Minella: “Essere mamma è un’avventura che mi riempie di gioia”

Mandy Minella ha ottenuto la prima vittoria in carriera al Roland Garros. Intervistata esclusiva prima dello Slam ci ha raccontato com'è essere mamma e tennista, lontana dalla ribalta: "È più difficile perché devo dedicarle molto tempo, ma poi esco dal campo, vedo lei, e dimentico tutto".

La storia di Serena Williams, della sua volontà nel rientro in campo dopo la gravidanza e tutti i problemi che ne sono seguiti, fa ben capire lo spessore e la mentalità di ferro di una giocatrice che vive (anche) per il successo, le luci della ribalta, per ribadire di essere la migliore anche ora che la sfida è veramente delicata.

A quasi 38 anni, quello che la statunitense sta cercando di fare ha dell’incredibile, ma come per lei si spendono elogi e riconoscimenti basta scendere un po’ nel ranking per trovare tante altre mamme-giocatrici, meno famose e popolari, ma che vivono giorno per giorno con la volontà di non mollare la racchetta e di sdoppiarsi tra quello che a conti fatti è un doppio impegno costante: l’essere una tennista professionista e che guadagna da vivere con quello, e l’essere una mamma, curare il proprio figlio o la propria figlia, seguirlo e accompagnarlo il più possibile.

Cambia tutto in quest ottica. Così è stato anche per Mandy Minella, tennista lussemburghese che dopo qualche anno di matrimonio con il coach Tim Sommer ha annunciato di doversi fermare perché era entrata nell’ultima fase della gravidanza. Serena aveva giocato (e vinto) l’Australian Open 2017 con il feto di Olympia nella pancia, Victoria Azarenka era già incinta quando realizzò il Sunshine Double nel 2016 (fate i calcoli, visto che Leo nacque il 20 dicembre 2016), mentre Minella è stata la meno chiacchierata perché anche la meno “nota”, ma a conti fatti ha avuto il rientro in campo più positivo possibile.

Ci siamo seduti attorno a un tavolo per una intervista esclusiva per parlare di tutto quello che è stata la sua vita da inizio 2017 e con noi quel giorno c’era anche lei, la piccola Emma Lina, nata il 30 ottobre di quell’anno, stretta in un dolce abbraccio da sua mamma che ogni tanto le accarezzava i capelli e la guardava con uno sguardo carico di grande amore e con un italiano molto ben impostato raccontava: “La mia vita è cambiata. Questa è un’avventura che mi riempie di gioia, veramente. Grazie a lei ho scoperto tante sensazioni nuove. È più difficile, perché devo dedicare molto tempo a lei, ma poi esco dal campo, vedo lei, e dimentico tutto. Ho lei, ho tante cose che voglio fare con lei e non penso più al tennis. Questo nelle giornate brutte ma anche in quelle belle”.

L’ultima partita giocata fu a Wimbledon, quando si presentò in campo con il completo Nike del 2016 per non stringere troppo sulla pancia e un feto che ormai aveva quasi 5 mesi: “Quando ho saputo della gravidanza ho chiesto consigli a tre dottori. Tutti mi hanno detto che potevo giocare finché me la sentivo, non c’era realmente bisogno di smettere. È qualcosa che dipende da persona a persona. Ci sono donne che stanno male all’inizio della gravidanza e che non hanno energia, mentre per me i primi 3 mesi non ho sentito niente, stavo bene, andavo anche in palestra un po’ meno del solito ma continuavo a fare tutto come se non ci fossero problemi”.

Minella è tornata a giocare a inizio febbraio del 2017, e come raccontava la lussemburghese è stato un po’ un azzardo: “Ho cominciato un po’ troppo presto, penso. Però era un bene per me perché avevo ancora un ranking, così semmai fossi riuscita a fare qualche punto non avrei perso tutto quello che ancora avevo. Se avessi dovuto ricominciare da zero per me sarebbe stato praticamente impossibile, con solo otto tornei a disposizione”. E qui si crea il punto che forse più preoccupava Minella, ma come lei probabilmente anche le altre giocatrici di seconda o terza fascia che staccavano dall’attività tennistica per poi provare un rientro senza aiuti come wild-card, teste di serie protette: “Non volevo giocare i tornei ITF da 15.000 dollari, non era possibile risalire. Così abbiamo deciso di tornare un po’ prima e fare qualche punto per poter dopo essere magari nei tornei da 25.000, 60.000…”. Eppure, un mese più tardi, ecco il primo titolo, a Santa Margherita di Pula in Sardegna, con la dedica ovviamente a lei, Emma Lina, che in quel momento si stava divertendo a guardare un video sul cellulare di mamma. Minella, scherzando: “È una salvezza. Lei a quest ora vorrebbe dormire, almeno così riesco a tenerla impegnata ancora per un po’”.

