Australian Open: Kerber si salva, Halep convince. Bene Pliskova, Keys brilla

La tedesca se la vede bruttissima contro la giocatrice di Taipei, ma è ai quarti: adesso la statunitense, autrice di un'altra gran partita contro la francese.

[1] S. Halep vs N. Osaka 6-3 6-2

Due cose saltano subito all’occhio vedendo la partita: Simona Halep ha offerto la migliore prestazione del suo torneo, Naomi Osaka deve ancora trovare una via per battere una giocatrice che ribatte colpo su colpo, che copre molto bene il campo e che regala pochissimo. Ci sarebbe anche una terza annotazione: i tifosi rumeni. Ragazzi, siete meravigliosi. L’affetto che provate per la vostra numero 1 colpisce in ogni stadio di ogni torneo in cui è presente, che sia vicino o lontano da casa. Soprattutto, finché risulta un tifo positivo e senza fastidi alla rivale non può che essere ben accetto.

La rumena torna ai quarti di finale dell’Australian Open, eguagliando i suoi migliori risultati qui a Melbourne ottenuti tra 2014 e 2015, e lo fa cancellando per un giorno i tanti dubbi e pensieri negativi sorti dopo quel terribile volo nel match di primo turno contro Destanee Aiava, quando si era temuto per la sua caviglia. Nonostante il 6-2 6-2 rifilato a Eugenie Bouchard, il 6-3 6-3 di oggi colpisce maggiormente perché ha cancellato le difficoltà al servizio avute in quel match e ha innalzato (e di tanto) il livello della risposta, togliendo fin da subito una delle armi dell’avversaria. Al primo turno aveva messo a segno 11 ace, e la metà dei suoi servizi avevano portato punto diretto; al secondo 8 ace e 40% di punti diretti col servizio; al terzo 12 ace e il 37% dei punti vinti direttamente con quel colpo. Oggi solo 5 ace e una percentuale che non arrivava al 20%. Questo è il dato che esprime uno degli scalini che la giapponese dovrà per forza affrontare da adesso in avanti per fare il salto di qualità: la sua coetanea Jelena Ostapenko, per vincere Parigi, superò proprio Halep e, in precedenza, Caroline Wozniacki con cui è avanti 4-0 nei confronti diretti.

Avrebbe bisogno di meno alti e bassi, ma soprattutto di muovere più l’avversaria: meno Halep si muoveva, più quella fitta rete di scambi diventa per la giapponese ingestibile. Pur spingendo, pur cercando di costruire gioco, dall’altra parte c’era la sua kriptonite che la lavorava lentamente, con contropiedi fastidiosissimi e cambiamenti d’inerzia repentini. A tratti è sembrata una partita già segnata: Halep si muoveva bene, probabilmente dopo aver trattato altrettanto bene la caviglia infortunata, e colpendo ogni punto debole dell’avversaria. Tutto il meglio della numero 1 del mondo arrivava quando giocava di rovescio, o quando faceva “sfogare” la potenza rivale gestendo tranquillamente ogni situazione. Per batterla, oggi, ci voleva un’Osaka di altissimo livello, cosa verificatasi solo fino al 3-3.

Da lì la rumena ha allargato (e di tanto) la forbice tra le due, prendendo vantaggio e diventando sempre più solida al servizio. La partita per Osaka si era maledettamente complicata e non ci sarebbe più stata alcuna chance: pur giocando alla pari ad inizio del secondo set, Halep ne è uscita ancor più forte. Adesso Karolina Pliskova o Barbora Strycova, per andare a caccia della prima semifinale down under.

[21] A. Kerber b. S. W. Hsieh 4-6 7-5 6-1

“Ha giocato in maniera fantastica: correvo ovunque, cercavo qualsiasi cosa per darle fastidio ma lei aveva sempre una risposta pronta. È stata fantastica, ho fatto una fatica terribile. Ho cercato di concentrarmi punto dopo punto e non pensare in che situazione di punteggio ero. Grazie mille a tutti i fan, sento tantissimo il vostro sostegno, ho vinto anche grazie a voi”.

Angelique Kerber è salva, nonostante per quasi due set abbia avuto un piede fuori dagli Australian Open. Il risultato maturato sulla Rod Laver Arena, contro Su Wei Hsieh, alla fine sembra potersi spiegare come un incontro di boxe: la tedesca ha vinto per ko tecnico, sfruttando il calo di energie netto dell’avversaria nel set decisivo. Eppure la giocatrice di Taipei per due set ha ripetuto quel tennis fenomenale e da prestigiatrice come due sere fa contro Agnieszka Radwanska, con un tennis bimane estremamente bello (da vedere) e fastidioso (per le sue avversarie). Può essere anche un problema di abitudine, visto che giocatrici di alto livello non sono abituate ad affrontare giocatrici che hanno una tale capacità di inventare soluzioni diverse che alla prima difficoltà non hanno più una vera risposta.

