Kostyuk in esclusiva: “Da piccola evitavo il cemento a causa di caviglie debolissime”

Marta Kostyuk in un'intervista esclusiva: "Fino a 12, 13 anni ho dovuto limitare la mia attività sul cemento per le troppe distorsioni. Per fortuna poi sono cresciuta e la situazione è cambiata".

Marta Kostyuk continua nel suo cammino a Stoccarda: la tennista classe 2002 è agli ottavi di finale del WTA Premier tedesco dopo le 4 partite vinte tra tabellone principale e qualificazioni. Oggi, dopo l’intervista che state per leggere, è stata fermata sia dai rappresentanti di WTA Network per programmare qualcosa nei prossimi giorni, si è sentita dire che oggi (mercoledì per chi legge) avrà 20 minuti da spendere coi bambini per un evento, infine è arrivata Anke Huber, una dei volti principali dell’organizzazione del torneo che si è presentata e le ha fatto i complimenti sia per il gioco che per la padronanza di linguaggio e la maturità mostrata a neppure 16 anni.

Vogliamo inoltre ringraziare la stessa Kostyuk per l’intervista concessaci nonostante fosse visibilmente sfinita a causa di un test per l’antidoping, probabilmente con prelievo di sangue annesso, il tutto prima della conferenza stampa in cui ha esordito con: “Più difficile la partita o il test antidoping? La seconda. Senza neanche pensarci un secondo”. Ecco invece la nostra intervista esclusiva.

Marta, 4 partite in 4 giorni, come ti senti?
Mi sento ok, non ho avuto 3 turni di qualificazione complicati come invece successo Melbourne. Le condizioni sono poi molto diverse quindi direi bene così. Ho giocato 4 giorni di fila ma mi sento comunque abbastanza fresca fisicamente, devo cercare di adattarmi al meglio alla superficie ma finora questo processo sta andando più che bene. È abbastanza difficile, è una terra che come dicevo anche ieri è molto scivolosa, sembra davvero simile all’erba perché scivoli tantissimo. Sta migliorando tantissimo, ieri mi sentivo benissimo in campo, oggi un po’ meno… ma anche perché ho fatto quella caduta.

Sei abituata a giocare sulla terra?
Sono cresciuta giocando sui campi in terra. Tutta la mia infanzia l’ho spesa lì. Dai, quasi tutta, la maggior parte del tempo. Ricordo che avevo delle caviglie debolissime e me le giravo spesso, per questo ho cercato di limitare il più possibile le superfici veloci. Dopo, ovviamente, quando avevo 12-13 anni, non potevo più farlo. A quel punto però non avevo più difficoltà a giocare sul veloce perché fisicamente ero cresciuta. Per fortuna, anche perché come sappiamo il 70% circa del circuito è sui quei campi. Alla fine molto sta nella capacità di fare aggiustamenti nel gioco e nei movimenti.

Al prossimo turno avrai Caroline Garcia, che ha sconfitto Maria Sharapova. Avevi una preferenza?
Beh, confesso che mi sarebbe piaciuto di più giocar contro Maria perché è qualcosa di simile a un sogno, lo è per tanti ed è così anche per me. È l’idolo di tante ragazze che conosco, è una delle migliori giocatrici di sempre. Però anche con Caroline è una sfida che mi affascina: è una top-10, è una contro cui voglio confrontarmi. 

Come gestisci la tua programmazione in questo periodo, considerando i pochi tornei che puoi fare a causa della regola che ti vieta di giocare più di un certo numero di eventi?
Visto che ora ho un ranking piuttosto alto mi ero segnata per le qualificazioni sia a Stoccarda che a Istanbul. A dire la verità ero molto sorpresa di essere entrata qui, ma a quel punto ho optato per Stoccarda perché è di gran lunga il più importante. È abbastanza strano, ma in questo periodo ho solo 10, 12 tornei, ma è così ora. Ora siamo nella stagione europea e non ci sono molti altri tornei da scegliere, mentre per esempio a marzo potevo scegliere se andare a Indian Wells o in Cina e ho scelto la seconda, dove ho potuto fare una finale e una semifinale in due ITF di alto livello. Adesso invece sono qui e ho ancora due mesi prima di compiere 16 anni quando finalmente ne potrò fare un po’ di più. Comunque dai, al momento devo dire che sta andando bene.

Hai giocato anche ieri sul campo centrale, ma oggi la situazione era diversa anche solo per il gioco di luci all’ingresso, o lo schermo gigante sopra il campo. Ti dava fastidio?
Era particolare. In queste situazioni non riesco a essere seria: quando voglio entrare in campo vorrei sempre ridere perché mi sento abbastanza fortunata a essere qui. Poi quando la partita inizia non pensi veramente a tutto quello che accade o quello che c’è attorno a te, devi essere concentrata solo su quello che fai. Devo dire però che quello schermo gigante è veramente… strano. È gigante, non so perché sia così. Però alla fine non ci faccio neppure troppo caso.

Sembra quasi difficile parlare già di ragazze nate negli anni 2000 che ottengono risultati di alto livello tra le professioniste. Cosa vi spinge a essere così competitive già adesso?
Non saprei, davvero, forse siamo veramente tutte molto forti o forse è solo un momento. Ho provato a chiedere a mia mamma e lei mi ha detto che ora nessuno sa aspettarsi da me. Sono poi fortunata ad avere questo team attorno a me e mia mamma che è veramente brava come coach. È tutto questo messo assieme mi da grande fiducia.

Più guardo il tuo gioco più vedo che oltre a un dritto molto efficace e a buoni colpi da fondo campo hai spesso un ottimo posizionamento quando attacchi per prendere la rete. È qualcosa che hai inserito nel tuo gioco strada facendo?
No molte cose mi riescono naturali. Non ho costruito il mio gioco per arrivare ad averle “pronte” a un certo punto della carriera. Alla fine credo che sia veramente un fatto di seguire il mio istinto.

Lunedì in conferenza stampa raccontavi di aver giocato molto male le qualificazioni in Australia ma di non aver mai pensato di poter perderle, come fai a bilanciare mentalmente questa situazione?
Sta diventando un’abitudine partita dopo partita, prima era molto complicato. Ogni tanto devo forzarmi a non lasciarmi prendere dal nervosismo. In generale però è qualcosa che col tempo ho perfezionato tanto.

Elina Svitolina sta avendo parole importanti per te. Prima la conferenza stampa a Melbourne, poi a Indian Wells l’abbiamo intervistata e quando accennavamo a te che dovevi fare a Zhuhai ci ha fermato e ha cominciato a fare lei numerose domande su di te, poi lunedì quando ha sorriso per quasi tutta la risposta che ha dato alla domanda su di te dicendo, alla fine: “Non sono più sorpresa da lei”. Siete rimaste in contatto in questo periodo?
No, non tanto. Ci salutiamo e facciamo alcune chiacchiere, ma non c’è qualcosa di più. Lei è spesso con il suo team: non credo neppure sia qualcosa per evitare le altre giocatrici, probabilmente lei è fatta così, non è un problema.

Quest anno hai vinto numerose partite al terzo set, alcune delle quali rimontando situazioni quasi impossibili: una da 3-6 1-5, l’altra da 1-6 2-5. 7 delle 9 vittorie al terzo set le hai ottenute rimontando un parziale di ritardo. Da dove deriva questa forza?
Penso sia una qualità mentale, qualcosa che noi abbiamo dentro perché se pensi alla storia di persone che vengono da paesi come Ucraina, Russia o Bielorussia… È durissimo emergere, dobbiamo attraversare momenti durissimi per emergere, e alla fine tutto questo lo mettiamo in campo.

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