Zverev, è l’anno della verità

Dopo aver trionfato alle ATP Finals al tedesco non è rimasto che l'ultimo grande banco di prova: i tornei del Grande Slam

La vittoria di Alexander Zverev alle ATP Finals sarà l’inizio di una nuova era?

La risposta dipenderà unicamente dai segnali che il ventunenne tedesco saprà dare nei Major durante la prossima stagione. Il decimo titolo (e il più importante) della giovane carriera di Zverev è arrivato senza alcun preavviso contro quasi la totalità dei pronostici e per questo ancora più lodevole. Eppure, nonostante sia stato preceduto da tre Master 1000, due tornei ATP 500 e quattro ATP 250 conquistati in due anni di carriera, che hanno permesso al tedesco di chiudere il 2017 al terzo posto della classifica mondiale e il 2018 al quarto, resta ancora qualche dubbio sulle sue capacità di gestire la pressione in un match tre su cinque di un torneo di tale importanza.

Il talento e la personalità sono quelli di chi dominerà il circuito, non tanto per le prestigiose vittorie già collezionate, quanto più per la determinazione e la fiducia che ha mostrato in campo per ottenerle. Nel momento in cui si è trovato a giocare match fondamentali contro avversari che era consapevole di poter battere anche se “sulla carta” gli erano superiori, raramente Zverev non si è fatto trovare pronto. A partire dalle due finali di Roma e Montreal vinte contro Djokovic e Federer nel 2017, passando da quella pur persa contro Nadal a Roma per concludere con le due raggianti prestazioni in semifinale e in finale a Londra nella stagione appena finita, è innegabile che in lui alberghi la mentalità del campione vero.

Adesso dovrà fare il salto di qualità nelle prove del Grande Slam e quella che si troverà ad affrontare sarà la stagione forse più importante della sua carriera proprio perché coincide con un momento storico favorevole di cui lui dovrà approfittare senza appello. Già nel 2017, tolti i primi mesi dell’anno, Federer e Nadal non hanno vinto per manifesta superiorità ma per mancanza di avversari validi e la storia si è ripetuta quest’anno fino al risveglio di Djokovic a Wimbledon che da quel momento, come ben si sa, ha dominato la seconda parte della stagione riprendendosi il trono mondiale.

Ci sono concrete possibilità che il serbo parta alla grande nel 2019 mentre regna l’incertezza su quelle che saranno le condizioni dello svizzero e dello spagnolo e, in special modo sulla loro tenuta alla lunga distanza e sembra addirittura un’utopia pensare a un ritorno di Murray ai livelli del 2016. La generazione di Dimitrov, Nishikori e del Potro è stata ormai scalzata da quella dei giovani del futuro e tra questi Zverev è l’unico che, oltre ad avere ancora enormi margini di miglioramento, ha già raggiunto una solidità mentale e di gioco costante nei mesi.

I numeri relativi alle vittorie nelle prove del grande Slam da quindici anni a questa parte, cioè da quando prima Federer poi Rafa e a seguire Djokovic, hanno imposto una dittatura “combinata” dal Roland Garros, a Wimbledon passando attraverso Melbourne e New York, sono impressionanti. Su sessanta titoli Slam che coprono il periodo, venti sono di Federer, diciassette di Nadal, quattordici di Djokovic e sommati tutti ne restano “solo” nove lasciati agli altri quali Murray, Wawrinka, del Potro, Cilic e Safin. Storie di giocatori che pur non avendo le stimmate del “Campione”  hanno saputo scrivere il proprio nome, almeno una volta, nell’albo d’oro di uno Slam.

E quindi cosa dovrà fare Sascha Zverev? Dovrà affidarsi al suo team e mettersi nelle mani di ognuno di loro e di quelle di Lendl in primis. Dovrà essere umile mentalmente ma non così tanto da essere passivo. Dovrà essere consapevole del suo talento ed essere risoluto in campo, costruttivo, responsabile, determinato, aggressivo come lo è stato nella finale a Londra contro Djokovic durante la quale ha espresso un tennis di qualità, fatto di colpi studiati e mirati sorretti da una forza mentale gigantesca. Dovrà farlo per undici mesi. Cosa non dovrà fare? Avere ancora paura del giudizio altrui. Tutti si aspettano grandi cose da lui e se questo può essere stato, in parte giustificato, troppo pesante da gestire finora, da domani non ci saranno più scuse. Futuro numero uno o promessa mancata? Sarà lui a dare la risposta.

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