Oggi è stato così per l’ex numero 1 del mondo, che aveva cominciato la partita sui suoi piani preferiti ma al primo game senza tante prime palle di servizio si è fatta riagganciare (3-3) e da lì ha finito per innervosirsi particolarmente. Sul 4-4 sono state gravi due risposte lunghe, su un servizio per nulla veloce ma tutto sommato piuttosto preciso, sul 30-30 e sul 40-40. Da lì, Hsieh, ha cominciato un vero show. La tedesca era senza più il controllo del gioco, peccava nel non essere la prima a cambiare direzione dei propri colpi offrendo sempre palle molto gestibili alla giocatrice di Taipei, ma è anche vero che era sempre chiamata a rincorrere e il picco di livello della sua avversaria era a tratti imbarazzante. Per nulla appariscente, movimenti abbastanza ridotti, ma una sensibilità e una capacità di leggere il gioco veramente elevata.

Hsieh, dal 3-2 Kerber, avrà giocato una decina di game senza un errore, o almeno senza uno degno di nota. Angelique stava diventando matta, probabilmente trovandosi senza più un’idea concreta di cosa fare per cambiare le carte in tavola e uscire da quella trappola in cui era entrata. C’è stata la sensazione che, nel momento di massima difficoltà, a livello mentale cercasse i retaggi della vecchia Kerber, o della Kerber dello scorso anno: con poche idee su come essere lei a girare il match, ha provato a scambiare il più a lungo possibile sulle varie diagonali e vedere se Su Wei concedesse qualcosa. Zero. Era una macchina, nonostante quel fisico così esile e quel servizio senza un vero punto di forza, che per la seconda diventa per lo più un appoggio al di là della rete. Eppure quando lo scambio partiva sapeva sempre cosa fare, con un polso quasi snodabile e capace di piazzare la palla negli angoli più stretti e inusuali del campo.

“Correvo ovunque, correvo a destra e a sinistra, dentro e fuori dal campo. Correvo nei posti più particolari, cercavo di ributtare di là quante più palle possibili. È stato un match durissimo”. Kerber, sul 3-3, aveva un primo scatto d’orgoglio e, alla seconda occasione in cui si trovava 15-40, trovava il modo di condurre l’avversaria a un errore. Non era ancora fatta, perché due minuti dopo tornavano tutti i problemi, tornavano i giochi di magia di Su Wei, tornava la parità. Il break decisivo è arrivato nel momento forse meno atteso, sul 5-5: Hsieh era 40-15, ma dopo 3 punti persi si è trovata a fronteggiare una palla break. Kerber, dopo qualche palleggio in diagonale col dritto, ha avuto il coraggio di cambiare lato per prima e, in controbalzo, ha giocato in lungolinea trovando il vincente.

La vittoria del secondo set era un gancio, tornando alla metafora sulla boxe, che ha pesato tantissimo. Nel terzo la sua freschezza fisica, e la liberazione di tante paure, hanno recitato un ruolo molto importante dando la possibilità alla tedesca (nonostante un iniziale controbreak di Hsieh condito da errori grossolani) di allungare sul 5-1. Pochi minuti dopo, la fine, mai tanto desiderata come stavolta. Angelique Kerber torna ai quarti di uno Slam, cosa che non capitava dallo US Open 2016. Adesso l’interessantissima sfida contro Madison Keys.

[17] M. Keys vs [8] C. Garcia 6-3 6-2

“Sono molto felice di essere ai quarti di finale. Lo scorso anno è stata molto difficile saltare il torneo, ma ora sono qui senza pressione. Lo scorso anno ho provato a guardare qualcosa, ma mi rendeva molto triste sapere di non poter giocare, per fortuna quest anno riesco a essere qui e a dare il massimo”.

Attenzione a Madison Keys: se n’è parlato molto poco fino ad ora, visti anche i risultati netti in partite che la statunitense doveva necessariamente vincere senza grandi difficoltà, ma la prestazione odierna contro Caroline Garcia fa sollevare più di un sopracciglio. Perfetta (o quasi, ma parliamo di sbavature minime e ininfluenti), aggressiva, sicura, a tratti straripante. Tutto il meglio del suo repertorio per lasciare appena 5 game alla numero 8 del seeding, che a conti fatti almeno per un set non ha neppure giocato una brutta partita, ma sulla distanza ha prevalso la grande giornata della sua avversaria.

