Pliskova imperatrice di Giappone, il WTA di Tokyo rimane tabù per Osaka

Niente bis per Naomi Osaka dopo lo US Open: una grande Karolina Pliskova ha conquistato a Tokyo il suo secondo titolo del 2018 con una prestazione impeccabile al servizio e in fase difensiva.

[4] Ka. Pliskova b. [3] N. Osaka 6-4 6-4

Niente lieto fine per Naomi Osaka a Tokyo, dove la giapponese perde per la seconda volta in due anni la finale del torneo WTA Premier di casa. La neo-campionessa dello US Open torna ad assaporare l’amaro retrogusto di una sconfitta in un incontro dal punteggio piuttosto tirato ma in cui Karolina Pliskova, almeno nel primo set, ha vinto tutti i punti più importanti.

Ottimo risultato per la ceca, che mantiene un trend molto positivo nelle finali da inizio del 2016. Ha perso solo 2 delle 8 sfide all’ultimo atto giocate: contro Dominika Cibulkova, a Eastbourne 2016 e nella finale dello US Open pochi mesi dopo, contro Angelique Kerber. Oggi ha interpretato al meglio la parte della più esperta delle due protagoniste, per quanto la sua avversaria venisse dallo strabiliante successo nell’ultimo torneo Slam giocatosi, ed ergendosi a livello mentale come miglior giocatrice nei momenti chiave, ovvero quando il servizio non incideva negli scambi in maniera dominante.

Un 6-4 6-4 maturato in poco più di un’ora dove la chiave dell’incontro è stata la qualità della difesa della numero 4 del seeding nelle fasi chiave tra metà del primo set e metà del secondo, che hanno contribuito al dialogo avvenuto al cambio campo sul 4-3 Osaka nel secondo set che ha rivelato le carte sullo stato d’animo della giapponese, oggi abbastanza nervosa per i suoi standard recenti, dimostrando che questo luogo per lei, nonostante il valore dell’evento, non possa essere facile per lei. Qui giocò la sua prima finale nel 2016, qui lei riceverà sempre tutto l’amore dei suoi connazionali, qui lei avrà sempre tutte le attenzioni più grandi essendo una stella dell’oggi e (come tutti sperano) del domani. In quel momento, però, tutto lo stress delle ultime due settimane è venuto fuori. Mancava quella brillantezza, mancavano i punti vinti nelle fasi importanti di una partita che mattone dopo mattone le stava sbarrando la strada al terzo titolo del 2018.

“Ricordati che è la partita è ancora tutta da giocare, e lei può avere momenti positivi e negativi come avvenuto per tutta la settimana” le diceva il coach Sascha Bajin in quel momento. “Ma io sono molto negativa” ha risposto Naomi, “mi sento molto stressata, non credo neppure di forzare il servizio ma sto sbagliando troppo”. “Perché secondo me stai forzando più del dovuto: mi piace l’atteggiamento, ma non andare solo per prendere le righe, cerca di spingere solo su palle facili, prova colpi più verso il centro” ha concluso Bajin. Da lì in avanti, però, Osaka vincerà solo un punto su 13 giocati.

Molto del match, comunque, era già stato detto. La numero 3 del seeding non aveva perso punti al servizio prima del game sul 2-2 nel primo set che ha inciso tanto perché ha spostato gli equilibri dalla parte di Karolina, molto efficace al servizio che dopo una settimana di fatiche ha trovato nella finale il momento per esaltarsi con il suo colpo principale ma anche, e soprattutto, con le fasi difensive. Anzitutto, nel quinto game Osaka ha pasticciato con un doppio fallo sul 15-15, sbagliando un rovescio con palla senza peso e infine mandando largo un altro rovescio. Proprio questo è stato forse il punto più delicato e per 3 volte almeno, nel primo parziale, quella palla che le arrivava senza peso veniva mandata a metà rete. Preso il vantaggio, la ceca è riuscita nella parte per lei più complicata nelle tre partite giocate: mantenere il livello altissimo al servizio. 81% di prime palle in campo a fine match, 79% di punti vinti con la prima e 70% con la seconda. Con questi numeri, è quasi imbattibile.

Come detto però c’è molto di più che un “semplice” bombardamento col servizio. Sul 4-3 c’è stata forse la chance più importante per Osaka per arrivare a quelle palle break neppure  intraviste per tutto l’incontro. Sul 15-30 ha trovato un’ottima risposta col rovescio e ha poi continuato a martellare da quella posizione fino a giocare un ottimo contropiede che è quasi parso vincente, ma dove Pliskova è riuscita in allungo a metterci la racchetta e a rimandare la palla di là, ribaltando nel giro di due colpi l’inerzia dello scambio e vincendo un punto pesantissimo che ha girato il game dalla sua. Poi ancora, nel primo 15 giocato sul 5-4, Naomi ha spinto in lungolinea col rovescio ma di nuovo la ceca, con una difesa di dritto in allungo, ha riaperto lo scambio vincendolo due colpi più tardi. Infine, nel primo punto del quarto game nel secondo set, un nuovo momento dove si è espressa alla grande in fase difensiva ribaltando la situazione e chiudendo il tentativo della giapponese di farsi pericolosa con 3 servizi vincenti.

Letale e cinica, ha portato a casa la quinta finale vinta consecutivamente per il titolo numero 11 della carriera. Forse non era immaginabile una prova di questo genere dopo le fatiche vissute fin dal primo incontro all’arena di Tachikawa, provincia ovest di Tokyo, quando era indietro 1-4 nel terzo set contro Daria Garvilova (secondo turno) o quando si è trovata di fronte due match point per Alison Riske nei quarti di finale, o quando ieri Donna Vekic l’aveva messa alle corde per gran parte dell’ultimo set e mezzo. Sfruttando però la grande esperienza nelle finali giocate, ha saputo cogliere un’opportunità d’oro per il morale e per prendere grande fiducia in vista del finale di stagione dove può provare a dire la sua, anche per conquistare un posto a Singapore. Per Osaka, come detto anche da Karolina in più circostanze nei due momenti a fine partita (intervista in campo e premiazione), il futuro non può che apparire luminoso. Una finale persa in un Premier, per una ragazza che in stagione ha vinto a livello Slam e Premier Mandatory, non può essere una bocciatura, anzi è molto più signficativo l’aver dato continuità ai successi e alle prestazioni dell’ultimo periodo. Tokyo non è ancora terra di conquista, ma è probabile che avrà modo di darsi altre chance e l’amarezza dipinta sul suo volto nel brevissimo discorso durante la premiazione potrà magari trasformarsi in quel sorriso sfoggiato per tutti gli ultimi 10 giorni.

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