Errani, la wild-card e una storia sbagliata

Roma è un torneo dal livello troppo alto per la Sara Errani di adesso. Non c'era alcun modo di fare bella figura ma non c'era alternativa, per la sua storia e perché non abbiamo under-25 in top-200. Eppure vederla travolta senza reagire non può che far spazio ai pensieri più cupi.

La sensazione peggiore, al termine del netto 6-1 6-0 rifilato da Viktoria Kuzmova a Sara Errani a Roma, è quella di una resa definitiva.

Vogliamo continuare a pensare sia solo una sensazione, un errore, un momento dove tante certezze stanno venendo a meno, ma la sentenza che emerge dal campo 2 del Foro Italico, semmai non fossero bastate le recenti prestazioni, è che non dobbiamo più pensare a una Errani in grado di tornare competitiva per una posizione anche solo tra le prime 50 del mondo.

Non c’erano particolari obiettivi in questo torneo, ma si sperava pensando al grande cuore e all’indomito carattere della romagnola che uno scatto d’orgoglio potesse portarla a fare una prestazione più convincente. Non si parla di vittoria, visto che avrebbe rappresentato un’impresa in qualche modo impossibile da immaginare, ma anche senza puntare così in alto Kuzmova, che pure non è propriamente tennista da terra battuta, ha messo a nudo i grandi limiti e l’enorme differenza che c’è attualmente tra le due giocatrici.

Una sensazione, attuale, di grande impotenza. E non è giusto anche nei confronti di Sara dire che Kuzmova oggi abbia pescato la giornata perfetta. La slovacca veniva da un severo 6-0 6-0 maturato a Madrid contro Simona Halep, che su terra battuta ha una sensazione di facilità nel giocare contro avversarie molto aggressive e ha “guastato” la prima volta della sua giovane avversaria (21 anni) su un campo principale così importante. Kuzmova però oggi ha fatto quello che ha voluto, con pazienza e prendendosi anche qualche rischio qua e là ma sempre in pieno controllo del gioco. E pensiamo a quanto possa essere frustrante, per Sara, trovarsi di fronte al proprio pubblico da 285 del mondo e vedersi presa a pallate da una ragazzina neppure troppo a suo agio su quella che invece un tempo era la sua superficie preferita.

Verrebbe una domanda anche scomoda da fare: perché la wild-card? Nessuno vuole mancare di rispetto alla storia che Sara ha scritto nella sua carriera personale, incredibile, e nella storia del tennis italiano. Nessuno dimenticherà mai il suo ruolo nella squadra di Fed Cup, le semifinali e la finale Slam, quella sensazione di muro invalicabile e giocatrice di grande intelligenza nel riuscire costantemente a sovvertire partite dove contrastava avversarie mettendoci tanto cuore, solidità e varietà, ma ora quella che abbiamo di fronte è una giocatrice quasi spenta. Sentendola cacciare un tremendo urlo di frustrazione, all’ennesima risposta vincente subita, veniva quasi da pensare se a oggi stia ancora provando emozioni positive verso questo sport.

La sua vicenda personale legata al doping è brutta, scomoda e ricca di pagine controverse. Aveva pagato, era tornata a giocare, poi le è stato imposto di fermarsi ancora. Sono passati ormai due anni da che la notizia venne fuori e giusta o sbagliata che sia, la seconda squalifica, Sara dopo essere rientrata dai margini della top-300 adesso si ritrova di nuovo lì. Mentre usciva dal campo, sconsolata, il commentatore di WTA TV chiudeva la telecronaca con un sommesso: “Non sappiamo che cosa il futuro le riserverà, e ci dispiace”. E per quanto le si riconosca tutto quello che di bello ha fatto, viene da chiedersi perché darle una wild-card in un torneo che oggi come oggi lei non poteva giocare. La partita conclusa in 56 minuti, “grazie” soprattutto ad alcuni game ai vantaggi, è forse la dimostrazione più evidente. Non c’è il livello, e chissà se lo ritroverà, per competere in un Premier 5 dove ogni avversaria a oggi le è ampiamente superiore e Kuzmova ha chiuso il compitino senza problemi. C’è il problema del servizio, ma c’è anche un livello generale che è sceso tantissimo rispetto alla Errani che infiammava le tribune di Roma raggiungendo una semifinale e una finale tra 2013 e 2014.

Vederla sul campo 2 era già un piccolo neo, vederla così dimessa è stato un colpo letale alle speranze quantomeno di vederla coinvolta in una partita vera. E le prospettive non sono per nulla positive. Dopo i quarti di finale a Bogotà, maturati con un tabellone completamente diverso rispetto a questo, solo delusioni. A Rabat, prima di Roma, non era riuscita a passare al tabellone principale perdendo in maniera rocambolesca contro Fiona Ferro, altra giocatrice che in qualsiasi momento della sua carriera, sulla terra battuta, avrebbe divorato. Non si è qualificata per un International, fa fatica a vincere contro chi è nelle prime 150 del mondo, perché darle una wild-card in un Premier 5? E di nuovo, lo diciamo con grande rammarico di chi prova ad accettare una realtà durissima. E ci mette comunque la faccia, Sara, quando commette 3 brutti doppi falli consecutivi riuscendo poi a tenere vivo il punto. Ma non basta più se si guarda all’economia della partita. Deve essere una sensazione bruttissima, quella che sta provando, nel trovarsi gli occhi di tutti i suoi tifosi addosso e non riuscire a giocare. La federazione italiana le ha assegnato subito un invito, dove probabilmente la riconoscenza ha prevalso sulla ragione, e forse deve aver pesato anche il momento estremamente negativo di tutto il movimento tennistico al femminile, incapace di vedere under-25 in top-200.

Eppure, vedendola così, le sensazioni sono le peggiori. Non c’è prospettiva, se veramente il livello rimarrà questo, di ritornare competitiva anche solo per essere di nuovo tra le prime 100. Mai come questa volta vorremmo sbagliarci, ma la stagione sulla terra non ci sta regalando una Errani lontanamente vicina a quella che era un tempo.

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