Camila Giorgi, la stilista prestata… al tennis

Il vero Slam di Camila è la moda, i vestiti che indossa, i progetti che trasformeranno presto l’azienda della mamma in un brand. E questo è uno Slam che lei ritiene di avere già vinto.

Una stilista in prestito al tennis. Anzi, due. La stilista è la mamma, il Dna italiano della famiglia, fantasia e arte del taglio. Lei, Camila, lo diventerà. Intanto fa la modella, la testimonial, prende parte alle decisioni strategiche, e gioca a tennis, in ordine di importanza. «È il mestiere che ho scelto, la cosa cui tengo di più». Attenti, parla della moda, non dello sport, e nemmeno del terzo turno che ha raggiunto nel suo torneo preferito, dove tutto va di corsa e lei si sente più libera. Forse, se si giocasse sempre a Wimbledon, Camila Giorgi, penserebbe al tennis con maggiore trasporto. Ma il suo vero Slam è la moda, i vestiti che indossa, i progetti che trasformeranno presto l’azienda della mamma in un brand. E questo è uno Slam che lei ritiene di avere già vinto.

«Si chiamerà GioMila. A gennaio lanceremo la nuova linea, ed entreremo definitivamente sul mercato con i nostri capi. Mamma è bravissima, un genio. Ha mani preziose. Io mi arrangio, ma mi faccio insegnare tutto», racconta Camila, la casacchina beige di cotone traforato, leggerissima sulla gonna corta. Il tennis resta un mezzo, un guadagno, uno sfogo, e sarà uno dei core business dell’azienda. «Lo gioco, mi diverto e imparo a conoscerlo». Le piace anche vincere, ma non lo dice. Occorre chiederglielo, e lei risponde a modo, ma come sempre puntando in alto, talmente in alto che viene da pensare che stia scherzando. «Voglio vincere uno Slam, magari Wimbledon». Addirittura… «Certo, se no che senso avrebbe venire fin qui?».

Tennista per caso, Camila, dietro a una sorella più grande che giocava per divertimento. E lei a colpire e sgambettare per spirito di emulazione, ma già forte da bimbetta, un fisico nato per essere veloce e potente, un motore ultra compresso. Poi la sorella se n’è andata, troppo presto, travolta su un motorino a un angolo di una strada di Parigi, dove studiava. Camila non ne parla mai. «Fu una tragedia per tutti», ci disse una volta il padre, Sergio, «ma per Camila fu un dolore talmente violento che ci chiedemmo tutti come lo avrebbe superato». Fu il tennis ad aiutarla, ad aprirle una stanza dove potesse sfogarsi, a modo suo, incalzando, distruggendo. Una furia. Quando Panatta la vide, bambina, in un raduno per ragazzini alle prime armi, la fermò e le chiese… «Ti chiami Agassi?».

Ha battuto la Brengle, ieri. Meglio, non l’ha fatta quasi giocare. Come sia riuscita a perderci le tre volte precedenti, è quasi un mistero. «Stavolta ho potuto fare come piace a me, cioè ho fatto tutto io. Il servizio mi ha aiutata, lei non ha quasi mai trovato le risposte giuste. Il resto me lo sono guadagnato a rete», racconta soddisfatta. Il punto è questo: ma è così sempre o solo in campo? Vuole fare sempre di testa sua o qualche volta rinuncia? «Tranquilli», dice, «sono così solo in campo. Fuori, una persona completamente diversa. Ho una doppia personalità, probabilmente. Anzi, dev’essere proprio così…».

Dalla sua parte, intanto, sono cadute parecchie teste di serie. Woznaicki e Radwanska le più vicine. «Sì, capita… Siamo donne…», e lascia cadere lì la frase. Ora però il tabellone è buono. L’ha visto Camila? Gliel’ha data una sbirciatina? «Assolutamente no». Sai con chi devi giocare? «No». Sasnovich o Jabeur, le conosci? «In effetti, no». E che pensi di fare? «Vado in campo e tiro giù pallate». Evviva.

Meglio tornare alla moda. Lei ringrazia con un sorriso. C’è una tennista cui faresti indossare i vostri capi? «Oh, ci sarà senz’altro, ma al momento ci sono io. In fondo, la mamma quando disegna i nuovi modelli pensa a me, le viene naturale, dunque sono abiti nati per il mio modo di essere una donna giovane e sportiva. Punteremo molto al tempo libero, anche al tennis, ma non solo al tennis. Sarà una collezione molto bella, molto femminile. Vogliamo che le ragazze si sentano femminili anche quando fanno sport». Parla come una “press release”, ma ci sta. Camila è pronta per cominciare una nuova avventura nel tennis, quella di tennista proprietaria del marchio che indossa, non la prima (Venus Williams sono anni che reclamizza e vende i capi della sua linea EleVen) ma fra le pochissime.

E chissà, magari lo Slam potrebbe arrivare sotto le nuove insegne. Ma su questa possibilità, Camila si è già espressa… «Giorno verrà che il mio tennis si disporrà per il verso giusto per questi fatidici quindici giorni, e allora…». Pallate per tutte! In fondo, anche questo è un marchio di fabbrica. Il suo.

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