Cosa resterà di questo Wimbledon?

Un altro Wimbledon giunge al termine e come ogni anno, lascia strascichi, interrogativi, curiosità.

L’ultima giornata nel prestigioso circolo di SW19 dell’All England Club è sempre quella più nostalgica: gli ultimi Pimm’s da consumare, le fragole che non sono più così rosse, l’erba consumata del Centre Court e l’aria, di solito molto rigida, da “rompete le righe”: di colpo tutto diventa più flessibile, opzione non considerata da queste parti, neanche per scherzo. Tutto deve seguire una regola, anche se non va bene: è così e basta, non si contesta.

Ma di questo torneo in qualche modo strano, di queste due settimane, rimarranno diverse cose.

Il caldo torrido

Mai nella storia del torneo recente, Londra aveva sperimentato queste temperature quasi tropicali: non ha praticamente mai piovuto, se non mezzo pomeriggio e qualche nuvola passeggera. Più di sei volte si è arrivati a 30 gradi, con una reazione dell’erba inequivocabile: si è decisamente rallentata, provocando un rimbalzo alto che ha favorito sia i giocatori da fondo che i grandi servitori, svantaggiando la risposta come colpo decisivo. Gli inglesi non abituati a queste temperature si sono raccomandati di bere tanta acqua e ripararsi all’ombra. Da bravi italiani, qui, abbiamo portato i cardigan nel gelo dell’aria condizionata in sala stampa.

L’esordio di Federer con Uniqlo

Il giorno dell’esordio del campione uscente che inaugura il Centrale di Wimbledon è stato anche quello della fine di un’Era: quella di Federer e Nike, che hanno visto una lunga storia d’amore spegnersi per incompatibilità di progetti e 30 milioni di dollari all’anno. Quando Roger è apparso di Uniqlo vestito, per più di mezz’ora non si è parlato di altro in campo, incuranti di Lajovic che ha fatto da spettatore.

It’s coming home

Dall’Italia probabilmente non è parso così invadente ma gli inglesi ci credevano tanto: anche a Wimbledon non si parlava di altro. Inghilterra campione del mondo: ne parlavano tutti i tabloid, le tv, lo gridavano i ragazzini un po’ brilli in bici a Wimbledon Village. Tutti, anche durante i match ai Championships, volevano vedere qualche minuto di partita; la sala stampa è stata “oscurata”, vetrate con tende chiuse per l’esterno proprio per questo motivo.

Le polemiche sul long set, coprifuoco, tetto

Verrà ricordato anche come il torneo in cui si sono ancora rinnovate le polemiche sui long set: a parlare per primo è Kevin Anderson, che malgrado la vittoria per 26-24 su John Isner, nell’intervista subito dopo il match chiede che si faccia come agli US Open e si risparmino inutili maratone, che il tennis non è uno sport di resistenza, conta vincere i punti importanti. Altra polemica ha riguardato l’uso del “coprifuoco”, un regolamento del distretto di Merton, che invoca alla “pace” del quartiere dopo le 23: anche a tetto chiuso, anche se si sta disputando una finale di Wimbledon, anche se è uno sport con interessi per miliardi di dollari. Zia Christie deve dormire e la tradizione va rispettata.
L’altra polemica l’ha sollevata Nadal, riguardo al tetto chiuso anche sulla ripresa del match di giorno col bel tempo: ma la regola dice che si continua e si finisce nelle stesse condizioni di gioco nelle quali si comincia, a meno che ENTRAMBI i giocatori non siano d’accordo nel cambiarle. E Djokovic, certo, non ne aveva l’interesse.

Il tennis è uno sport per trentenni

Non era mai capitato che nelle semifinali di uno Slam non ci fosse nessun giocatore sotto i 31 anni: Djokovic era il più giovane dei 4 e anche in questo Wimbledon nessun giovane (o appena over 25) è riuscito ad andare troppo lontano, a crearsi una reale opportunità: né la Lost Generation dei Dimitrov, Raonic, Nishikori, che comunque hanno ormai una solidità anche in tornei dello Slam, né i vari Zverev, Thiem, Kyrgios, Shapovalov, Coric.
O non sono all’altezza o non sono abituati al meglio dei cinque set.

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