Chiesa, un successo che nasce da lontano

Trentina ma ormai trapiantata alla corte dei fratelli Piccari ad Anzio, con un ranking WTA cresciuto di 300 posizioni in 6 mesi e adesso il primo grande momento di gioia della carriera.

La cosa più singolare di tutta la giornata di ieri, delle mille emozioni provate guardando la partita tra Deborah Chiesa e Lara Arruabarrena, era che alla fine, per una volta, eravamo noi a portare una novità. Un nome nuovo, protagonista di una partita che molti hanno definito “enorme”. Un nome tutto sommato giovane, classe 1996, che appena appena ha messo la testa nella top-200 e da qui, da adesso, invevitabilmente non potrà che crescere.

Era dal 2008 che la nazionale azzurra non aveva una giocatrice di neppure 22 anni in grado di vincere un match in Fed Cup in singolare (ed è pur vero che non abbiamo dato molto spazio alle giovani, se non negli ultimi tempi). Allora fu Sara Errani, a Olbia, contro l’Ucraina nel match che valse il 3-1 decisivo. Un po’ come ieri, a Chieti, anche se per quanto la romagnola possa far valere una partita magistralmente gestita contro Kateryna Bondarenko (6-3 6-2) quella di Chiesa ha forse un peso specifico maggiore. La situazione, questo fine settimana, non era affatto così semplice: se da Errani potevamo attenderci un livello di gioco abbastanza alto, il resto era tutto avvolto da un mega punto interrogativo. Servivano 3 punti, potevamo averne in mano 2 e quello di Sara contro Carla Suarez Navarro non era neppure così scontato.

Prima Errani, poi Chiesa. L’Italia è salva, l’Italia potrebbe anche ritrovarsi parte del World Group unico a 16 squadre che l’ITF potrebbe rendere ufficiale a partire dal 2019. Intanto, però, la gioia di sapere che stavolta siamo noi a proporre una storia di valore. Il tutto appena 12 mesi dopo aver conosciuto una sconfitta pesante a Forlì per mano della Slovacchia e di una giovane tennista che prometteva bene, ma che di lì a pochi mesi si sarebbe trovata in gravi problemi. Rebecca Sramkova, qualcuno l’ha già dimenticata? Lei, da sola, ha trascinato una nazionale con mille defezioni alla vittoria contro un’Italia che oltre a Errani contava anche Schiavone. Srmakova, neppure un paio di mesi dopo quel weekend, cominciò ad accusare diversi problemi fisici uno dopo l’altro e dopo diversi consulti medici arrivò la decisione, a luglio, di fermarsi completamente fino a febbraio. Dovrebbe rientrare in campo a breve, nel frattempo in molti qui l’avevano già bollata come una ragazza che aveva beccato il weekend della vita. Il che è completamente fuori strada, perché appena un mese prima aveva lasciato 3 game a set a Jasmine Paolini nelle qualificazioni a Melbourne giocando alla stessa maniera con cui ha freddato le altre due azzurre a Forlì.

L’inciso sulla slovacca è voluto: va benissimo esaltare e complimentarsi con Deborah, ma cerchiamo di essere equilibrati. Anche perché quanto fatto dalla trentina, come avvenuto per Sramkova, non è affatto casuale. C’erano dei segnali, e si potevano identificare nelle 21 vittorie sulle ultime 28 partite disputate. La crescita di rendimento è stata costante, al di là dei due tornei ITF da 25.000 dollari vinti tra Santa Margherita di Pula e Zawada, non esattamente biglietti da visita che brillano di luce propria. A inizio giugno 2017 era 478 del mondo, oggi la classifica la vede 300 posti più avanti, con un’esperienza al primo Slam in carriera tra i professionisti. Lei, in un’intervista al collega Michele Galoppini, ha confidato che gran parte del merito di questo suo salto in avanti è da ritrovare nel lavoro svolto dal nuovo team: è alla corte dei fratelli Piccari, con Karin Knapp che si presta più che volentieri per darle una mano. Cambio di coach, cambio di materiali, una nuova programmazione. Ci volevano un po’ di mesi prima di prendere il via, ma da giugno in poi sono stati soprattutto sorrisi.

