche il secondo al tie-break e si involò sul 4-1 nel terzo. Federer era palesemente nervoso, il ragazzino con la canottiera arancione e i pantaloni a pinocchietto stava mettendolo nuovamente alle corde.

«Oggi mi sono veramente preoccupato», dichiarò Roger al termine. «Specialmente dopo il primo set: non mi capita spesso di perderne per 62, e questo dimostra quanto stessi soffrendo. Il fatto che Nadal sia mancino ha avuto molto peso nella faccenda, non ne sono rimasti molti nel circuito, e io ho faticato a contrastarlo. Forse all’inizio sono stato troppo aggressivo, non so».

Federer diede fondo alle proprie energie per evitare la debacle e nel terzo set riuscì a recuperare il break di svantaggio, risalendo sul 3-4, con la battuta a disposizione. Si ritrovò però 0-30, prossimo a mandare il 18enne maiorchino a servire per il match. Nello scambio successivo un diritto del numero uno forse out fu dato per buono: sfumò quindi lo 0-40, aprendo lo spazio per le polemiche. Si andò a un nuovo tie-break e fu ancora Rafa a scattare meglio, portandosi sul 5-3, a due punti dal titolo. Qui Roger dimostrò la sua classe, estraendo dal cilindro un formidabile diritto vincente sulla riga. Fu la chiave di volta del match.

«Sul 4-3 ha giocato un dritto che era fuori, ma il giudice ha detto che era dentro», spiegò Nadal nel dopo-partita. «Però sul 5-3 nel tie-break ne ha messo uno sulla riga. È il numero uno, no?». Con quattro punti di fila Federer si aggiudicò il tie-break per 7-5. Lo spagnolo tentò di resistere nel quarto, ma, poco abituato alla lunga distanza, crollò nel quinto. Roger finì per imporsi con il punteggio di 26 67(4) 76(5) 63 61 dopo tre ore e quaranta minuti. Il pubblico tributò una convinta standing ovation a tutti e due i protagonisti.

«Roger commette degli errori, non è quella la sua forza», disse poi Nadal. «La sua forza sta nella capacità di sorprenderti, e nel fatto che di solito ti sorprende nei momenti che contano. E lì non sbaglia mai. Non sono contento di aver perso la finale, ma sono soddisfatto del mio torneo. Match come questi sono divertenti. Quando perdi l’ultimo punto, però, il divertimento finisce subito».

«A un certo punto mi sono rilassato», ammise Federer. «Ho capito che ero troppo sotto pressione e ho giocato con più calma da fondocampo. Ho trovato il mio ritmo e a partire dal terzo set ho cominciato anche a servire meglio. Sono contento di aver vinto questo torneo, perché ho battuto gente come Henman e Agassi, e li ho battuti alla grande, e poi sono riuscito a rimontare da due set a zero in finale. Quello di oggi è stato un grande match, perché io so che grande giocatore sarà un giorno Nadal». Presto se ne sarebbe accorto il mondo intero.

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