Attacchi e volèe. “Unstoppable”: un’altra biografia di cui non si sentiva (ancora) il bisogno

È uscita la biografia di Maria Sharapova "Unstoppable: my life so far". Ma la russa ha solo 30 anni e può ancora giocare diversi anni ad alti livelli. Che senso farla uscire a carriera non ancora conclusa?

Il 10 settembre è uscita “Unstoppable: my life so far”, la biografia di Maria Sharapova. È dunque una settimana che la russa è costantemente in tv a promuovere il libro, rimbalzando da un programma all’altro della televisione statunitense. Maria, facendo sfoggio di nuovi look e outfit eleganti che ne esaltano l’innegabile avvenenza, va così raccontando compita da giorni stralci della sua biografia, tra un photoshoot ed un’intervista. La parte dell’ospite le calza a pennello, abituata com’è ai riflettori sin da giovanissima: si fa seria quando tocca l’argomento doping, sorridente mentre scherza con gli interlocutori, ironica se la conversazione si sposta su qualche particolare che riguarda le colleghe (una nello specifico, la sua “nemica” numero 1 Serena Williams).

C’è anche spazio per la posta del cuore, occasione per Maria di aprirsi e raccontare delle due storie più importanti della sua vita: con il cestista Sasha Vujacic e con il collega Grigor Dimitrov. Su quest’ultimo (che dimostra di non aver forse ancora dimenticato) rivela: “Quando ci siamo visti per parlare della foto da mettere, abbiamo subito deciso per quella del nostro primo appuntamento. L’ho visto crescere e diventare uomo, l’ho visto impadronirsi della sua vita, l’ho visto passare dall’adolescenza all’età adulta. Mi piaceva tantissimo guardarlo giocare. Ero affascinata. Potevo passare il giorno di Natale seduta su una sedia di plastica a fissare lui che si allenava tutto il tempo e non mi sarebbe affatto dispiaciuto”.

Tutto bello, tutto perfetto. Ma c’è un “ma” (citando l’Ubaldo Pantani che imita Massimo Giletti). La Sharapova ha compiuto da poco 30 anni e, lo abbiamo visto recentemente in altre occasioni, uno sportivo a quell’età può ancora togliersi qualche soddisfazione. Quindi ci chiediamo: perché non aspettare a togliersi, invece, i famigerati sassolini dalle scarpe?Che senso ha scrivere una biografia quando la propria carriera non è ancora conclusa? E non parliamo di soldi e guadagni quando ci riferiamo a personaggi mediatici del calibro della Sharapova, please.
Oltretutto, in questi casi si finisce inevitabilmente a parlare delle colleghe svelando alcuni retroscena possibilmente scomodi (altrimenti è ancor più inutile scrivere una biografia), e a fine carriera ci si potrebbe permettere di sparare a zero senza peli sulla lingua, senza il rischio di ritrovarle ancora di fronte in campo e negli spogliatoi. (come ha fatto Andre Agassi).

A proposito di spogliatoi, prendiamo come esempio Serena Williams e la parte che la riguarda.

Forse con la gravidanza pensava di essersela levata di torno. Invece no, perché la Williams ha assicurato di voler tornare, forse già agli Australian Open, e a Wimbledon l’aspettano a braccia aperte.
Ve lo immaginate ora, un pre-partita tra Sharapova e Williams? Se davvero Masha si è sempre sentita impotente di fronte a Serena, figuriamoci adesso, dopo quello che la russa ha spiattellato ai quattro venti. Immaginiamo che la neo mamma, almeno di sfuggita, le abbia lette. Ecco, se prima l’americana la voleva distruggere ogni volta che la vedeva dall’altra parte della rete, ora ci sarà da mettere l’elmetto.

La siberiana non è certo l’unica ad aver scelto di raccontare la propria vita anzitempo, altri lo hanno fatto, a partire dalla stessa Serena Williams e passando per Rafa Nadal. Entrambi, dopo la pubblicazione, hanno poi attraversato altre vicissitudini e sono tornati a vincere. Dobbiamo aspettarci anche le loro biografie 2.0? Forse era meglio attendere che il tennis giocato fosse ormai un capitolo chiuso, in modo da poter scrivere una storia con un finale.

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