In Australia noi c’eravamo e abbiamo seguito molto attentamente la partita contro Antonia Lottner. Un po’ immaginavamo, visto il ranking, che potesse rientrare nelle idee di Tathiana Garbin per la sfida di Fed Cup, un po’ perché la tedesca è una giovane di talento che ancora non ha trovato la vera via. Adesso che ha preso parte anche lei a un weekend trionfale in Fed Cup, all’esordio con la maglia della Germania, battendo a Minsk la forte e pericolosa Bielorussia, si potrebbe creare un parallelo niente male. In ogni caso, quel giorno Deborah ha lasciato diverse buone impressioni: Garbin e il suo team parlavano fitto fitto di come non solo stesse tenendo bene il campo, ma a tratti dominasse il gioco contro un’avversaria che da più tempo si confrontava contro giocatrici in top-100, top-200.

Vinto il primo set 6-2, Chiesa ha trovato un nuovo break sul 4-4. Al servizio per il match ha prima dovuto salvare diverse chance di 5-5, poi ha cominciato ad avere le sue occasioni. Per quanto i primi due match point non le fossero girati a suo favore, dall’angolo continuavano convinti gli incoraggiamenti. In occasione del terzo, dopo il servizio è corsa a colpire una palla a metà campo. L’approccio di dritto sembrava quasi definitivo. Lottner invece ha fatto una magia col passante di rovescio in corsa. Garbin in quel momento non poteva crederci, Alessandro Piccari era pietrificato. La partita è continuata: è arrivato il contro break e Lottner ha vinto il secondo set al tie-break, ma nel terzo Chiesa non è calata di testa, al di là del 6-3 è rimasta in partita fino alla fine e la stessa Garbin, quando il giorno dopo ci siamo trovati a scambiare due parole sulle prestazioni delle azzurre nelle qualificazioni, ci aveva confermato tutte le intuizioni, aggiungendo: “Deborah è una ragazza molto intelligente, sono sicura che prenderà questa sconfitta come un’occasione per crescere”.

Chi l’ha vista giocare più volte dal vivo pensa possa essere un prospetto da top-30. Per non esporci più di tanto, diciamo che in questo momento già averne uno in grado di entrare  stabilmente in top-50 sarebbe oro colato. Lo scorso maggio ha esordito nel circuito maggiore con una wild-card vinta alle prequalificazioni del Foro Italico. La sua partita, contro Lesia Tsurenko, fu particolare: avanti 5-1, si bloccò e l’ucraina salvò la pelle, vincendo 7-5 6-1. Quel giorno Chiesa ammise molto serenamente da dove era nato il problema: “Non ti rendi effettivamente conto di quello che sta succedendo finché, nel mio caso, non sei avanti 5-1. Gli spalti, inizialmente vuoti, si sono di colpo riempiti fino all’ultimo e io non sono più riuscita a ripetere quello che stavo facendo. Ero nervosissima e più vedevo l’avversaria risalire più io andavo in difficoltà”. Ieri, invece, è capitato il contrario: dopo aver perso 9 degli ultimi 10 game, dall’1-4 nel set decisivo ha trovato la forza di reagire ed essere lei a rimontare, il tutto di fronte a delle tribune che contenevano un pubblico decisamente superiore di quelle del campo 2 del Foro Italico.

Trentina, grande appassionata di sport invernali. Da piccola sciava spesso con la famiglia, ora ha dovuto limitare molto quell’attività causa impegni sempre più importanti con il tennis e una vita che ormai si è spostata ad Anzio. A fine partita, l’immaginabile commozione: “Non me lo sarei mai aspettato. Già solo la fiducia di Tathiana nello schierarmi è stata incredibile: sapevo che sarebbe stata una partita durissima e ho dato tutto quello che avevo. Il pubblico mi ha dato grande carica, vincere un match così è un sogno“. Nessun sogno, ce l’hai fatta davvero.

Dalla stessa categoria