Quel successo in Italia fu completamente inatteso: “No, non avrei mai pensato di poter vincere un titolo un mese dopo il rientro. Ma poi ne ho vinti quattro, in cinque mesi. E ho fatto anche una finale WTA a Gstaad. Sono stata veramente sorpresa, non avevo alcuna aspettativa, speravo di finire l’anno vicina alle prime 200 così da poter volare in Australia e giocare le qualificazioni all’Australian Open, ho quasi centrato il rientro in top-100”. Oggi, con il 6-4 6-2 ai danni di Anastasia Pavlyuchenkova, Minella ha ottenuto il primo successo in carriera al Roland Garros nel tabellone principale e avrà un importante balzo in classifica dentro le prime 90 del mondo. “Quell’anno doveva essere una prova” ha aggiunto, “avevo qualche special ranking per qualche torneo, ma veramente pensavo anche che avrei potuto smettere se vedevo che le cose non funzionavano più. È andata invece tutto troppo bene”. E se questo riguarda solo l’aspetto sportivo, poi subentra anche il privato: “Emma Lina di notte, soprattutto il primo anno, piangeva di continuo. Ero ai tornei con lei e mi svegliavo ogni volta. Passavo periodi in cui le cantavo una ninna nanna alle 4 del mattino per calmarla e il giorno dopo alle 9 ero in campo. Non è nulla di strano, penso, perché tutte le mamme con un lavoro vivono situazioni simili e io all’inizio non ero neanche stanca, però adesso lo sento di più anche se non so perché. Se lei si alza alle 6 c’è mio marito che esce con lei, vanno a camminare, a mangiare, e io posso rimanere un pochettino di più a letto”. A domanda se ha mai chiesto al marito e allenatore di occuparsi di qualche situazione con la piccola, la risposta è stata immediata: “No, mai. Lo voglio fare io. Sento che voglio fare tutto io. Lui mi aiuta tanto, ma non gli chiedo mai di fare qualcosa al posto mio con la piccola. Sei mamma, vuoi fare tutto tu, ti viene spontaneo”. Però essere una tennista vuol dire anche avere i piedi su un aereo quasi tutte le settimane, e per una bambina di neppure due anni non deve essere facile sopportare viaggi oltreoceano, se non addirittura fino in Australia: “No, è vero, infatti quest anno abbiamo fatto una settimana a Dubai. Siamo partiti dall’Europa e ci siamo fermati una settimana a Dubai per spezzare il viaggio. Però son sincera non mi ha mai dato problemi veri in aereo. Il jet lag è più difficile, però non è nulla alla fine”.

Con lei giocatrice e il papà accanto, la figlia ha già capito che la famiglia è speciale: “Sa che gioco a tennis, sì. Ogni tanto prende qualcosa e fa il gesto di colpire una palla e urla “bum!”, però no non saprei se sa che sia differente, o speciale. Ho provato a darle una racchetta, si divertiva a muoverla anche se è troppo pesante ancora per lei e dopo poco la lasciava lì. Son sincera, sarei molto felice se decidesse di giocare a tennis perché per me è uno sport fantastico per l’educazione. Comunque, o tennis o qualsiasi altro sport, alla fine non avrei problemi”. A Gstaad Emma Lina c’era quando la mamma raggiunse la finale: “È stato molto bello. Lei era con la nonna, mia mamma, che la portava a passeggio e la faceva giocare quando io ero in campo a giocare. Non so se sei mai stato a Gstaad, è un posto stupendo. Io forse lì ho capito veramente che non penso più al tennis come prima: volevo stare con lei, volevo essere mamma e godermi ogni momento fino a un minuto prima di dovermi mettere i vestiti e andare in campo e da un istante dopo essere uscita dal campo. La mia vita è cambiata completamente, è una vita normale, con problemi normali. Essere mamma è un impegno che non ha orari, ma sono felice: lei è la mia priorità numero 1, assolutamente tutto per lei, poi il tennis. Se mi capitasse di non potermi allenare una volta non fa niente, non mi alleno”. Tutto questo amore e questa attenzione sono più che comprensibili, ma allora la domanda è sorta spontanea: perché tornare? “Perché ho pensato che per me non fosse ancora finita. Non è possibile dopo aver dedicato tutta la mia vita a qualcosa dire all’improvviso: “ok, smetto”. Non era facile smettere dopo aver fatto tutti questi sacrifici. Ho avuto la fortuna di essere io a decidere e allora mi sono detta di provarci, perché comunque avevo la possibilità di un ranking protetto piuttosto alto che mi permetteva di essere presente nei tornei Slam”.

A questo punto, Emma Lina ha cominciato a farsi sentire in maniera più importante. Minella le parlava per tranquillizzarla, ma la bambina aveva deciso che doveva andare a dormire. In quel momento è entrata nella stanza la moderatrice WTA chiedendo se fosse tutto ok e se avevamo finito, ci siamo guardati ed è uscito un “pare di sì” quasi in contemporanea con tanto di risata. Da febbraio 2018 a oggi Minella starà forse pensando meno al tennis, ma sta anche riuscendo a togliersi soddisfazioni di un certo valore, soprattutto essendo consapevole di come tutto ciò sia diverso. La vittoria contro Pavlyuchenkova è parte di un capitolo che è destinata a esaurirsi, soprattutto ora che si avvia verso il trentaquattresimo compleanno, e ha scoperto che nella sua vita ora c’è spazio per emozioni ancora più forti e difficilmente descrivibili, il tutto mentre sul suo volto rimane impresso un sorriso che è tutto per la sua stella.

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