6-1 7-5, 6-0 6-1, 6-3 6-4, 6-3 6-2: questi i punteggi dei parziali disputati da Madison in questo Australian Open, con l’unico (impercettibile) neo di un 7-5 maturato però in un set dove era indietro 1-4 e ha infilato un parziale di 6-1 finale. Numeri brutali a parte, colpisce la sicurezza apparentemente ritrovata di una ragazza che lo scorso anno ha vissuto sulle montagne russe tra due interventi al polso, la ripresa, la finale allo US Open e i nuovi fastidi nel finale di stagione. Già a Brisbane avevamo ammirato una tennista fisicamente (e finalmente) a posto, in una partita molto ben giocata ma persa contro Johanna Konta. Ben Rothenberg, del New York Times, ci raccontava che per la prima volta probabilmente Madison non aveva affatto il volto di chi rimuginava sull’occasione persa (essendo oltretutto stata un set avanti): “In conferenza stampa era molto sorridente, pensava a quanto il tennis le fosse mancato, a quanto questo livello di gioco e di consapevolezza dei propri mezzi le fosse mancato”. La mentalità giusta per concentrarsi e dare il massimo nel torneo che davvero conta della trasferta australe.

La semifinalista del 2015 è a un solo turno dal ripetere quel risultato, ma dovrà veramente superarsi perché Angelique Kerber è quella tipologia di giocatrice che lei ha sempre sofferto tanto in carriera. Se combiniamo i precedenti tra lei e Kerber, Agnieszka Radwanska, Simona Halep e Caroline Wozniacki (le perfette “ribattenti”, o “counterpuncher”) viene fuori un impietoso 3 vinte su 21 giocate. Quella sarà un’importante prova del 9 per vedere che livello di maturità ha raggiunto la giocatrice che quest anno compirà 23 anni. Ancora con tutta la carriera davanti per poter fare bene, magari già da questo Slam.

[6] Ka. Pliskova b. [20] B. Strycova 6-7(4) 6-3 6-3

C’è anche Karolina Pliskova nel lotto di giocatrici approdate ai quarti di finale. Bissando il risultato del 2017, la ceca si è aggiudicata anche il secondo derby dopo quello contro Lucie Safarova battendo Barbora Strycova in un nuovo match che è terminato ben oltre la mezzanotte. Non siamo arrivati all’una e cinquanta minuti di Daria Gavrilova-Elise Mertens, ma si accomoda saldamente in seconda piazza.

Partita che veniva presentata sotto tanti aspetti, tra cui quello venuto fuori lo scorso ottobre: il “tradimento” di Thomas Krupa che dall’angolo della veterana di Plzen sarebbe passato a quello della ex numero 1 mentre era ancora sotto contratto. Un paio di giorni fa Strycova diceva che durante la off season lei e Pliskova si erano parlate, che la situazione doveva in qualche modo distendersi e le tensioni sfumare. Non erano ancora tornate al punto in cui potevano considerarsi amiche, ma c’erano le basi per mettersi tutto alle spalle. Da quello che si è visto in campo è sembrato che qualche ruggine ancora ci fosse: Strycova molto più energetica in alcuni frangenti, esultando in maniera anche veemente su qualche errore dell’avversaria, e soprattutto nel secondo set ha colpito con una certa forza una palla dopo un net, poi nel terzo, subito dopo un dritto vincente, ha rivolto un’occhiata abbastanza particolare al di là della rete.

Al di là di questi picchi, la partita ha continuato lungo una discreta intensità per tutte le sue due ore e mezza. Il primo set, da solo, è durato un’ora e un quarto. L’equilibrio era massimo: tantissima lotta nei primi game poi chi era al servizio aveva spesso via facile. Nel tie-break Pliskova ha sbagliato diverse scelte nella fase centrale, compreso un doppio fallo e un attacco pentito, più un nastro beffardo che ha finito per favorire oltre modo l’avversaria.

Dall’inizio del secondo set, fino al quinto game, si è avuta la prima vera impennata di rendimento per Pliskova, ma a conferma dei suoi alti e bassi tra qualità di gioco e intensità, la numero 6 del seeding viveva subito dopo un nuovo momento ricco di errori, passando dal 4-1 e servizio fino a concedere la chance di contro break per il 4-4. Si è salvata, ha tenuto la battuta e ha strappato una terza volta il servizio alla rivale, rimandando tutto al terzo set. Qui l’iniziale break in favore di Strycova era solo una piccola illusione, perché avrebbero fatto seguito 4 game per Pliskova. Il tennis stava salendo di rendimento, alcuni scambi erano molto ben costruiti, Barbora non rinunciava mai a buttarsi in avanti (o a tuffarsi per terra in allunghi disperati) per chiudere i punti a suo favore. Tanta generosità che però non è servita a impostare una rimonta: sul 5-2 Pliskova ha operato un nuovo break, il sesto in suo favore nell’intero incontro, e sarà lei a sfidare Simona Halep per un posto in semifinale.

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