Kim Clijsters pronta a salutare il tennis

Stavolta ci siamo davvero. Non che abbia un’età da pensione, per carità: ha compiuto ventinove anni a giugno e, sia nel Tour maschile sia in quello femminile, circolano fuoriclasse di due o tre primavere più anziani di lei che continuano imperterriti a trionfare negli Slam e negli altri eventi più importanti. Stavolta, però, Kim Clijsters sente che è davvero arrivato il momento giusto per abbandonare il tennis. Non come nel 2007, quando si ritirò per sposarsi con il cestista americano Brian Lynch e mettere al mondo una dolcissima bambina. Allora, i suoi anni non erano nemmeno ventiquattro, e in pochi avevano creduto a uno stop definitivo. Come volevasi dimostrare, dopo aver costruito una splendida famiglia, Kim ritornò un paio di stagioni più tardi, in estate, e lo fece col botto, vincendo subito gli US Open.

Da lì in poi, quella che nella prima parte della sua carriera veniva spesso etichettata come una giocatrice dal grande potenziale ma cui mancava una reale mentalità vincente ha vissuto un periodo d’oro. Ormai libera da ogni cattivo pensiero, più matura e appagata dalla sua esistenza extratennistica, la ragazza di Bilzen si è confrontata con le tenniste più giovani – e non solo – con una serenità disarmante. Se fino al 2007, nonostante una costante e duratura permanenza tra le primissime del ranking mondiale, aveva conquistato un solo trofeo Major (gli US Open 2005, in finale su Mary Pierce), dal suo rientro, nel giro di un anno e mezzo scarso, ne ha messi in bacheca altri tre, due a Flushing Meadows (nel 2009, appunto, su Caroline Wozniacki, e nel 2010, su Vera Zvonareva) e uno agli Australian Open (nel 2011, sulla cinese Na Li), tornando anche in vetta al ranking mondiale.

Quello ottenuto a Melbourne, a meno di clamorose sorprese, resterà il suo ultimo titolo in carriera nel circuito maggiore, il 41esimo in sessanta finali disputate. Il primo centro risale al 1999, in Lussemburgo, sull’altra belga Dominique Monami (conosciuta anche, per un periodo, come Van Roost, dal cognome dell’ex marito). Tra i suoi successi, anche tre Wta Championships (2002-03, 2010) due Indian Wells (2003, 2005), due Miami (2005, 2010), Roma (2003) e la Fed Cup (2001).

Numero uno del ranking sia in singolare (la prima volta nell’agosto 2003) sia in doppio (specialità nella quale ha vinto due Slam, il Roland Garros e Wimbledon 2003, al fianco della giapponese Ai Sugiyama), curiosamente non è riuscita a vincere, a livello individuale, il Major in cui ha giocato le sue prime due finali, ossia Parigi. All’ombra della Tour Eiffel, nel 2001 fu sconfitta (per 12-10 al terzo!) da Jennifer Capriati e nel 2003 dalla Henin, che l’avrebbe superata poi anche nei match clou dei successivi US Open e in quello di Melbourne nel 2004. Kim non ha mai avuto fortuna a Wimbledon, dove al massimo è giunta per due volte in semifinale (2003 e 2006).

La campionessa belga, afflitta da mille infortuni (l’ultimo, serio, all’anca, che le ha fatto saltare l’intera primavera sul rosso), ha annunciato fin dallo scorso maggio il proprio ritiro al termine dell’evento americano. “New York è il luogo dove ho ottenuto i miei più grandi trionfi”, ha dichiarato, “ed è un posto speciale per me. E poi, visto che lo stadio si trova a soli tre quarti d’ora dalla nostra casa negli States, potranno venire anche i miei suoceri”. Di lei resteranno il sorriso aperto, la simpatia e la sportività dentro e fuori dal campo, il ritmo inesorabile dei suoi potenti colpi da fondo, la deliziosa immagine della figlioletta Jada che gioca felice sul campo con il trofeo degli US Open 2009, l’intensa rivalità con la connazionale Justine Henin, così diversa da lei sotto ogni punto di vista. Ora, però, è tempo di passare a un nuovo capitolo della vita, da affrontare, come sempre, dando il meglio di se stessa. In bocca al lupo, Kim, ci mancherai!

Dalla stessa categoria