Genie Bouchard e l’effetto Kournikova

La parabola discendente della canadese ricorda quella della ex-tennista russa Anna Kournikova. Entrambe bionde, belle, con tanto potenziale ma anche troppo distratte da tutto ciò che non è tennis.

Provare a vincere il torneo di Taipei o volare in tempo al Super Bowl? Carriera o tempo libero? Eugenie Bouchard al momento è tutto tranne che una tennista professionista. Ad un anno di distanza dalla scommessa persa in occasione del Super Bowl numero 51 tante cose sono successe per l’ex numero 5 del mondo.

Questa la “scommessa”: Genie era ormai convinta della vittoria di Atlanta, nettamente in vantaggio contro i New England Patriot, John Goehrke (il nome del ragazzo) ha compiuto la mossa della vita, la fortuna poi si è messa a lavorare e lui ha ottenuto un appuntamento vero con la tennista.

I due hanno continuato a sentirsi e si sono incontrati diverse volte, anche grazie a un’abile mossa di marketing del PR della canadese che ha visto in questa situazione una chance della propria assistita di vestire i panni della bella e famosa che di colpo comincia a frequentare un “very normal people” con il conseguente giro di interesse e risalto. Qualche settimana fa sono stati invitati al SuperBowl numero 52 e i due, come testimoniano i vari post su Instagram, hanno assistito all’evento assieme e ormai potrebbero essere più che semplici amici.

Non è un mistero che Bouchard sia una reginetta dei social e mentre inonda il web con i suoi post da teenager, lentamente scompare dai campi da tennis che contano. Ci ricorda per diversi motivi un’altra tennista che prometteva bene, bionda, e che oggi ricordiamo come una meteora del tennis, famosa più che altro per la sua avvenenza: Anna Kournikova.

Bisogna chiarire però le due posizioni: l’ultima partita di Anna arrivò nel 2003 a 22 anni, anche se il ritiro definitivo fu posticipato di qualche anno, a causa di dolori alla schiena insopportabili. Le diedero 3 mesi per rimettersi in piedi, poi più i controlli continuavano più il momento si allungava, fino a superare l’anno. “Era qualcosa di insopportabile” ricorda in un’intervista a People del 2011, “non riuscivo neppure ad allacciarmi le scarpe”. Russa, quindi con molte meno opportunità dettate dal mercato e dagli sponsor rispetto ad atlete di altri paesi (come la stessa Bouchard), fu una sorta di eccezione, come poi avvenne per Maria Sharapova, perché ebbe la fortuna di finire sotto gli occhi di osservatori IMG già da piccolissima. A 8 anni il contratto con l’agenzia di manager più famosa del mondo, poi l’incontro con Nick Bollettieri. Quest ultimo, in un articolo della CNN del 2015, ha provato a raccontare la Kournikova adolescente: “Era un fenomeno. Alle 8:30 del mattino era già in campo, veniva da me e mi diceva: ‘Sono pronta, cominciamo’”.

Anna inizia prestissimo la sua avventura nel circuito, già a 14 anni viene schierata in Fed Cup dalla Russia, nel 1996 a 15 anni raggiunge gli ottavi in singolare allo US Open dove perde contro Steffi Graf. L’anno seguente raggiungeva la semifinale a Wimbledon, suo miglior risultato di sempre negli Slam, perdendo contro l’amica e futura compagna di doppio Martina Hingis. Con la svizzera Kournikova vince ben due Australian Open (1999-2002), due edizioni delle Finals di doppio (1999-2000), e inoltre conquistano la finale al Roland Garros, la semifinale a Wimbledon e i quarti allo US Open.

Oltre ai successi, però, Kournikova è stata una vera pioniera di quello che oggi potremmo identificare come tutto quello che ruota attorno al campo da gioco: fu lei il vero boom verso un’idea di tennista che potesse “vendere” uno status di sex symbol per tutti e attirare persone, curiosi, appassionati, ai tornei. I suoi ricavi annui si stimavano sui 10 milioni di dollari, qualcosa come 7 milioni in più di quello che ha guadagnato in campo durante tutta la carriera. Non c’erano le corse al rialzo dei montepremi, non c’era il giro di interessi attuale, i soldi che le televisioni pagavano. Eppure Kournikova ha avuto un impatto enorme. Sempre Bollettieri: “Alle volte mi meravigliavo pure io. In alcuni tornei noi potevamo essere sul campo più lontano ad allenarci eppure c’era sempre tantissima gente a seguirla, soprattutto se intorno c’era poco di interessante”. Non ha mai saputo sbloccare lo zero dalla casella dei titoli vinti, ma allo stesso tempo anche quando le cose cominciavano a non funzionare non pensò mai di scendere di livello e fare più tornei minori. Bollettieri ripeteva: “Ho visto crescere i giocatori e le giocatrici migliori e una caratteristica distintiva era il loro dritto, un colpo letale. Non sono riuscito a fare lo stesso con Anna. Forse questa è una delle ragioni per cui non ha mai veramente vinto un titolo in singolare. Se oggi potessi, ripartirei da lì”.

Per David Skilling, attuale manager di atleti di alto livello, quella che all’inizio è stato un semplice input si è trasformato in un mostro che l’ha lentamente divorata: “Se fosse una delle mie assistite oggi, le direi di limitare tutta quell’attività che col tempo le ha tolto sempre più l’attenzione dal tennis. È avvenuto tutto con molta velocità, senza che ci fossero le basi per sostenerlo. Essere un atleta, come una tennista, vuol dire che si ha una finestra molto piccola dove poter costruire qualcosa di importante ed è impossibile che tutte queste attenzioni non influiscano poi nel rendimento di una persona”.

Bouchard ha vissuto un percorso simile. Subito vincente da giovane (ricordiamo la vittoria a Wimbledon Juniores nel 2012 all’età di 18 anni), nel 2013 passa nel circuito maggiore e dopo un breve periodo di adattamento nei primi 7 mesi del 2014 incanta tutti per il suo tennis. Semifinale a Melbourne, semifinale a Parigi e prima finale Slam, persa, a Wimbledon, tutto ad appena 20 anni. Dopo di ciò, una parabola discendente che l’ha vista uscire dalle prime 100 poco prima dell’inizio dell’Australian Open di quest anno. Prima il match a Montreal, il primo dopo l’exploit londinese, dove sul 5-0 per Shelby Rogers nel primo set (poi perse 6-0 2-6 6-0) chiamò il coach per dirgli, quasi spaventata: “Voglio andarmene da qui”. Poi la off season tribolata dopo le WTA Finals dove è arrivata la separazione dal coach storico, Nick Saviano. Secondo il comunicato stampa, tutto sarebbe avvenuto per un’intenzione da parte di lui di voler continuare a concentrarsi sulla propria accademia. Quello che trapela però parla di un momento di tensione importante avvenuto tra i due, dopo che la canadese non avrebbe rispettato alcune volontà del suo coach. Da lì è cominciata una lunga fase delicata: un team non più stabile, il rapporto mai solidificatosi con Sam Sumyk, nuovi coach che ruotavano senza sosta, alcuni problemi fisici (un problema agli addominali tra 2015 e 2016, di quelli che non possono essere curati se non col riposo assoluto) e un allontanamento continuo da quello che era il suo focus.

Se i risultati in campo non arrivavano, fuori la sua immagine di atleta-copertina rimaneva salda e diversi tornei International negli ultimi anni si sono svenati per proporle contratti di partecipazione. Solo nel 2017: Acapulco, Monterrey, Istanbul, Norimberga. A Monterrey è stata accolta con mazzi di fiori in aeroporto e numerosi giornalisti, ad Acapulco fu scelta per palleggiare sulla spiaggia con Juan Martin del Potro prima di perdere, rovinosamente, da Ajla Tomljanovic che rientrava nel circuito dopo 13 mesi di stop. Per questi tornei avere un volto come Bouchard è fondamentale per cercare di non chiudere ogni anno in rosso ed evitare di chiedere allo sponsor di saldare il bilancio. Per quanto la caduta della canadese (nel ranking) abbia assunto contorni netti, il brand e la macchina da soldi è ancora in funzione e la sua presenza fa notizia, scatena interesse e sponsor, genera pubblicità. La stessa cosa che è successa la settimana scorsa a Taipei, dove è riuscita ad arrivare ai quarti prima di cedere con troppa facilità a Yafan Wang, scatenando le voci che collegavano quei 4 game raccolti alla volontà di non mancare l’appuntamento col Super Bowl.

Kournikova era una bellezza per certi versi pura, perché non ha avuto la possibilità di farsi pubblicità “social” eppure si è imposta come simbolo di bellezza in ogni angolo del mondo. Nominata spesso come atleta femminile più attraente, ad ogni Kids Day nei tornei importanti non poteva non essere invitata e ha posato diverse volte per varie pubblicità. Per Bouchard il discorso è diverso, forse anche più intricato. Di bellezze in giro per il circuito ormai ce ne sono tante, lei però ha saputo imporsi come bella e vincente – a oggi per un’annata, il 2014 – e il traffico social che si è creato attorno a lei le ha permesso di raggiungere fan magari non troppo interessati al tennis e di chiudere vantaggiosi contratti che le hanno permesso di non stare troppo a pensare al campo.

Sono due parabole, una in teoria ancora in corso, di due tenniste differenti, ma sono differenti anche i modi e i tempi. Kournikova è comunque riuscita a ottenere qualcosa di importante in doppio e ha continuato a giocare fino a smettere a causa di infortuni visto il suo gracile fisico. Bouchard potenzialmente è forse più forte, se consideriamo i suoi migliori risultati Slam in singolare, ma al tempo stesso sembra che le distrazioni di questo decennio siano molto più incombenti di quelle dello scorso. A proposito, nel mese di febbraio la canadese si farà vedere poco in campo: prima sarà a presentare le proprie foto per Sport Illustrated, poi tra qualche settimana ci sarà un processo civile sulla vicenda della scivolata nel bagno di Flushing Meadows per lo US Open edizione 2015. Se avrà tempo, ci sarà il WTA 125k di Indian Wells per un tentativo quasi impossibile di prendere una wild-card per il tabellone principale.

Abbiamo associato alla canadese l’effetto Kournikova, per indicare una bella tennista – potenzialmente anche forte – che trascura il tennis per tutt’altro. Continuasse così la carriera di Genie, diventerà lei il riferimento per le tenniste che non si compiranno mai, sprecando il loro talento, investendo su tutt’altro.

Simone Milioti e Diego Barbiani

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